Il Bianco & il rosso - anno II - n. 23 - dicembre 1991

.P.IL BIANCO lXILR~ ■l•li••d Due o tre referendum contro l'alternanza di Ettore Rotelli I referendum elettorali, per i quali si raccolgono le firme, servirebbero - come si sostiene - per l'alternanza al potere delle forze politiche? Servirebbero per l'alternativa, se alternativa è, almeno per cominciare, sinistra al governo e Dc fuori del governo? Vediamo. Per la introduzione del collegio uninominale in parlamento (invero, per ora, solo al Senato e forse non tutto) e il sistema maggioritario in ogni Comune (4/5 dei consiglieri alla lista piu votata) di fatto si collocano: fra i partiti la stessa Dc; fra gli interessi organizzati la Confindustria; fra i sindacati la Cisl; nell'associazionismo cattolico le Acli. Per apprezzare la volontà di ben figurare di queste ultime bastava scorrere il primo giorno, su quell'organo dell'alternativa che è «Il Giornale», l'elenco delle sedi, sparse per l'Italia, dove si poteva firmare: appunto, quasi tutte delle Acli. Quanto alla Cisl, per la riforma elettorale si è pronunciato incontrastato, anticipando, sopravanzando e sollecitando le altre confederazioni, il segretario generale, sulla scia, del resto, del suo predecessore, attuale ministro Dc. Quanto alla Confindustria, il pronunciamento ufficiale è stato del vertice formale, il presidente dell'associazione, e del vertice per cosi dire sostanziale, il presidente della Fiat: anzi, nel corso di una trasmissione di Rai 3 si è convenuto seduta stante che gli industriali consentano e favoriscano la raccolta delle firme nelle fabbriche. E veniamo alla Dc, partito che, notoriamente, non tende ad altro che all'alternanza, cioè alla successione a se stesso. Ebbene, non solo presidente e leader del comitato promotore è tuttora e sempre di piu il deputato Dc Mario Segni, che è della medesima corrente del segretario del partito. Non solo egli non è stato mai censurato, né criticato, benché la sua proposta sia antitetica a quella del partito (premio al maggior partito, qualunque sia la percentuale dei voti ottenuti). Non solo, appena il Presidente del Consiglio Andreotti ha accennato a qualche battuta delle sue, è stato zittito. Non solo il presidente del consiglio nazionale del partito ha firmato pubblicamente. Ma gli organi periferici, con il silenzio apparente e l'adesione sottesa della segreteria nazionale, presentati come concessione della libertà di coscienza, sono passati rapidamente dalla parte giusta. Non piu tardi di metà di novembre la direzione provinciale Dc di Milano (sì, di Milano), sulla base di una specifica relazione del segretario provinciale, ha deciso di appoggiare i referendum elettorali (si noti bene: esclusivamente quelli di M. Segni) e mettere a disposizione tutte le proprie strutture. Una settimana dopo, con una conferenza stampa, è la volta della Dc regionale lombarda: firmando e invitando a firmare, impegna la struttura del partito a «dare tutti i supporti politici e organizzativi necessari». Se gli si chiedeva «cosa ne pensa Forlani», il segretario regionale rispondeva sicuro: «apprezzerà questa iniziativa» (la quale, anche qui, non riguarda deliberatamente gli altri referendum, definiti qualunquistici e antimeridionalistici). Infatti, mentre le Acli si dichiarano «compiaciute», «II Popolo» pubblica con rilievo la notizia nelle pagine nazionali, senza battere ciglio. Insomma, quel lunedì sera del 1993, in cui sapremo del nuovo grande successo dei referendum elettorali, ammireremo al tavolo dei vincitori tutta la dirigenza del partito. Come nel giugno scorso, quando a celebrare la vittoria della preferenza unica c'era, in prima fila, chi, senza turbamento, fino al giorno prima, aveva venduto pacchetti di diecimila preferenze per sessanta milioni (bei tempi, quelli!). Tutti questi protagonisti, della Dc, della Cisl, della Confindustria, hanno sentito il bisogno di spiegarci come egualmente essi siano disposti a discutere la loro proposta (oltre tutto perché sono divisi fra loro su un aspetto essenziale: se

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==