Il bianco & il Rosso - anno II - n. 21/22 - ott./nov. 1991

mazioni dell'Ece, i paesi ad economia pianificata (Europa orientale ed Urss) avrebbero dovuto crescere negli anni '90 in un'ipotesi intermedia (conforme alle indicazioni dei piani economici nazionali) al tasso del + 4% in media all'anno sperimentato dal 1975 in poi cioè ad un tasso superiore a quello atteso nei paesi europei ad economia di mercato e del Nord America. Tale tasso di crescita avrebbe dovuto consentire, unitamente a rilevanti aumenti di produttività (in termini di prodotto materiale netto per occupato), aumenti di occupazione dell'ordine del + 0,5% in media all'anno, in linea con l'aumento dello stock di offerta di lavoro previsto nell'ipotesi intermedia negli anni '90. L'espansione dell'occupazione, date le previsioni demografiche, non avrebbe potuto essere superiore, poiché l'aumento della popolazione ( + 0,6% in media all'anno dal 1986 al 2000 dovrebbe essere accompagnato soprattutto nell'Urss da un processo di invecchiamento della popolazione negli anni '90 superiore a quello registrato negli Usa e nei paesi europei ad economia di mercato nonché da una tendenza (analoga a quella registrata altrove) al ritardo dell'ingresso nell'attività lavorativa per i giovanissimi sotto i 20 anni di età. Infatti, la popolazione in età lavorativa potrebbe crescere (soprattutto nella seconda metà degli anni '90 - ad un tasso inferiore al + 0,5% medio annuo e si attende che i tassi di attività dei giovanissimi di entrambi i sessi scendano dal 29/30% al 25/26%. Secondo tale quadro previsionale, la popolazione attiva sarebbe cresciuta nei paesi ad economia pianificata nell'ipotesi intermedia di + 10.750.000 unità dal 1991 al 2000 contro + 10.500.000 oc;cupati. Ne è derivato il timore che migliori prospettive di crescita produttiva avrebbero potuto incontrare una «strozzatura» dal lato della disponibilità di lavoro (soprattutto in Urss), a parte la probabilità di carenza di lavoratori con date caratteristiche qualitative. In verità, il quadro previsionale era fondato nel 1988 su presupposti in merito agli stock di occupazione rilevanti che avrebbero meritato un'attenta valutazione critica, come è apparso necessario con le «riforme» economiche ed istituzionali avviate negli ultimi anni. In primo luogo, occorre tenere presente che le informazioni statistiche ag- .{)!I, BIANCO lXILROSSO I I Il ijn"',,.,(nij itil gregate per i paesi ad economia pianificata hanno distinto in passato tra i settori produttivi materiali (da cui scaturisce il prodotto materiale netto) da quelli non materiali. Questi secondi settori, non direttamente associati alla produzione di beni, riguardano la produzione di servizi sanitari, di istruzione, culturali, di ricerca, sportivi, ricreativi, amministrativi locali e nazionali, di difesa e sicurezza della popolazione. Il peso occupazionale di tali servizi è cresciuto gradualmente dal 1965 in poi e avrebbe dovuto crescere (secondo le previsioni del 1988) anche negli anni '90, fino a raggiungere un quarto circa dell'occupazione complessiva. Ora, gli incontri avuti recentemente con studiosi ed esperti dei paesi dell'Est hanno fatto emergere che la crescita dell'occupazione in tali settori ha risposto ad esigenze ben diverse da un razionale soddisfacimento della domanda potenziale di servizi da parte della popolazione residente in tali paesi. Quindi, l'occupazione nei settori non materiali celerebbe già nel 1990 margini che sarebbero stati di disoccupazione/sottoccupazione, qualora avessero operato meccanismi di mercato per i servizi prodotti e per il lavoro impiegato, oppure qualora le risorse destinate in tale direzione fossero state avviate verso altri settori. In secondo luogo, la struttura dell'occupazione nei settori materiali mostra, ancora nella seconda metà degli anni '80, un peso anormalmente elevato dell'occupazione agricola (soprattutto in rapporto all'incidenza della relativa produzione) e dell'occupazione in taluni servizi associati alla produzione. È interessante notare che, se si raggruppano insieme i settori materiali e quelli non materiali, nel 1990 l'occupazione agricola nei paesi esaminati risulterebbe il 20% del totale, quella industriale risulterebbe il 38% (di cui 1'8% nelle costruzioni) e quella nei servizi il 42%. Vi sono pertanto fondati motivi per ritenere che altri margini nascosti di disoccupazione/sottoccupazione siano già stati ampiamente presenti soprattutto nel settore agricolo alla fine degli anni '80 e che si sarebbero probabilmente accentuati qualora le economie centralmente pianificate si fossero sviluppate negli anni '90 secondo le ipotesi intermedie accolte dall'Ece. Tali margini di disoccupazione/sottoccupazione nascosta si sono imposti prepotentemente all'attenzione negli ultimi tempi, non appena i sistemi ad economia pianificata hanno mostrato l'intenzione di introdurre meccanismi di mercato all'interno e di confrontarsi sui mercati internazionali. In tal modo, alla crescente disoccupazione «esplicita» provocata dai fenomeni di iniziale revisione delle strutture produttive (special-

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