Il bianco & il Rosso - anno II - n. 21/22 - ott./nov. 1991

di fronte alle «cose nuove» di oggi. L' «amen» non si rivela in questo o quel tema, valutazione, indicazione; nessuno dei ritornanti assi di riflessione proposti dalla Centesimus Annus può esser colto in realtà senza cogliere ed accogliere la prospettiva iniziale e continua che ad essa dà significato. Il punto di vista essenziale - sul quale naturalmente il consenso pattina - è che la Centesimus Annus è fondata sulla proclamazione della verità sull'uomo, immagine e somiglianza del Creatore, verità alla quale è costitutivamente legata ogni verità ed ogni giustizia«( ... ) Ciò che fa da trama e, in certo modo, da guida all'Enciclica e a tutta la dottrina sociale della Chiesa, è la corretta concezione della persona umana e del suo valore unico» (CA,11). Ecco il «paradigma permanente», rivelato in Gesù Cristo, il «fondamento che nessuno può sostituire» (annotazione insignificante o fastidiosa per tanti commentatori laici e non). Credo che solo accettando l'impatto ~JLBIAI\CO lXtLROS&) lit•@Oltl con una pure chiarissima e costante «presenza» sia possibile comprendere questa Enciclica, immergersi nel discernimento e nelle analisi, specie di alcuni avvenimenti della storia recente. Errori antropologici, alienazione diffusa (nel lavoro, nella vita, nelle società dell'Est come dell'Ovest, nei rapporti internazionali) nascono dalla stessa disobbedienza alla verità. La battaglia antiidolatrica continua verso i nuovi e antichi surrogati di quella verità. Come continua l'ansia di fraternità a fronte del terribile dramma che consuma nella miseria e nell'annullamento personale i quattro quinti del presente umano. Pochi, per il momento, appaiono turbati e tutti applaudono senza ritegno simile «verità». Nulla, come esprimere «consenso», appare più sottilmente e pericolosamente ipocrita. Così, il coro dei consensi alla Centesimus Annus sembra piuttosto l'altra faccia della non accoglienza, del rifiuto educato di una compromissione, la manifestazione di un paganesimo profondo e di un appagamento «a forza di parole» (Mt, 6). La cosa riguarda noi e non altri, sollecitati come siamo a vivere fino in fondo «all'incrocio dell'esperienza e della coscienza cristiana con le situazioni del mondo» (CA, 59). Può darsi che la Centesimus Annus, nonostante tutto, abbia deluso i più silenziosi amanti dello slancio profetico. Ma la questione vera, posta, appunto dal coro dei consensi, riguarda la disponibilità alla profezia. Forse, a 100 anni dalla Rerum Novarum, prima di guardare «indietro, intorno e al futuro», sarà bene guardarci «dentro», constatare una sordità dura alle parole che contano, reagire ad una povertà spirituale tragicamente diffusa e contaminante. Considerazioni intrattabili, inattuali, poco colte e poco politiche. È presto, ma occorre sperare: qualcuno, magari altrove e a tentoni, cercherà ancora di testimoniare con le opere le cose nuove che possono generarsi soltanto da «cuori» nuovi e liberi. • Etica ed economia: l'uomo al centro L a Centesimus Annus, più di ogni altra Enciclica sociale, chiarisce in modo inequivocabile la natura religiosa del messaggio di Giovanni Paolo II e dell'attuale insegnamento sociale della Chiesa. Lungi dal candidarsi a soggetto politico egemone e dal proporre improbabili «terze vie», la Chiesa, che cammina nella storia assieme agli uomini, mostrandosi fedele alla propria identità e missione religiosa, lascia che la verità cristiana sull'uomo illumini la scena planetaria. La preoccupazione evidente di Giovanni Paolo II è l'uomo, la sua dignità e il suo autentico sviluppo, che trovano pieno rispetto e realizzazione nel la libertà umana integrale «il cui centro - ,- - - - ~ - - - di Gianni Italia è etico e religioso». Da questo assunto muove tutta la riflessione della Centesimus Annus offrendo spunti analitici sulla crisi mondiale prodotta dagli eventi dell'89 e descrivendo l'emergenza di una nuova qualità sociale dello sviluppo. Non indica ricette ma le linee di un percorso che porti ad una sintesi nuova per la convivenza degli uomini sul pianeta. È un richiamo per tutti, credenti e non credenti, comunità ecclesiale, soggetti sociali, politici e istituzionali, a mettersi in discussione per ridare una forma storica - per questi tempi - al valore della solidarietà. In questa fase di grandi rivolgimenti storici, soluzioni certe non ve ne sono per nessuno, neanche per 53 i credenti, che non possono assumere la dottrina sociale della Chiesa come programma politico. Come gli altri e con gli altri invece, sono chiamati - sia pure con motivazioni differenti - ad offrire, nel solco della laicità un impegno sociale e culturale competenze professionali, trasparenza e onestà dei comportamenti, come contributo significativo al bene comune, al quale tutte le attività dell'uomo sono già orientate. Il pluralismo - con la caduta dei blocchi - si propone come condizione necessaria per realizzare il bene comune; non più limite ma risorsa per ricostruire un'etica della responsabilità. In linea con le altre Encicliche sociali, anche la Centesimus Annus, pur con-

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