.P.lL BIAI\CO lXltHOSW Kii•lii•d zo, e a chi affidarlo: prima allafamiglia, poi ad una persona singola, poi alle Comunità, poi, qualora non ci siano altre strutture, agli Istituti. E la legge in teoria attiva un servizio affidi, in ogni Comune, individua lefamiglie disponibili, epoi indica le Comunità. In teoria ogni caso dovrebbe, a termini di legge, essere risolto fuori dagli Istituti, contro una scelta che nelle leggi già è stata fatta. Se si applicasse questa legge, e la nuova legge sugli affidi, inpratica ilproblema degli Istituti non dovrebbe esistere più. E invece esiste, e ci sono grandi resistenze a cambiare». «Certo: a monte, nella cultura nostra, c'è un altro aspetto del problema, che conta molto soprattutto quando si tratta di ragazzi che hanno solo la colpa di venire da famiglie rovinate, con padri e madri condannati per reati gravi. Esiste, comprensibilmente, molta titubanza e incertezza nel momento in cui si deve intervenire,perché si vorrebbe sempre evitare di portare via il ragazzo dalla famiglia. La stessa opinione pubblica vede con sospetto l'intervento del Tribunale. C'è ancora una certa mentalità che vede una specie di possesso del figlio, da parte dei genitori, mentre occorrerebbe far prevalere un'altra logica, quella del bene e de/l'interesse del ragazzo. E per questo occorre anche intervenire presto, prima che sia troppo tardi, prima che un certo tipo di ambiente familiare abbia prodotto troppi danni. Ricordo un caso recente di un ragazzo il cui padre era continuo violentatore delle sorelle... E poi scoprii che anche il padre era stato messo in un Istituto, anni fa, per una situazione analoga, evidentemente con risultati pessimi ...». - Ma allora quale può essere una strategia globale per l'intervento preventivo? «Prima di tutto occorre dare ascolto e attenzione al ragazzo, instaurando con lui un dialogo privilegiato. In un ambiente familiare nuovo, come quello di una comunità familiare, il ragazzo si trova a suo agio, a poco a poco, e allora esso stesso racconta, per esempio, se già si è bucato, una o più volte. Ma il discorso riguarda anche i ragazzi che vengono spontaneamente ai centri ricreativi. Talorasono essi stessi che rivelano di essere in difficoltà. Altre volte c'è stata, per esempio, come avviene spesso, una segnalazione da parte del servizio sociale. Allora è necesario come prima cosa andare a vedere la situazione e la storia familiare del ragazzo, considerare la sua realtà attuale, e chiedersi seriamente se la situazione non sia tale da pregiudicare lo sviluppo normale del ragazzo. La legge 184 dice espressamente che tutti gli operatori pubblici, compresi gli insegnanti, che spesso invece restano come estranei, dovrebbero segnalare situazioni problematiche gravi, invece di limitarsi a sperare, come avviene spessissimo, che la situazine si stabilizzi da sola. Spesso non si stabilizza, infatti, ma precipita, e se si stabilizza, quasi sempre ciò avviene con gravi conseguenze sulla formazione dei ragazzi: è una stabilizzazione deformante. In certi casi, ipiù gravi, occorre segnalare la situazione al Tribunale, e allora si mette in moto il discorso della casafamiglia. Ci sono ragazzi che portano visibili i segni evidenti delle violenze che si commettono in famiglia su di loro, e allora occorre intervenire, senza attendere chissà cosa». - Quale è, da questo punto di vista, la mentalità delle Autorità cui voi segnalate certe situazioni? Sono predisposte positivamente? «Certo: ogni Tribunale dipende dai giudici che ci sono dentro. Da noi i giudici sono molto attenti epronti ad intervenire, quando ci sono delle segnalazioni. Il meccanismo tuttavia spesso si inceppa in quanto mancano le strutture necessarie per l'intervento». «In realtà le leggi ci sono, come abbiamo appena visto, e sono stati stanziati miliardi, ma i servizi previsti non sono stati ancora realizzati. Faccio un esempio concreto: comunità come la nostra, in Sardegna, non ce ne sono, salvo una a Sassari, e allora l'intervento giusto, prescritto dalla legge, e anche finanziato da essa, non si può realizzare. Un altro esempio che viviamo direttamente. Stiamo combattendo, qui a Cagliari, per una struttura, un centro di pronta accoglienza, servita dalla legge 448, la legge sui minori, del/'88. Era già stato fissato l'appartamento, i soldi erano pronti, ma la cosa non si muove. Non riusciamo a capire cosa ci sia dietro, probabilmente interessi politici di partito, che dicono quando sarà il momento opportuno di aprire questa struttura. Sono già due anni e mezzo, e si tratta di un diritto sancito dalla legge, eppure questo centro non parte. È probabilmente un contrasto politico-elettorale, che blocca tutto. Debbo portroppo dubitare che ci sia, in proposito, la volontà politica. Evidentemente i diritti dei minori non contano molto». «Il risultato è che ci sono moltissimi casi in cui i ragazzi sono condotti in carcere,per esempio, mentre a tenore di legge dovrebbero stare in altre strutture, che la legge prevede, ma che ancora in tanti luoghi non sono state realizzate... E così i ragazzi subiscono tutte le conseguenze negative de/l'istituzionalizzazione e del/'am-
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