.{)!L BIANCO l.XILllOSSO Mil•lii•II direzione di marcia, che questa occasione politica, sostenuta sul piano storico per altro dalla ricorrenza del centenario della nascita del Psi, cioè del movimento socialista, non si ripeterà, e che se andasse sprecata ciò segnerebbe la sconfitta definitiva di una prospettiva di cambiamento, per molti anni ancora. Concludo. Abbiamo pochi mesi fino alle elezioni. Li dobbiamo utilizzare per consolidare il clima buono che si è instaurato tra Psi e Pds, magari rendendo «visibile» questa prospettiva nuova dalla quale, anche col sostegno degli elettori, potrebbe discendere un forte cambiamento nel governo del Paese nel prossimo futuro. Versol'unità, senza liquidazioni e con primipassi concreti di Gerardo Chiaromonte D ico subito che la proposta di Piero Borghini (per la costituzione di un gruppo unico Pds-Psi-Psdi al Consiglio comunale di Milano) non mi convince. Ho già avuto modo di esprimere, nei mesi scorsi, la mia opinione favorevole alla prospettiva dell'unità socialista. Tale prospettiva significa essenzialmente due cose: il riconoscimento di valori e ideali comuni (quelli del socialismo democratico occidentale) e la ricerca paziente e costante di punti di incontro sul terreno programmatico e politico. Ma essa non significa fusione fra i due partiti fondamentali della sinistra, anche se è evidente che l'obiettivo della ricomposizione delle forze riformistiche resta nello sfondo e va perseguito. All'unità e per il momento alla convergenza delle forze che si ispirano al socialismo ognuno non può che arrivarvi con il proprio bagàglio e·con la propria storia. Stabilire la discontinuità, proclamare anzi la rottura con una parte di questa storia non può significare; in alcun modo, mettere ·da parte la tradizione migliore, democratica e nazionale, del Pci, anche se inquinata da doppiezze di vario tipo. Non si può cancellare una parte importante della storia d'Italia. In ogni caso, a un'operazione di questo tipo io non ci starei. Anche perché qualche ragione deve pur esserci per il fatto che il Pci raccolse, nel 1976, il 34% dei voti degli italiani. Detto questo, la proposta di Piero Borghini contiene un elemento di verità su cui io credo sia necessario lavorare. Negli ultimi tempi, i rapI ì -·- - --- -- - --- -- porti fra Pds e Psi sono migliorati. E questo è molto positivo. Ma non bastano un mutamento di clima, pur importante, fra i due partiti e nemmeno accordi (da ricercare) su questioni attualmente in discussione su scala nazionale. Occorrono, a mio parere, due altre cose. La prima potrebbe essere un accordo per una consultazione permanente fra i gruppi del Pds, del Psi e del Psdi in tutti i consigli regionali, nei consigli provinciali e in quelli comunali delle città più importanti. Se fosse possibile concertare una decisione di questo tipo prima delle elezioni sarebbe una cosa assai positiva. La seconda, più politica e più importante, sarebbe una discussione seria fra Pds e Psi per giungere a un orientamento comune sui rapporti con la Dc. A ben riflettere, questo è stato fra i temi principali di divisione fra i due partiti: all'epoca del centro-sinistra, durante il periodo della solidarietà democratica, con il pentapartito. La Dc deve trattare con una sinistra unita: questo mi sembra un problema essenziale. Non escludo la possibilità di governi transitori di grande coalizione, che potrebbero essere necessari se (come è probabile) Pds, Psi, Psdi e altre forze di sinistra non raggiungessero la maggioranza assoluta dei voti. Ma di fronte a questa eventualità, la sinistra deve presentarsi unita. Tutto questo ragionamento mi porta a una conclusione, anzi a un augurio: mi sembra necessario lavorare perché la somma dei voti Pds-Psi superi, nelle prossime elezioni, quelli della Dc.
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