Il bianco & il Rosso - anno II - n. 21/22 - ott./nov. 1991

~li-BIANCO lXttROSSO l 11H11IMMW 11 > Fede e politica: la lezione di don Primo Mazzolari Don Primo Mazzo/ari (1890-1959): prete, educatore, scrittore, giornalista, polemista, critico del potere politico che schiaccia l'uomo e di quello religioso che vuole forzare le coscienze e trasformarsi in dominio. Partecipe delle battaglie dei cattolici italiani dal 1920 al 1959, impegnato a preparare, con altri, una società più libera, dopo gli orrori del fascismo e della guerra, e una chiesa più evangelica e accogliente per l'uomo e per i suoi problemi. Difficile, se non impossibile, ricondurre ad unità tutta la sua azione molteplice, talora così diversificata da apparire, e forse da essere, contraddittoria, se non si tiene conto dei tempi e delle circostanze: interventista nel 1915, eppure pacifista negli anni 50; critico del fascismo fino dagli inizi, operatore nella resistenza antifascista, ma avversario ideologico e pedagogico del comunismo nel secondo dopoguerra, eppure criticato e condannato, anche ufficialmente, come filocomunista e filosocialista; critico di certi aspetti storici della chiesa cattolica compromessa con potenti e prepotenti, eppure sempre capace di obbedienza liberae di libertà obbediente, capacedi parlare con tutti e di accompagnareil cammino dei lontani, ma sempre radicalmente cristiano e prete testimone soprattutto del Vangelo... Sognò, certo, una Chiesa diversa da quella che i tempi gli offrivano, più evangelica e libera da compromessi terreni, e ebbe ben sei condanne ufficiali, dal Sant'Offizio, per la sua attività di scrittore e giornalista, sebbene la sua coerenza di prete e di cristiano non sia mai stata messa in dubbio. Vide gli albori della primavera giovannea, e morì sulla breccia, predicando ai suoi parrocchiani di Bozzolo, due mesi dopo esser stato ricevuto in Udienzaprivata da Giovanni XXIII, che lo salutò scherzosamente come «la tromba dello Spirito Santo nella Bassa padana». Forse tre costanti vanno segnalate, nella sua lunga stagione di battaglie: lafedeltà a Cristo e al Vangelo, il rifiuto di chiudere la Chiesa nel ghetto dei buoni e dei perfetti, e la volontà tenace di star vicino ai «lontani», agli abbandonati, ai poveri, a coloro che erano guardati con sospetto. Dalla sua molteplice produzione (romanzi, saggi, articoli per giornali e riviste, lettere di grande interesse storico, diari personali ecc.), abbiamo scelto, come «Documento» per questo numero, due brani, il primo costituito da un articolo del 15 novembre 1922, meno di tre settimane dopo la «Marcia su Roma», e il secondo da una lettera del gennaio 1959 al cardinale Giovanni Battista Montini, poi Paolo VI, allora arcivescovo di Milano, scritta in un ennesimo momento di «difficoltà» e di tentativi autoritari contro di lui, l'ultimo della sua vita, giacché Mazzo/ari sarebbe morto solo tre mesi dopo. Tra questi due estremi, si può dire, sta tutta «La bella avventura» di don Primo Mazzo/ari, come si intitolava la sua opera più bersagliata dalle condanne del S. Offizio. Un'avventura che pare contenere lezioni preziose anche per oggi, destinate ai credenti come lui e anche a chi, non credente, voglia confrontarsi sul serio, oltre gli slogan, con il fenomeno complesso della presenza dei cattolici, e della Chiesa come istituzione umana, nella storia di tutti. (G. G.) Al di sopra della politica - I popolari vanno a destra - scrivono i giornali. Questo povero prete di campagna, che non ha mai fatto politica, non capisce niente. I popolari - scrivono i giornali - fanno a Milano le elezioni del comune con i fascisti. Questo povero prete di campagna non capisce ancora niente. Ma ieri sera l'unico socialista del.paese - voglio dire l'unico che è rimasto apertamente tale, nonostante il bastone - quando mi ha visto venir giù dall'argine, mi si è fatto incontro e, senza preamboli, come se avesse in cuore una cosa molto ama'ra: «Vede, signor Parroco: lo dicevo io che sarebbe finita così! I 76 IL - - --- - - - - -- Loro preti sono sempre andati d'accordo coi più forti». E poiché lo guardava come uno che capiva fino a un certo punto quello sfogo che si conteneva personalmente rispettoso, tira fuori di tasca il giornale e mi squaderna la notizia del giorno: I popolari entrano nel blocco fascista di Milano. Davanti a quest'uomo - cui doveva

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