_{).tJ, BIANCO lXILROSSO lii•@JiltJi Per la comprensione di cattolicie <<laici>> L a «Centesimus Annus» è stata un messaggio in sintonia con le sensibilità che nella società sono cresciute e si sono radicate grazie anche agli eventi europei e mondiali di questi ultimi anni, ed in questo ha accomunato cattolici e non cattolici. Ha infatti innanzitutto ribadito alcuni valori che devono essere fondamento e motivazione per l'azione, e ha affermato che la ricerca della credibilità per la Chiesa sta nella testimonianza delle opere, prima che nella coerenza e logica interna del suo messaggio sociale. In un momento di crollo delle ideologie e di sfiducia verso i ceti dirigenti per la scarsa coerenza fra valori proclamati e valori praticati, un richiamo in tal senso non può che essere accolto con attenzione e anche con speranza. In fondo è un messaggio in campo sociale che viene da un Papa che ha reso evidente l'incisività della testimonianza delleopere. Ha riaffermato il valore della dignità umana, della giustizia e della libertà ispirata alla verità del Vangelo, e per questa via ha aperto un varco decisivo nelle società dell'Est ed ha sfidato il regime comunista nel rispetto dei diritti degli uomini e nel rifiuto di un potere che disprezzava gli altri. L'attenzione che ha accompagnato la «Centesimus annus» va però considerata all'interno del processo di attenzione reciproca e di dialogo che ha coinvolto Chiesa e Società dal Concilio Vaticano II. Proprio il fatto che si sia instaurato un dialogo - anche se costellato dal riemergere di nuove contrapposizioni soprattutto nel campo di alcuni diritti civili che coinvolgono scelte personali di vita - dovrebbe essere garanzia anche per il futuro di una crescita e di un arricchimento reciproco, nel confronto, tra cattolici e laici. Non dovrebbero crearsi condizioni culturali e sociali per nuove egemonie se le coeren- - - - di Anna Carli ze rispetto ad alcuni valori sono praticate - affrontando anche individualmente forti e dolorose contraddizioni - da tutti i fronti. È questa del resto anche la condizione perché l'unità politica dei cattolici non possa essere più affermata anche dalle gerarchie ecclesiastiche e soprattutto non rappresenti più un messaggio che fa presa sui cattolici. A questi ultimi è doveroso chiedere di non confondere Stato e Chiesa, religione e politica, ma è anche doveroso considerare che essi devono trovarsi di fronte a più opzioni che rendano individualmente compatibili l'essere cittadino e l'essere cattolico, guardando a sè stessi, senza mai astrarsi o dimenticare gli altri componenti della società e del mondo. L'Enciclica offre una lettura di molte tematiche. Soffermandosi a quella del lavoro è possibile affermare che sicuramente oggi - dopo l'azione del movimento operaio in questo secolo, riconosciuta valida anche da Giovanni Paolo II - essa trova consensi nella maggior parte dei lavoratori e delle forze sindacali. Prima di tutto è importantissimo che venga affermato che la ricchezza delle Nazioni industrializzate è tale se si concretizza in un diverso rapporto NordSud, senza danni per l'ambiente e le risorse naturali; e che è più tanto la proprietà di queste ultime, ma il possesso delle conoscenze, della tecnica, del sapere a determinarne la formazione. Questo è determinante per cogliere la natura e le cause di nuove discriminazioni e per comprendere meglio il senso che il lavoro deve avere nella vita di uomini e donne. Oggi è un sentire sempre più diffuso che - come afferma l'Enciclica - la principale risorsa dell'uomo, diviene l'uomo stesso. Il lavoro rappresenta ol57 tre che un'occasione «per avere», e liberarsi così di alcuni bisogni, anche un'occasione «per essere», per esercitare le proprie capacità, valorizzare le proprie attitudini, per esercitare le proprie libertà in una collaborazione con gli altri. Di conseguenza lo sfruttamento e l'emarginazione riguardano essenzialmente tutti coloro che non dispongono delle conoscenze e degli strumenti che consentono di poter decidere e scegliere come e dove prestare il proprio lavoro, vedendolo riconosciuto come una risorsa non solo per l'impresa, ma per l'intera società. Si riparla allora di alienazione ma non tanto come perdita di sé in un lavoro che costringe a divenire «forza» e quindi «merce», e come conseguenza di condizioni socio-economiche che si ritenevano superabili in una società di tipo collettivistico. È alienazione il lavoro vissuto «per avere», senza che questo diventi anche occasione «per essere» e per dare un senso alla propria esistenza. L'Enciclica offre una visione del lavoro che valorizza le individualità, ma rifugge dagli individualismi, affermando che la realizzazione come persona avviene più o meno «a seconda che cresca la sua partecipazione in un'autentica comunità solidale, oppure cresca il suo isolamento in un complesso di relazioni di esasperata competitività e di reciproca estraneazione, nel quale (l'uomo) è considerato come un mezzo, e non come un fine». A questo si accompagnano altre affermazioni dell'Enciclica sul sindacato che sono condivisibili e che rafforzano quanto affermato sul lavoro. Infatti il sindacato è visto non solo come soggetto di contrattazione, ma anche come sede di espressione della personalità del lavoratore e come movi-
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