.{).l.t BIANCO lXltRos.50 •h•IIHMii papi, e invece sulla indipendenza della Chiesa da tutti i partiti, così chiaramente affermata dalla S. Sede nel 1922, fu proprio questa a cambiare idea. La presenza di un movimento comunista forte e minaccioso convinse infatti la Chiesa cattolica, e in particolare Pio XII e la gerarchia vaticana e italiana, ad approvare ed appoggiare, dopo la seconda Guerra mondiale, quella realtà che era diventata la Dc di Alcide De Gasperi. Fino agli anni 45-47 era forte, anche ai vertici ecclesiastici, la convinzione e il desiderio che i cattolici dovessero essere liberamente presenti non in uno solo, ma in più partiti. Portatrice di questa istanza era in particolare l'ala curiale moderata, impersonata da monsignor Domenico Tardini, mentre l'ala democratica e progressista, che si ritrovava sulle posizioni filo-Dc, era impersonata da monsignor Giovanni Battista Montini, che aveva fino dalla giovinezza respirato l'aria del Partito Popolare e della Democrazia Cristiana, e pensava ed agiva in conseguenza. Come noto, fu questa l'anima che ebbe il sopravvento, e la Chiesa italiana scelse un solo partito, la Dc, che meglio la garantiva, negli anni della guerra fredda, contro il pericolo dei «rossi», non solo ipotetico, e condusse in prima persona le campagne elettorali del dopoguerra, praticamente fino a Giovanni XXIII ed al Centrosinistra. Inutile stare a spiegare, una volta di più, cosa era nei fatti il movimento comunista negli anni di Stalin, e anche dopo, e come l'aggressività non solo anticlericale, ma essenzialmente antireligiosa, propria di tutto il comunismo, in pratica costrinse la Chiesa cattolica a scegliere come scelse, a pronunciare le condanne che pronunciò, ad escludere tanta gente che magari in buona fede credeva che quel comunismo fosse conciliabile con la prof essione della religione cattolica. Anche con Krusciov, cambiarono tante cose, ma la persecuzione antireligiosa si intensificò ancora, e basterà ricordare il famoso, e famigerato, «rapporto Iliciov», e annotare che i tempi sottilmente più spietati, a detta di tanti furono quelli di Breznev, finiti solo dieci anni fa. d) La preparazione dei cambiamenti di prospettiva Si dirà che quella è, ormai, acqua passata. E in parte lo è, perché da allora ad oggi sono cambiate tante cose, e non solo, come ovvio, L _ _ __ _ _ _ __ __ 11 nel mondo, ma anche nella Chiesa cattolica. Cominciamo da queste. C'è stato papa Giovanni, conservatore per cultura nativa e per formazione intellettuale, ma aperto al nuovo per indole di grazia e per fiduciosa speranza in Dio e nell'uomo. Fu lui che, nella teoria della dottrina ufficiale della Chiesa cattolica, aprì la prima breccia, gigantesca, verso il pluralismo politico dei cattolici operando la famosa distinzione della «Pacem in Terris» tra «dottrine filosofiche», in sé configurate e immutabili come le idee pure ed astratte, e «movimenti storici» ad esse ispirati, che invece possono cambiare e di fatto cambiano, per cui in politica si aprono possibilità di convergenze e collaborazioni nuove anche per i cattolici. Di fatto fu il consenso ufficiale al Centrosinistra. Poi ci fu il Concilio, dove la stragrande maggioranza dei vescovi non aveva, e non solo nel campo dell' unità politica, le immediate preoccupazioni dei vescovi italiani, non sempre e non solo spirituali. La linea portante dei documenti conciliari consacra la distinzione tra la sfera religiosa e la sfera politica, e afferma con chiarezza la missione religiosa della Chiesa. Andrebbero citati innumerevoli testi, ma qui basterà riportare alcuni brani del n. 42 della «Gaudium et Spes», pastoralmente il documento più importante del Concilio: «La missione propria che Cristo ha affidato alla Chiesa non è di ordine politico, economico, sociale... Essa riconosce tutto ciò che di buono si trova nel dinamismo sociale odierno ... In forza della sua missione essa non è legata ad alcuna particolare forma di cultura o sistema politico, economico e sociale... » Due anni dopo, nella «Populorum Progressio» (1967), Paolo VI ribadì: «La Chiesa, lungi dal pretendere minimamente di intromettersi nellapolitica degli Stati, non ha di mira che un unico scopo, quello di continuare la stessa opera di Cristo». Nel 1971, poi, per festeggiare gli 80 anni della «Rerum Novarum», Paolo VI scrisse la «Octogesima Adveniens», in cui è chiarissimamente affermato che dalla stessa fede possono venire scelte politico-culturali diverse, e che nessuno ha il diritto di arrogare a se stesso, in materia così opinabile, la rappresentanza unica del popolo cattolico. Testi lontani? Certo. Ma ci sono anche quelli vicini. Giovanni Paolo II ha fatto quasi un motivo continuo del suo insegnamento sociale quello della chiara distinzione tra competenze della Chiesa e competenze della società e dello Stato. Tra i testi più recenti, c'è la «Sollicitudo Rei
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