vidualismo spinto, la non comunicabilità, l'incertezza sulla famiglia e sul futuro, la violenza diffusa sono, per tutti, ragioni di riflessioni circa la necessità di valori ultimi di riferimento. 1'l.tJ..BIANCO l.XltROS.SO liti@JiMt• Claudio Napoleoni prima della sua fine si interrogava sugli effetti derivanti, negli ultimi secoli, dall'esclusione di Dio dalla storia. E invitò tutti a cercare ancora. Una ricerca che non ha niente a che vedere con approdi neointegralisti ma orientata ad illuminare meglio il sempre difficile cammino degli uomini e delle società umane nella storia. Per una solidaleeconomia di mercato e ' è da domandarsi quanto il coro dei consensi, levatisi intorno alla «Centesimus Annus», non nasconda il desiderio di esorcizzarla e rimuoverla, nel tentativo di evitare un confronto imbarazzante con quella che appare, oggi, la più autorevole ed attuale espressione di insegnamento sociale. Autorevole ed attuale poiché gli eventi storici, la sconfitta del comunismo ed il vuoto spirituale del capitalismo, consentono a Giovanni Paolo II di poter riaffermare, che ancora oggi la questione sociale, non trova soluzione fuori dai valori dell'insegnamento cristiano. Con tanta maggiore legittimazione il Papa rilegge allora la «Rerum Novarum», rintracciando in quel testo una consapevolezza quasi profetica, rispetto alla cultura del tempo, dei prinéipi fondamentali di un ordinato ed equilibrato vivere sociale intorno alla concezione della persona umana e del suo valore unico. Fuori da ogni astrattezza l'Enciclica nel suo «guardare indietro», «guardare intorno alle cose nuove» risulta attuale ed autorevole nel dare letture convincenti e sentite delle cause della sconfitta del marxismo, che avendo eliminato la trascendenza dell'uomo, lo ha ridotto ad un meccanismo complesso di relazioni sociali, privandolo della libertà. In questo clima che rischiava di liquidare col marxismo anche le giuste istanze di giustizia che l'avevano generato, l'Enciclica respinge ogni tentazione di celebrare la vittoria sull'avversario scondi Franco Domeneghini fitto. Lo fa, nella maniera più convincente, ribadendo la fedeltà ai principi del magistero sociale della Chiesa, dando legittimazione alla lotta per la giustizia, la dignità del lavoro, l'affrancamento dalla povertà, che affligge tanti popoli della terra. Un'Enciclica «post-comunista» atta ad aprire una riflessione e aprire una strada sui destini dell'uomo, ormai privo di uno dei punti di riferimento politico-sociali, che inizia là dove comincia la caduta del muro di Berlino. Un'Enciclica rivolta agli orfani del marxismo, ma che mette in guardia questi popoli, ma non solo costoro, dagli eccessi del capitalismo occidentale. Come tale dunque affronta problemi universali che comprendono in sè categorie di pensiero, categorie filosofiche e pratiche comuni per l'insieme dell'umanità. Così facendo il Pontefice coniuga le tematiche critiche sul comunismo con quelle altrettanto critiche sulla esasperazione del sistema capitalistico occidentale. Capitalismo e sistema di mercato sono cose che vanno bene se sottomesse al bene di tutta la collettività, non dei singoli individui; se gli uomini, che costituiscono il patrimonio più prezioso, vengono considerati come una risorsa e non un costo. Una cornice ideale, religiosa e filosofica che non nega il capitalismo, ma ne reclama una profonda correzione. Poiché il capitalismo così com'è realizzato in gran parte del mondo, non può esse- • 60 . - - - -- - - - - -- re un modello politico e ideale per tutti i paesi dell'Est. La centralità dell'uomo, dei suoi bisogni, della sua dignità è il tema centrale di questa Enciclica per il prossimo secolo. Un secolo in cui l'economia deve essere posta al servizio dell'uomo, non deve subordinarlo alle proprie esigenze e asservirlo a nuove forme di schiavitù ed emarginazione. L'Enciclica fa proprie le inquietudini dei popoli per la civiltà dei consumi, alle quali il mercato e la democrazia non danno risposte, con il rischio di trasformare l'uomo in un meccanismo di produzione, consumo e distruzione. È attraverso la democrazia che si è riusciti, in passato, e si dovrà riuscire per l'avvenire, ad evitare che il sistema venga corroso dai tanti tarli che lo insidiano. A questo proposito, pur ribadendo che la fede cristiana non può imprigionare in rigidi schemi la mutevole realtà socio-politica, le preferenze verso la democrazia e la libertà come fondamento della dignità umana, sono nette e precise. Sono, però, altrettanto forti gli ammonimenti contro le deviazioni della democrazia quando essa fa prevalere la forza elettorale e finanziaria sulla giustizia e sulla moralità e quando ristretti gruppi, per interessi particolari, usurpano il potere dello Stato, facendo nascere sfiducia, apatia e indifferenza verso le istituzioni e la partecipazione alla vita collettiva.
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