Il Bianco & il rosso - anno II - n. 23 - dicembre 1991

.P.lL BIANCO lXltROSSO Miiiliiill l'occupazione femminile e di realizzare l'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro, anche mediante l'adozione di misure, denominate azioni positive per le donne, al fine di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la realizzazione di pari opportunità. Le azioni positive hanno in particolare loscopo di: a) eliminare le disparità di fatto di cui le donne sono oggetto nella formazione scolastica e professionale, nell'accesso al lavoro, nella progressione di carriera, nella vita lavorativa e nei periodi di mobilità; b) favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne in particolare attraverso l'orientamento scolastico e professionale e gli strumenti della formazione; favorire l'accesso al lavoro autonomo e alla formazione imprenditoriale e la qualificazione professionale delle lavoratrici autonome e delle imprenditrici; c) superare condizioni, organizzazione e distribuzione del lavoro che provocano effetti diversi, a seconda del sesso, nei confronti dei dipendenti con pregiudizio nella formazione, nel1'avanzamento professionale e di carriera ovvero nel trattamento economico e retributivo; d) promuovere l'inserimento delle donne nelle attività, nei settori professionali e nei livelli nei quali esse sono sottorappresentate e in particolare nei settori tecnologicamente avanzati ed ai livelli di responsabilità; e) favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro, delle condizioni e del tempo di lavoro, l'equilibrio tra responsabilità familiari e professionali e una migliore ripartizione di tali responsabilità tra i due sessi. Le azioni positive possono essere promosse dal Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità istituito presso il Ministero del Lavoro e di cui è presidente il Ministro stesso, (n.d.r.) dai Consiglieri di parità (figure istituite nel 1984 e notevolmente potenziate con questa legge) dai centri per la parità e dai Comitati per le pari opportunità a livello nazionale, locale e aziendale, dai datori di lavoro pubblici e privati, dai centri di formazione professionale, dalle organizzazioni sindacali nazionali e territoriali, anche su proposta delle rappresentanze sindacali aziendali o degli organismi rappresentativi del personale». Commenti: Il primo è relativo alle azioni positive, che appaiono molto differenti fra loro. Un primo tipo di azioni sono indicate al punto a) hanno un carattere di risarcimento, servono - ---- -- - - - -- 34 ad eliminare disparità di fatto, cioè situazioni identificate o identificabili come lesive dell'uguaglianza. Le azioni indicate sotto il punto b) sono invece di tipo propositivo, non possono riguardare disparità già effettuate ma piuttosto contribuire a che si creino condizioni di equilibrio e dei contesti favorevoli al lavoro delle donne. È più facile, lo dice l'esperienza, attuare azioni riparative, di risarcimento, che azioni promozionali, perché queste implicano un coinvolgimento veramente importante da parte di chi deve, meglio vuole promuoversi e non solo·essere premiato. Le azioni del punto b) adombrano una linea di «Job creation» più volte caldeggiata dalla Comunità Europea, e non certo perché il lavoro autonomo è più creativo, libero, più «rosa», ma perché le donne hanno caratteristiche ed esigenze che non sopportano i vincoli di un lavoro rigido e difficilmente modificabile nella sua organizzazione. Non a caso il punto c) parla di superare condizioni e organizzazioni di lavoro che provocano effetti diversi a seconda del sesso. Se l'affermazione in linea di principio è sacrosanta e chiara, meno chiaro è con quale strumento il legislatore immagina di raggiungere l'obiettivo. Più che di norme qui si tratta di inviti, con, evidentemente, nessuna forza cogente, poiché nessuno può essere obbligato a superare, promuovere, favorire dei processi che hanno una prevalente natura volontaria. A questo proposito la riflessione va al punto tre, cioè agli attori preposti ad attivare le azioni positive, e quindi a quei soggetti legittimati ad agire in conto delle donne. I primi problemi sorgono all'interno delle aziende quando si tratti di gestire azioni non risarcitorie. Per le azioni promozionali quale struttura, quale meccanismo non rivendicativo può essere idoneo a solidarizzare gli obiettivi delle donne non quelli delle aziende affinché ci sia convenienza da parte di entrambe a impostare azioni di cambiamento? Non penso che le strutture esistenti siano adeguate, sia quelle sindacali, neanche sotto forma di comitati bilaterali per la parità, sia il consigliere di parità; bisognerebbe pensare ad una struttura endogena, esprimibile dai soggetti interessati di volta in volta alla promozione. Intendo dire, rendendomi conto di quanto sia facile cadere nella semplificazione, che un obiettivo qualitativamente nuovo, lo sviluppo e l'autosviluppo della risorsa donna, non possa essere raggiunto con strumenti tradizionali, pur

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