~.lLBIANCO l.XILllOSSO ■un:0111 Se i referendumpassano rischiamola paralisi L e iniziative referendarie, per le quali è stata già avviata la raccolta delle firme, non costituiscono un rimedio adeguato, per realizzare le riforme istituzionali di cui da anni ormai si discorre. Le risposte che i referendum sollecitano - quelle almeno che interessano la materia elettorale - non sono tali da accelerare, così come i promotori del referendum promettono, il processo riformatore. Non abbiamo ancora potuto verificare l'impatto della preferenza unica, decisa dagli elettori con la consultazione referendaria di quest'anno, con la realtà elettorale e politica del Paese. Stando alle previsioni di tanti, pare però che la preferenza unica non solo non migliorerà la qualità della rappresentazione parlamentare, ma con molte probabilità la peggiorerà, sfavorendo i candidati più capaci e onesti, nei confronti di quelli, magari meno rappresentativi, ma in grado di disporre di rilevanti mezzi economici e di poderosi apparati partitici. La consultazione elettorale delle politiche del '92 non sarà quindi solo l'occasione per verificare in concreto (una volta conosciuti i nomi degli eletti) i «benefici» prodotti dalla preferenza unica, ma sarà forse l'occasione per dimostrare in modo incontestabile che il referendum abrogativo, per la sua natura, ed i suoi limiti, appare inidoneo a produrre incisive riforme istituzionali. Anzi, esso può addirittura, al di là degli effetti di sollecitazione prodotti da un voto popolare di protesta su partiti e Parlamento per accelerare i processi riformatori, contribuire a ingessare ulteriormente il sistema, provocando scompensi destinati purtroppo a restare tali, e quindi rendendo ancora più confusa la vita politica e più farraginoso, precario, il funzionamento delle istituzioni. - di Salvo Andò Il referendum che vuole riformare la legge elettorale del Senato su base maggioritaria, se tale iniziativa dovesse conseguire le necessarie firme e poi essere condivisa dall'elettorato, potrebbe sortire effetti paralizzanti sul piano dell'intero sistema dei rapporti Governo-Parlamento. Potremmo infatti avere un Senato eletto con legge elettorale maggioritaria e una Camera eletta con il sistema proporzionale, con la conseguenza che i due rami del Parlamento potrebbero esprimere maggioranze diverse. In queste condizioni nessun Governo sarebbe possibile. Così come, se dovesse passare il referendum che riforma la legge elettorale comunale, introducendo il sistema maggioritario nei piccoli, medi, grandi e grandissimi Comuni, avremmo un partito o più partiti collegati, che con il 51% dei voti conseguirebbero una larghissima maggioranza, e tutti gli altri partiti che, invece, dovrebbero accontentarsi di una rappresentanza non miI O noritaria, ma addirittura simbolica. Sarebbe questo un rimedio peggiore dei mali che si vogliono combattere (instabilità delle giunte, rissosità all'interno delle maggioranze). Si acuirebbe così, infatti, inevitabilmente, quella crisi di rappresentatività che affligge l'intero sistema dei poteri pubblici e che sta producendo le patologie più diverse nel comportamento elettorale. La verità è che riforme così impegnative vanno costruite in modo sistematico, sulla base di un preciso modello di riferimento, di una precisa, unitaria ispirazione politica. Ma tutto ciò non si potrà mai conseguire abrogando una parola o una frase di questa o quella norma. Il risultato di una potatura, tutto sommato abbastanza forzata, necessitata com' è dal tipo di disposizioni sulle quali si «lavora», mentre non sarà mai utile ai fini di una vera riforma della politica - perché i tagli alle norme si muovono pur sempre dentro il vecchio sistema politico, limitandosi solo a impedire in qualche modo una eccessiva libertà dei partiti rischia di creare tensioni molto serie nel sistema politico, peraltro non destinate a stimolare una vera progettualità istituzionale o comunque decisioni politiche coraggiose. Da un siffatto stato di necessità, possono venire fuori solo limitati aggiustamenti creativi finché si vuole ma poco efficaci. Si tratta di manipolazioni delle norme che alterano il regime vigente, senza però cambiarlo nelle sue caratteristiche fondamentali. Diverso il caso dei cosiddetti referendum Giannini. Essi si potranno condividere o no nel merito. Ma il loro successo non produrrebbe certo effetti di destabilizzazione senza riforme. La verità è che solo un referendum di
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