Il bianco & il Rosso - anno II - n. 21/22 - ott./nov. 1991

Questo della moralità è un tema di forte attenzione tanto più l'Enciclica è ottimista e fiduciosa nell'uomo e nelle organizzazioni da lui create e volute a ~-V-, BIANCO l.XltROSSO ■111#i•lil livello di Stato, di impresa, di massa. C'è da augurarsi che dall'Enciclica, come purtroppo è accaduto in passato, non si faccia uso di parte e unilaterale. li convenire sui principi, sulle enunciazioni è facile, diventa più difficile quando questo deve diventare prassi comportamentale. Un richiamo a ripensare la solidarietà moderna U n merito, tra i tanti, si può ascrivere all'ultima Enciclica Papale: l'avere riportato prepotentemente, al centro del dibattito culturale ed economico, etico e politico, l'uomo come tale, la persona, l'umanità, tout court: prima ancora dello Stato o del mercato. Prima ancora dell'impresa, del profitto, o delle forme dell'organizzazione istituzionale, politica e sociale. E non è poco. Non lo è, se solo ci si volge indietro un attimo a guardare errori e orrori che questo secolo ha vissuto. Appena fino a ieri. Le guerre planetarie, le ideologie totalizzanti, le spartizioni - le lottizzazioni, si potrebbe dire - del mondo intero. E ancora, le corse agli armamenti, le sovranità più apparenti che reali nelle «zone d'influenza», le angustie e le oppressioni del collettivismo statalista e del capitalismo edonista ed individualista. Ma penso pure alla minacciosa discrasia che la civiltà contemporanea vive: tra un'economia sempre più proiettata sulla mondializzazione dei meccanismi e dei processi - per interconnessioni ed interdipendenze, per influenze e refluenze - e una politica sempre più legata alla dimensione «provinciale». Sempre più ripiegata su se stessa: informata a logiche egoistiche e particolari; organizzata - si fa per dire - sull'archetipo localistico del campanile. Una politica del gambero, che va a ritroso: priva delle ambizioni planetarie delle ideologie, e dispersa in piccole contraddittorie spinte e controspinte, in microaspirazioni - comprensibili e legittime -- - --- - - - - -- di Raffaele Bonanni quanto si vuole - ma incapaci certamente di tenere il passo dei megatrend; delle macro-tendenze economiche e sociali. Cosicché, c'è oggi il rischio di una sofisticata e perniciosa tirannia della sfera economica sulla politica: o, per dirla in altro modo, c'è oggi il rischio - mentre ci si attarda in rivendicazioni minuscole o centrifughe - di uno svuotamento sostanziale delle pratiche, degli istituti, del senso stesso della politica e della democrazia, intese come strumento e come luogo, ovunque, della partecipazione, del confronto, del governo e del controllo su tutto quanto attiene all'interesse generale. L'interesse generale: ecco che l'appello vibrante del Pontefice a riscoprire la persona, a recuperarne la centralità, in un orizzonte economico e politico proteso comunque verso il bene comune, suona come vigorosa sollecitazione a ripensare alle motivazioni, ai modi, ai criteri, ai sistemi e agli obiettivi della presenza e dell'azione politica. Così come storicamente sperimentate ed incarnate. Suona, per così dire, come spinta a ritornare a una «politica terra terra», costruita, misurata sulle esigenze, sulle attese, sulle richieste quotidiane della gente. E lanciata a un tempo lungo l'asse delle grandi idealità. Dei grandi valori della pace e della convivenza, della tolleranza e della solidarietà. Nella consapevolezza che al di là dei paletti di ogni campanile - per quanto alto o grande sia - resta il dramma di un mondo separato, «frantumato» tra un Nord ricco, e sempre più ricco, e un Sud <, I povero e sempre più povero. Tra tanti Nord e tanti Sud. Con un 15% della popolazione mondiale che controlla il 700"/o del reddito prodotto: un etiope, nel 1987, disponeva appena di 130 dollari, uno svizzero di oltre 21 mila. Da qui, la necessità, che la Centesimus Annus rimarca, di superare le strettoie di una politica polverizzata, ferma, rivolta indietro. L'urgenza di andare al di là dei limiti dell'economia capitalistica, così come la storia stessa ha provveduto a sbarazzarsi delle insegne del comunismo statalista, marxista-leninista. E al movimento dei lavoratori - e alla Cisl soprattutto - compete, in questa direzione, un grande ruolo. Una funzione di volano, di stimolo, di catalizzazione del bisogno di un ordine economico e sociale nuovo. Un compito di promozione di spazi autentici di cittadinanza e autogoverno; con l'obiettivo di riscrivere la modernità di questo secolo sulla base di una priorità nuova delle regole sulle anarchie, dell'etica sugli egoismi di ogni parte e di ogni segno. Quanto, comunque, alla Confederazione Italiana dei Sindacati dei Lavoratori, già nel suo atto costitutivo, quell'atto che col primo congresso, del novembre del '51, diventerà il preambolo dello statuto, si precisava: «La Cisl sorge per stringere, in un unico volontario vincolo, tutti i liberi lavoratori italiani che, convinti della necessità di respingere un sindacalismo ispirato, fondato e diretto da correnti politiche e ideologiche, vogliono impostare il movimen-

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