Il Bianco & il rosso - anno II - n. 23 - dicembre 1991

realizzare queste riforme, quindi anche di una trattativa con la Dc, è sempre più sul tappeto: ma si tratta di un problema dell'insieme della sinistra riformista. Può essere questo l'unico significato positivo del tanto ambiguo «governissimo» di cui si parla qua e là? E solo l'adozione di un sistema maggioritario come primo punto del programma di tale compagine governativa darebbe a tale formula un significato riformistico e non trasformistico. E perché questa intesa a sinistra non dovrebbe iniziare proprio dai referendum elettorali? Mi sembra che debba ormai essere riconosciuto che il sistema politico italiano ha comunque bisogno di una scossa esterna, cioè che quell'indirizzo politico che i partiti non riescono a darsi venga loro impresso direttamente dai cittadini, almeno per ciò che concerne l'avvio del processo riformatore. Se così è abbiamo già uno strumento: i referendum per le leggi elettorali! Chi vuole sbloccare il processo riformatore da lì deve necessariamente partire. Le forze di sinistra dovrebbero impegnarsi seriamente, se davvero vogliono essere portatrici delle istanze di cambiamento del Paese, altrimenti l'astensionismo e la frammentazione colpiranno sempre di più la sinistra stessa, saranno - - ic)JL BIANCO lXltR~ l•ii#iilil le spinte di cambiamento a disperdersi in mille rivoli, in una scissione schizofrenica tra fughe velleitarie da una parte e omologazione di sottogoverno dall'altra. Per questo mi aspetto che il Psi (o almeno le persone più sensibili in materia, come ha già fatto Mario Raffaelli) non ripeta l'errore del 9 giugno schierandosi dalla parte sbagliata. Viene obiettato che con un sistema maggioritario la Dc conseguirebbe la maggioranza assoluta. Le proiezioni dicono che la Dc conquisterebbe la maggioranza solo se le sinistre si presentassero divise; e che unite le sinistre conquisterebbero esse la maggioranza assoluta (con i voti 1987 il sistema risultante dal quesito Galeotti avrebbe assegnato alla sinistra 164 seggi su 315 e quello Chimenti addirittura 177). Si obietta ancora che la sinistra, divisa com'è, perderebbe di sicuro. Se è così il problema non è il sistema maggioritario (che il Paese dimostra ad ogni pié sospinto di volere) ma la sinistra. Ed una sinistra che antepone la propria sopravvivenza così com'è ad un mutamento voluto dal Paese dimostra di aver perso i propri stimoli ideali che ne giustificano l'esistenza nonché i canali di comunicazione col Paese: altri sanno meglio di noi «tirare a campare». Su quel terreno vincenti non saremo mai. 4(, Capisco la facile obiezione: ma potrebbe il Psi cambiare linea dopo essersi speso così duramente contro il precedente referendum elettorale? Ma in questi anni il Psi non ci ha forse abituato (nel bene e nel male) a rapidi cambiamenti di linea, sulla base delle sensazioni mutevoli che emergevano nel Paese reale. E non ha forse Mitterrand cambiato pareresulle istituzioni della Quinta Repubblica che pure aveva definito «regime del colpo di Stato permanente»? Una politica laica e non ideologica sa ammettere i propri errori come tali e sa osare delle discontinuità. E perché, in questa direzione, proprio la vostra rivista «11 Bianco e il Rosso» non dovrebbe giocare d'anticipo? Non siete forse voi testimoni dall'interno della grande mobilitazione del mondo cattolico sui referendum elettorali che non coincide affatto con un rigido allineamento sulla Dc? La fine dell'unità elettorale dei cattolici che voi intendete perseguire con tenacia, non passa forse attraverso i processi reali in cui il disagio diventa proposta? Non passa forse attraverso una rapida fuoriuscita dalla proporzionale, che fotografava passivamente tutte le vecchie appartenenze, compresa quella religiosa, favorendo la loro stanca sopravvivenza?

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