i.J.lL BIANCO lXILROS.SO lliHkUiJli•I nel liberismo. Certo il mercato è essenziale. L'esperienza fallimentare det paesi dell'Est è lì a ricordarci che le economie senza mercato non funzionano perché distruggono, anziché produrre, ricchezza. Ma ci sono problemi che il mercato da solo non sa e non può risolvere. Si pensi soltanto all'istruzione per tutti, all'occupazione, alla povertà, al diritto alla salute. Nessuno può perciò ragionevolmente ritenere che per accrescere benessere, occupazione e migliorare le condizioni sociali basti abbattere le frontiere e favorire la libera circolazione. È un'idea del tutto contraddetta dall'esperienza. Sarebbe, infatti, come credere che tra Stati Uniti e Messico basti abbattere la frontiera economica, realizzare un unico mercato, lasciando inalterato il resto, per espandere al Messico, le capacità produttive il benessere e le opportunità di occupazione degli Stati Uniti. Sarebbe troppo semplice. Ma senza andare così lontano è sufficiente rifarci alla situazione italiana. Da oltre un secolo abbiamo formalmente eliminato le barriere tra Nord e Sud e consentito la libera circolazione tra le due aree. Ma non siamo certo arrivati all'unificazione del paese. Se guardiamo alla dotazione di reti infrastrutturali, alla vivibilità dei grandi centri urbani, al funzionamento dei servizi, ai livelli di occupazione, al reddito pro-capite, l'Italia re- -- ---- - --- -- 3 sta divisa in due. Anzi, per certi versi, lo è più di prima. La realizzazione di un unico grande mercato, da solo, non basta quindi ad unificare l'Europa. Per altro, se continuasse a dominare la convinzione, presente in non pochi governi europei, che la convergenza economica e monetaria (necessaria per la costruzione del mercato interno) debba comportare una inevitabile competizione sociale, c'è il pericolo concreto che passi indietro siamo compiuti. Perché il costo dell'aggiustamento verrebbe posto a carico delle aree e dei gruppi più deboli. Poiché la politica è il solo mezzo che abbiamo per conciliare le ragioni dell'economia, che sono quelle dell'efficienza, con le ragioni della società, che sono quelle dell'equità e della giustizia, il meno che si possa dire è che la mancanza di un serio e visibile dibattito sulle scelte che si stanno compiendo per realizzare l'Europa, conferma in modo preoccupante il grado di ossidazione delle nostre istituzioni politiche. Si deve perciò convenire che se non mettiamo ordine nella nostra economia è probabile che finiamo nell'Europa di serie B. Ma se non rinnoviamo le nostre istituzioni politiche è certo che non conteremo nulla nelle decisioni che riguardano il futuro dell'Europa. Che è poi il futuro di tutti noi.
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