cessario fare ricorso al messaggio della fede, collocare la natura umana nella prospettiva della natura divina, vuol dire, sul piano generale, considerare l'antropologia cristiana come «un capitolo della teologia» (n. 59) e, sul piano delle vicende della storia, poter prendere in considerazione una alleanza della Chiesa con gli uomini o, più realisticamente, con i gruppi e con i movimenti, per realizzare programmi politici. Ed è in questa luce che l'Enciclica propone di leggere i grandi mutamenti intervenuti, nel corso del 1989, nei paesi dell'Est. Essa infatti li attribuisce all'incontro avvenuto tra Chiesa e movimento operaio per una «reazione di ordine etico ed esplicitamente cristiano contro una diffusa situazione d'ingiustizia» (n. 26) e per la comune volontà di riqualificare l'iniziativa politica e sociale attraverso il suo riferimento al principio guida di «una integrale liberazione umana». È alleandosi alla Chiesa e recidendo i legami che lo hanno asservito per più di un secolo al marxismo, che il movimento operaio è potuto ridiventare protagonista della storia, della grande Storia. E, in egual misura, lo potrà essere in analoghe circostanze di subordinazione, come sono quelle del Terzo mondo. Le vicende della Polonia e dei Paesi dell'Est, dunque, sono presenti nella sensibilità del Papa polacco, ma sono viste come esempi di situazioni che non riguardano soltanto quei paesi. Quella alleanza, da una parte, legittima la soggettività e il ruolo politico del mondo del lavoro organizzato e, dall'altra, il ruolo secolare della Chiesa che, nei tempi della secolarizzazione, diventa esso stesso centrale, come ha fatto rilevare Baget Bozzo, configurando un suo diretto potere magisteriale sulle strutture della comunità politica. Tuttavia, l'incontro tra movimento operaio e Chiesa non si è realizzato, secondo l'Enciclica, sul piano del concreto agire politico, ma sul piano della cultura, come conseguenza della ricerca da parte del movimento dei lavoratori di una identità che né le sole categorie del- !' economia, né la dialettica tra gruppi o classi sociali sono state in grado di delineare, perché né le une né l'altra sono state in grado di fornire spiegazioni soddisfacenti degli eventi fondamentali del- !' esistenza e motivazioni sufficienti a giustificare un'organizzazione della so- .P.tt BIANCO lXltROSSO I it•#i il tJi cietà ispirata ai principi della libertà, dell'equità e della giustizia. In particolare 1'89 ha esaurito, in alcune realtà politiche, il momento negativo nella ricerca dell'identità, ma l'identità nuova non è ancora emersa, né, secondo l'Enciclica, essa va ricercata nella cultura del capitalismo occidentale. Capitalismo che appare incapace di rispondere alle grandi domande che vengono poste soprattutto dalle drammatiche situazioni di disuguaglianza esistenti nel mondo, dove soltanto il 130Jodella popolazione vive in condizioni di relativo benessere, dove esistono più poveri di quanti ne siano esistiti complessivamente nelle ere che hanno preceduto la nostra. Quali sono allora i valori capaci di sollecitare comportamenti coerenti e condivisi miranti alla «liberazione e alla promozione integrare della persona»? L'Enciclica ne fornisce un ampio ventaglio. lo ne ricorderò solo alcuni, con l'intento di fornire pochi elementi di riflessione sui modi in cui la cultura delle verità, più volte richiamata nell'Enciclica come sintesi dei valori promossi dal cristianesimo, può influire sull'operare politico. E sono: la democrazia, la cultura del lavoro e il diritto allo sviluppo. Una novità importante presente nell'Enciclica è l'indicazione e l'apprezzamento della democrazia come unico sistema politico legittimato moralmente (n. 46). Infatti, nel sistema democratico, il fondamento dell'obbligo politico,. e cioè il principio secondo il quale il potere viene accettato come legittimo, trova fondamento nel consenso di coloro ai quali il potere stesso si rivolge. Mai prima d'ora la Chiesa aveva proclamato in modo così chiaro ed esplicito il rispetto dovuto all'individuo in quanto persona, naturalmente dotata di moralità e di un fine suo proprio, che deve far valere nelle scelte politiche e nell'organizzazione sociale, perché la società è fatta per l'uomo e non viceversa. Inoltre, mai con altrettanta chiarezza, la Chiesa aveva sancito il principio che è legittimato soltanto quel potere che può far valere il consenso di coloro cui si rivolge, un potere quindi che nasce dal basso, che non poggia sull'autorità di chi lo detiene, ma sulla volontà dei cittadini. Dagli ambiti di una così vasta autonomia, tuttavia, secondo l'Enciclica bisogna escludere l'idea di coloro che -~- lii 50 . ., ., . .... - .., . - pensano che «la verità sia determinata dalla maggioranza o sia variabile a seconda dei diversi equilibri politici». A questo proposito, l'Enciclica fa osservare che, «se non esiste nessuna verità ultima la quale guida ed orienta l'azione politica, allora le idee e le convinzioni possono facilmente essere strumentalizzate per fini di potere». E prosegue sostenendo che «una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo». Ribadita la visione cristiana, non viene tuttavia messo in discussione lo spirito di autonomia e di laicità che deve guidare le scelte politiche: «La Chiesa rispetta la legittima autonomia dell'ordine democratico e non ha titolo per esprimere preferenze per l'una o per l'altra soluzione istituzionale o costituzionale. Il contributo che essa offre a tale ordine è proprio quella visione della dignità della persona, la quale si manifesta in tutta la sua pienezza nel mistero del Verbo incarnato» (n. 47). Bene ha fatto G. Gennari à ricordare, a proposito di alcune obiezioni avanzate da commentatori cosiddetti «laici», che laicità non sta ad indicare dei contenuti, ma un metodo di affermazione delle proprie convinzioni, e la scelta dei mezzi per affermarle e diffonderle. La cultura del lavoro. La rappresentazione cristiana del lavoro aveva tradizionalmente oscillato tra l'accettazione rassegnata della sua inevitabilità al fine di soddisfare le necessità dell'esistenza e l'enfasi sul ruolo che esso rivestiva nel proseguire l'atto creativo iniziale di Dio, anzi - di più - nel rendere visibile il processo di creazione del mondo. Anche in questo caso, l'approccio dell'Enciclica si presenta come un approccio «laico» e descrive il lavoro sì come strumento per produrre ricchezza, ma soprattutto come valore, come componente essenziale ed insostituibile della «vocazione di ogni persona». Attraverso il lavoro, l'uomo esprime le sue capacità e la sua personalità, realizza la sua identità personale e il suo riconoscimento nell'ambito delle relazioni collettive. In un clima di generale deprezzamento e di svalutazione della cultura del lavoro, operati dalla cultura del consumismo che le è subentrata, la Chiesa addita il lavoro come un valore essenziale per dare senso alla vita e al-
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