Il bianco & il Rosso - anno II - n. 21/22 - ott./nov. 1991

.P.lLBIANCO l.XILROSSO Milkliild mato da tutte le forze di ispirazione socialista, saldamente ancorato alla tradizione del socialismo liberale ed alla esperienza del socialismo democratico europeo, potrebbe diventare una forte opzione politica per il cambiamento e l'alternativa. In ogni caso la sua esistenza reale, effettiva, visibile, a prescindere dal conseguimento o meno dalla maggioranza dei voti, varrebbe a creare condizioni dialettiche del tutto nuove nel quadro politico italiano, sottraendo alla Dc quella funzione di perno o fulcro degli equilibri pur nella sua congenita instabilità che rappresenta la più potente prerogativa politica di Il Iauismo ,i mandballaguerrae alladisfatta De Gasperi ,1 ricompensa conlamiseriae la fame VOTATE CONTRO I fflPONSABI.I DELDISONORE NAZIONALE PfR LAPACELARINASCITA DELMEUOGIORNO Le foto di questo numero riproducono i manifesti elettorali che la Dc e il Fronte popolare, Psi-Pci, produssero nei primi anni della Repubblica, all'incirca 1946-1953.Come si può vedere già da questa prima riproduzione il clima politico, dall'una e dall'altra parte, era piuttosto «forte», e primitivo, comunque non da rimpiangere. Ringraziamo in particolare, per il materia/e che abbiamo potuto reperire, la dottoressa Susanna Loi, dell'Archivio fotografico del Pds. quel partito. Com'è evidente, già questo sarebbe una svolta radicale. Cosa occorre per realizzare tutto questo? Quali i prossimi passi dopo quelli compiuti? Provo a rispondere. Primo: valori comuni di riferimento. Valori che non vanno ricercati in una sorta di imprecisato limbo che alcuni già definiscono «post-comunismo», bensì valori che già esistono e che affondano le loro radici nella tradizione socialista italiana, democratica e liberale. Un socialismo che non è stato mai dogmaticamente marxista e che ha resistito alle suggestioni prima, ed alle violenze poi, che venivano dall'universo comunista. Su questi valori, che in questi anni di divisione della sinistra, abbiamo avuto cura di preservare, aggiornare, integrare, si può oggi fondare una moderna cultura riformista. Con il contributo di tutte le esperienze e con il recupero del grande patrimonio comune di lotte accumulato in questi anni. Dunque: diritti e responsabilità, la tutela dei deboli, insieme alla capacità di rappresentare gli interessi generali del Paese senza scivolare nel corporativismo. Efficienza ed equità, garantendo le condizioni di libero mercato ed efficaci politiche redistributive. Insomma un solido impianto di moderna cultura di governo, condizione imprescindibile per elaborare un programma credibile e realizzabile di rinnovamento del Paese. Secondo: un programma di governo. Le questioni sono tutte lì dinnanzi a noi. Dalla riforma istituzionale ed elettorale, rispetto alla quale occorre mettere da parte le reciproche pregiudiziali per ricercare convergenze anche parziali, ai grandi problemi del risanamento del debito pubblico, della riforma fiscale, del sistema previdenziale, dei servizi pubblici, della lotta alla criminalità e alla corruzione, allo sviluppo del Mezzogiorno. Senza contare le scelte di politica estera per un ruolo attivo dell'Italia nel favorire la graduale integrazione dell'Europa orientale nel contesto comunitario o la soluzione del problema palestinese ed in generale a favore di un crescente effettivo rafforzamento delle Nazioni Unite come centro di governo dei conflitti regionali e come efficace propulsore di politiche redistributive a favore dei paesi poveri. Certo c'è un gran lavoro da fare, il tempo è poco e gli ostacoli ancora molti. Sarebbe un errore pensare che un disegno strategico di questa portata possa realizzarsi d'incanto. Occorrerà un forte spirito unitario, una convinzione profonda che non vi sono alternative a questa

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