Il Bianco & il rosso - anno II - n. 23 - dicembre 1991

verso da quello abrogativo può mettere, insieme, in mora i partiti e produrre autentiche riforme. La sinistra in questo senso dovrebbe assumere una chiara iniziativa, e non limitarsi ad agevolare soltanto azioni di sfiancamento del sistema che raccolgono tutte le proteste - certo talvolta giustificate - antipartitocratiche, senza però tradurle in riforme. Referendum che vogliono solo esser occasione di predicazioni palingenetiche alle quali non segue nessuna riforma o seguono riforme peggiori dei mali che si vogliono combattere, o che vogliono produrre rotture nel sistema che non sono facilmente rimediabili, non dovrebbero interessare partiti che esprimono una forte cultura riformista. Una cultura che può essere compatibile con campagne, azioni antipartitocratiche, ma che non dovrebbe tollerare predicazioni e iniziative antipartitiche ancorché volte a sollecitare una decisione popolare. II referendum abrogativo, in materia istituzionale, proprio perché rivolto a ristrutturare in modo selvaggio il sistema e basta, si conferma quindi strumento solo demagogico di mobilitazione dell'opinione pubblica, che però restringe e non allarga gli spazi di libertà che dovrebbero essere riconosciuti agli eletto- ,P.lL BIAI\CO l.XILROSSO iit•@iiitl ri. Esso esalta appunto il momento demagogico, ma non dà al corpo elettorale la possibilità di avviare direttamente dal basso il processo riformatore. Solo un referendum di tipo propositivo può dare al corpo elettorale questa possibilità di esprimere una indicazione globale, chiara, di decidere direttamente l'intero tragitto del processo riformatore, impegnando poi il Parlamento a muoversi nel rispetto di quelle indicazioni, nonché limitando il monopolio dei partiti sul processo riformatore senza però eliminare tutte le strutture dello Stato-partito esistente in Italia. La sinistra dovrebbe essere interessata prima ancora che a premiare o punire questo o quel partito, lasciando magari - con il referendum abrogativo - tutti i partiti - con gli stessi attuali vizi, a prevedere un elemento decisorio in più. Allo stato, i referendum di Segni e Giannini sono sostenuti da forze che difficilmente potranno dare vita ad un omogeneo fronte delle riforme istituzionali. All'interno del fronte referendario coesistono infatti in modo disordinato desiderio di rottura e motivazioni di stimolo ad un sistema paralizzato. E tuttavia, non è privo di significato il fatto che il fronte referendario si sia subito mobilitato per respingere proposte razionali di riforma del sistema elettorale, come quella che vuole introdurre la soglia di accesso. Si privilegia insomma tutto ciò che rompe, rispetto a ciò che rende il sistema più razionale ed efficiente, dando luogo a nuove abitudini politiche. Certo, ogni iniziativa referendaria - anche il referendum propositivo - più o meno finisce con il dare vita a circuiti plebiscitari. Ma il referendum propositivo può sbloccare definitivamente un processo riformatore inceppato. Si tratta di dare vita ad una Costituente diffusa. All'interno di essa le forze di sinistra potrebbero esprimere per intero, attraverso una grande mobilitazione del corpo elettorale, una sicura capacità di orientamento dell'opinione pubblica, senza essere limitate, compresse, dagli obiettivi angusti di una abrogazione che non è utile per fuoruscire - non lo potrebbe mai, è bene ripeterlo - dagli schemi di una vita politica tutta organizzata su scambi, mediazioni, decisi dai partiti, da partiti condannati però, senza incisive riforme, a rimanere per sempre così come sono adesso. Referenduma raffica Parecchidubbi Q uesta orgia di referendum mi preoccupa molto. Non per il f sé: che si preparino cioè ben 9 referendum, destinati forse a divenire 10 o 11 nei prossimi mesi. Si tratta pur sempre di strumenti di assoluta legittimità che sono parte integrante del gioco istituzionale e democratico del paese. Inoltre, ho imparato, in politica, a distinguere il sintomo dalla malattia. Non è mai saggio confondere di Giuliano Cazzola il primo con la seconda. Proprio tale considerazione aggrava però le mie preoccupazioni. Questo uso improprio del referendum, come se fosse un potere legislativo invertito, interviene su di un sistema politico che non è più in grado di raccogliere neppure le sollecitazioni. Così, la minaccia del referendum (come deterrente per l'inerzia del legislatore e come promozione di provvedimenti di riforma) rimbalza indietro contro il muro di gomma di un assetto istituzionale e politico ormai in coma profondo. II fatto è che non è possibile portare uno strumento istituzionale, quale è il referendum, così lontano dai suoi scopi originari. Pensato come mezzo di democrazia diretta in funzione abrogativa delle leggi, il referendum è stato usato politicamente per determinare un processo legislativo altrimenti inerte. Negli ultimi anni, si è addirittu-

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