mente industriali) e da prospettive di domanda di lavoro peggiori di quelle ipotizzate nelle previsioni dell'Ece, si è aggiunta una potenziale notevolissima disoccupazione/sottoccupazione nascosta in vari comparti delle attività terziarie, nel settore agricolo e in parte delle attività industriali. Tale problematica di disoccupazione/sottoccupazione appare a prima vista difficilmente affrontabile soltanto attraverso politiche dell'occupazione e del lavoro all'interno dei paesi «ad economia pianificata», perché: a) nel suddetto contesto di ristrutturazioni produttive, è decisamente irrealistico attendersi un'espansione dell'occupazione «esplicita» complessiva a tassi superiori al + 0,5%, pur con una crescita produttiva al + 4%. Tra l'altro occorre notare che, alla luce dell'andamento recente nettamente peggiore del prodotto globale in vari paesi dell'Est, appare molto difficile che la crescita produttiva media nella prima metà degli anni '90 possa essere ad un tasso così elevato; b) comunque, una crescita produttiva maggiore richiederebbe uno sforzo di investimento non facilmente realizzabile senza un rilevantissimo trasferimento di risorse dai paesi industrializzati occidentali, sia perché le ristrutturazioni della capacità produttiva preesistente richie- _i)-l), BIANCO '-Xli, llOSSO IN iii itn ili I i Mi n)ij •ti• dono un profondo rinnovamento dello stock di capitale, sia perché per tale maggiore crescita produttiva sarebbe necessaria una peculiare nuova accumulazione di capitali; c) già un'espansione dell'occupazione al + 0,5% avrebbe richiesto, come si è accennato più sopra, una crescente presenza di lavoratori con caratteristiche qualitative non facilmente riscontrabili nei paesi ad «economia pianificata»; un'espansione superiore comporterebbe certamente un'esigenza maggiore di tali lavoratori, con particolare riguardo a quadri direttivi ed intermedi capaci di collocarsi attivamente e guidare processi di incessante cambiamento. - Sembra inevitabile che i fenomeni ed i rischi di disoccupazione/sottoccupazione conseguenti all'introduzione di veri e propri mercati dei prodotti e del lavoro nei paesi dell'Est europeo e nell'Urss sfocino in intensi movimenti migratori verso l'Europa occidentale. Già la seconda metà degli anni '80 ha registrato flussi rimarchevoli di emigranti verso la Germania occidentale ed in parte anche verso l'Italia, coinvolgenti sia persone considerabili cittadini tedeschi sia persone di lingua e cultura slava, provenienti soprattutto dalla Polonia. Gli anni '90, per fattori economicosociali di vario ordine, tra cui il perma- ,~ PARADISO 1" D0f;17\f\JDE I dei COMUNISTI U 111111 8 IISI li mii 81DDDISIDI è C8DlrD8 ltul per quato è falliw: 1 Perdli Ji impmùcecon o,ni meno di (trr 1e1- ~ al mondo le co,e di R....W 2 QMcmd _,, I !)ardii In Rualal 3 Q1,aate O&irse _,, a,,erur E41'/Jfllis-nlorl .i,os- inarpare il cauchismoai (tmd,JUJ 4 Quat!ro ~"'"4 l'operaio nmo7 TKCrl i lawrarori sono j>af/Jti ,palmenul 5 QManci milionidi nwi JOnO scomponi? 6 Q,u.n,u furono gli oj>erai spapiu,li 1rvcidall dai COllljlOp1 bolscew:17 1 Quatl1i Dllllcidi, rafline, vlo~t hanno com,, - I _,.1m che oj>erano In Italla1 8 Il corruuwmo Italiano sque o no le uio,:le ddt«luco Mom7 ' Quante ro,a«e sono uscite ,ane dai !,aUi -,iùric;il tA Perchèil comunismo ama le " Rep,,bl,lichc?" V lllffllre S141in i al poure da 14nll annil 75 nere di differenziali nel tenore di vita e i menzionati problemi/rischi di disoccupazione/sottoccupazione, dovrebbero presentare probabilità di flussi ben maggiori, provenienti in misura crescente anche dalla Cecoslovacchia, dall'Ungheria e dall'Urss. In particolare, in una recente Conferenza internazionale sull'immigrazione è stato prospettato un potenziale di immigrazione dall'Urss che potrebbe essere stimato tra i 2 milioni di persone (in ipotesi abbastanza prudenti) e i 10 milioni od anche più. È evidente che una simile massa di migranti pone delicati problemi di assorbimento/ gestione programmata nei paesi di arrivo, industrializzati occidentali od anche in parte (almeno temporaneamente) dell'Europa orientale (come temono i polacchi o gli ungheresi). È evidente pure che tali flussi di migranti pongono delicati problemi di impoverimento del capitale umano nei sistemi economico/sociali di partenza, date le caratteristiche qualitative (apertura al cambiamento ed al rischio, professionalità, flessibilità di comportamento, ecc.) che chi emigra spesso presenta, soprattutto se è alla ricerca di condizioni di lavoro e di vita migliori. Paradossalmente, l'emigrazione potrebbe accentuare sensibilmente la carenza di lavoratori con le caratteristiche necessarie per contenere i rischi di disoccupazione/sottoccupazione nei paesi dell'Est. Ne discende che i movimenti migratori attesi negli anni '90 sono nello stesso tempo una possibile conseguenza estremamente rilevante dei nuovi squilibri che saranno provocati dal passaggio da «sistemi ad economia pianificata» a «sistemi ad economia di mercato», nonché una problematica in sé che impone una collaborazione molto stretta e tempestiva tra i diversi paesi. Forse tra un decennio, se si sarà operato tempestivamente, i problemi potranno essere meno drammatici, perché è sperabile che i paesi che erano ad «economia pianificata» riescano a gradualmente prendere la via di uno sviluppo produttivo intenso, e poiché l'eredità lasciata dai fattori demografici degli ultimi trenta anni per i prossimi decenni dovrebbe essere meno pesante per i paesi dell'Est di quello che risulta per una parte notevole del cosiddetto Terzo Mondo. Proprio per questo però si impone uno sforzo decisivo nell'immediato futuro.
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