Il Bianco & il rosso - anno II - n. 23 - dicembre 1991

i.)JL BIAI\CO '-.XIL ROSSO •ii•li•ld • Dalla correzione alla prevenzione di Annalisa Quaglia e arcere minorile, casa di rieducazione e riformatorio giudiziario sono stati per lungo tempo i principali strumenti di controllo nei confronti dei minorenni considerati «traviati», «disadattati» e comunque con qualche «irregolarità nella condotta e nel carattere». Tali strutture legate al prevalere di un'ottica prima correzionale, poi rieducativa, sono state ampiamente criticate e superate da un approccio nuovo, teso il più possibile ad evitare un rapporto prematuro del minore con H<istituzione» e ad affrontare il problema del disagio e della devianza minorile con interventi di più ampio respiro. Già il Dpr 616/77 aveva trasformato alcuni aspetti della gestione del problema, affidando agli Enti locali il compito di organizzare i servizi per i minorenni sottoposti a provvedimenti dell'Autorità giudiziaria minorile in ambito civile ed amministrativo. Ma è soprattutto il nuovo processo penale minorile, introdotto dal Dpr 448/88 - nell'ambito del nuovo codice di procedura penale -, a rivoluzionare le modalità di intervento nei confronti degli adolescenti imputati di reato. Le disposizioni del processo minorile, applicate in modo adeguato alla personalità e alle esigenze educative del minorenne, intendono rivalutare le risorse sociali esistenti e recuperare quando possibile l'ambiente socio-familiare del minore, ricorrendo al carcere solo in casi estremi. Le grosse novità sono individuabili soprattutto nel diverso ruolo affidato ai servizi sociali degli Enti locali, i quali, ora, sono chiamati a gestire gli interventi di trattamento, di recupero e di prevenzione nei confronti dei ragazzi, sin dall'avvio del procedimento penale. È, quindi, espressamente previsto un maggiore coinvolgiJ2 mento dei servizi sociali e l'apertura degli istituti penali minorili verso il territorio. Gli Enti locali assumono il ruolo di coordinatori, insieme con i Centri per la giustizia minorile e in collaborazione con il privato sociale, per l'attuazione di misure cautelari alternative e sostitutive, e per l'attivazione di programmi educativi, di studio, di formazione lavoro, di tempo libero, non specifici per giovani segnalati dal Tribunale dei minorenni, ma rivolti a tutti gli adolescenti. Purtroppo è un dato di fatto che, in molti casi ed aree del paese, i servizi ed i programmi ipotizzati sia sul piano del trattamento, che sul versante della prevenzione sono rimaste sulla carta. Tuttavia sembra un segnale positivo il recente DI 216del luglio scorso: «Primi interventi in favore dei minori soggetti a rischio di coinvolgimento in attività criminose». Il «216» prevede l'erogazione di contributi di notevole entità destinati agli Enti locali e al privato sociale, per attività finalizzate alla eliminazione delle condizioni di disagio minorile, attraverso comunità di accoglienza, programmi di sostegno delle famiglie, centri di incontro da realizzare nei quartieri a rischio, interventi nella scuola e per la scuola con particolare riguardo all'assolvimento degli obblighi scolastici. Iniziative che rifiutano una logica repressiva preferendo risposte deistituzionalizzanti e di carattere preventivo-educativo ci sembrano più che mai indispensabili, soprattutto alla luce degli ultimi dati che indicano circa 25000 minori denunciati di cui 11760 casi riguardano denunce per furto, 110000casi di abbandono scolastico, 23000 casi di lavoro infantile, 57 suicidi, 124casi di tentato suicidio.

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