Il Bianco & il rosso - anno II - n. 23 - dicembre 1991

.P.lL BIANCO l.XILROS.SO Mi•ilii•d le necessità e delle coerenze rivendicative ad esse connesse. Si proclama, invece, di perseguire sempre il decentramento della contrattazione. La ambizione-pretesa di non essere rinchiusi nella logica sindacale la ritroviamo non solo nella scarsa attenzione concessa al tema delle implicazioni organizzative ed associative della codeterminazione (una delle parole nuove del Congresso), e nello spazio limitato attribuito alla gestione collettiva dei diritti, ma anche nell'esplicito rifiuto se non della logica riformista, dell'identificarsi con essa. Tale rifiuto è stato esplicito nella relazione di Trentin, ed ha francamente colpito. Il tema merita una citazione: «confesso di non appassionarmi, tuttora, e soprattutto se trasferita nell'esperienza sindacale italiana, nella Cgil, alla contesa sulla rivalsa, o meno, del riformismo storico nei confronti della rivoluzione, o addirittura nei confronti della conflittualità sociale». Queste parole potrebbero essere forse considerate come un vezzo comprensibile in un prestigioso dirigenteintellettuale marxista, e forse lo sono. Ma resta comunque da scoprire quali immagini esse hanno il potere di evocare nella cultura del sindacato, nella formazione di nuove identità culturali. Le parole di Trentin possono chiudere queste brevi impressioni, un poco sconcertate, sulla svolta della Cgil. Certo di cultura e di concezioni abbiamo parlato. La dura realtà sindacale, qualcuno potrà dire, metterà alla prova tutto questo. Ma le parole nella tradizione della Cgil, contano eccome. Lo avevo capito già quando con ammirazione e passione, con altri amici, quasi venticinque anni addietro, mi ero accinto a leggere i volumi rosso paglierini degli atti dei congressi della Cgil, con l'obiettivo di ricostruire la concezione della Confederazione in un librino giovanile, a cui sono particolarmente affezionato. E questa tradizione non è molto cambiata.

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