8 mento associato con l'obiettivo della liberazione e della promozione integrale della persona. È visto però anche in funzione di un conflitto naturale in presenza di interessi diversi fra gruppi sociali, e ritenuto positivo quando è ricerca e lotta per la giustizia sociale. Il conflitto è escluso solo se chi lo promuove si rifiuta di riconoscere nell'altro la dignità della persona e se punta a distruggere ciò che gli si oppone. È una visione del sindacato che non cozza con l'idea di un sindacato riformista che è auspicabile si affermi unitariamente e in breve tempo nel nostro Paese. Un sindacato conflittuale e non antagonista, che assume la realtà in cui opera - a partire dall'impresa - come una realtà non da distruggere, ma da modificare secondo obiettivi di giustizia ed equità sociale. Nell'Enciclica si può individuare su queste tematiche un'ottica riformista. Non sembra però di vedere punti di collegamento chiari verso un socialismo riformista: manca un nesso con l'idea di ,P_fLBIANCO lXILRos&> l•H@iiitl democrazia economica verso la quale non orienta sufficientemente la definizione dei sindacati e del loro ruolo rispetto alla partecipazione. Questa - quando è richiamata - guarda più ad altri aspetti, ad esempio, là dove i sindacati vengono definiti come luoghi che «aiutano i lavoratori a partecipare in modo pienamente umano alla vita dell'azienda». C'è poi un aspetto da rilevare come carente: l'Enciclica non prende in esame - se non marginalmente - la presenza e il ruolo della donna. La presenza ed il protagonismo delle donne in questi ultimi anni nel mondo del lavoro sono una realtà omessa nel quadro delle novità. La stessa donna cattolica non può che vivere questa omissione con profonda amarezza. La visione spirituale di essere come l'uomo creatura di Dio, redenta dal Cristo, figlia di Dio chiamata allo stesso destino soprannaturale, la porta ad aspirare ad avere anch'essa un ruolo ed una responsabilità nella costruzione della società e del mondo. Ruolo e responsabilità - che se possono essere visti ancora legati a funzioni differenti come la maternità - non possono per altri aspetti essere relegati ad un rapporto di complementarietà con l'uomo. La complementarietà è vera se è reciproca ed è conseguenza dell'affermazione di due identità forti e sicure, proprio perché ambedue valorizzate nella loro libertà e nella loro dignità. Non affrontare questi aspetti rende più difficile per la Chiesa essere compresa dalle donne e dalla coppia anche nel richiamo alla responsabilità nella procreazione perché non si trasformi in scelte egoistiche. Nel complesso l'Enciclica ribadisce alcuni principi individuabili come quelli di un riformismo eticamente orientato, non contraddice pertanto l'evoluzione verso un socialismo, non delle ideologie, ma dei valori, fondamento insostituibile dell'azione politica per una reale modernità. Una continuità nuova per il terzo Millennio L a «Centesimus Annus» è un'ottima Enciclica. Ma essa non innova granchè il corso della dottrina sociale della Chiesa. Quanto c'è di nuovo non deriva da nuove idee della chiesa, ma piuttosto dalla utilità di tali idee per far fronte ai problemi nuovi delle società moderne e premoderne. Ed è proprio in forza dei mutamenti epocali avvenuti nelle società dell'Est dal 1989 ad oggi, che il pensiero della Chiesa, quello di oggi come quello di un secolo fa, acquista valore e convalidazione. La percezione comune, banalmente espressa, è che la dottrina sociale della Chiesa ha vinto, il marxismo nella versione storica ha perso definitidi Pietro Merli Brandini vamente, il capitalismo lascia aperti i problemi di dimensione tali da richiedere interventi risanatori. Come sempre la percezione comune coglie un fondo di verità, ma non è del tutto soddisfacente. In altre parole non rappresenta una base solida, tale da giustificare le reazioni positive o negative verso l'Enciclica. In molti segmenti della sinistra più o meno laicizzati e non solo della sinistra ci sono state adesioni entusiastiche ed insospettate. Si è voluto vedere nell'Enciclica l'indicazione di una nuova Terza Via, la spinta verso una nuova soluzione magica. Nel segmento del centro iaico più o meno radicale si è agitato lo spauracchio dell'egemonia papista se non addirittura dal cesaro-papismo. Nell'uno o nell'altro caso, sono tardivi tanto i riconoscimenti positivi, quanto quelli appartenenti all'area vetero-anticlericale. Se si rilegge la Rerum Novarum si ritrovano, con linguaggio certo inadeguato, e con riferimento a strutture sociali proprie della prima industrializzazione, tutti gli elementi che la Centesimus Annus giustamente valorizza. Certo la Rerum Novarum condannò esplicitamente il socialismo e diffidò del liberalismo in nome del rispetto della dignità umana, tanto nel suo aspetto in-
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