ramente degnati dal Nobel o candidati ad esso) che esercitano una continua sorveglianza per impedire lo scivolamento definitivo della disciplina nella retorica e nel formalismo. La Chiesa sembra rendersi conto perfettamente che ogni messaggio religioso deve passare, in una società lontana da Dio, attraverso un nuovo legame antropologico da porre a fondamento della società stessa. È su questo legame che fonda la sua critica. Da questo punto di vista sembra accettare alcuni grandi insegnamenti della morale laica. Quello che traspare, ad esempio nelle efficaci parole di Fred Hirsch (nei Limiti sociali dello sviluppo): «Minor amore verso Dio comporta maggiore amore verso l'Uomo». Gli argomenti sollevati dall'Enciclica riguardano la proprietà (sotto l'aspetto dell'universale destinazione dei beni), l'uomo come risorsa fondamentale del processo economico, il mercato come strumento efficace di allocazione solo per quei bisogni a quei beni che sono ammessi o vendibili entro il mercato stesso, l'alienazione come perdita di au- .PJLBIANCO l.XltROSSO lit•@Olil tenticità e trascendenza, il pluralismo come forma privilegiata di organizzazione della società. Ciascuno di questi temi si ricollega a questioni o a problemi di grande rilievo nelle società contemporanee, in modo tale che l'orientamento etico proposto è di grande vicinanza a tutti gli uomini di oggi. Una vicinanza che, per l'efficacia della argomentazione, non ha mai bisogno di ricorrere al collante facile delle ideologie. L'universale destinazione dei beni richiama la questione ecologica: «l'umanità di oggi deve essere conscia dei suoi doveri e compiti verso le generazioni future» (cap. 37). L'uomo come risorsa fondamentale richiama la necessità di «una società del lavoro libero, dell'impresa e dalla partecipazione» (cap. 35). Il mercato come strumento imperfetto ricorda che «un qualcosa è dovuto al1'uomo perché è uomo» (cap. 34), così come l'esistenza di «beni che, in base alla loro natura, non si possono e non si debbono vendere e comprare (cap. 40)». L'alienazione richiama quell'inversione tra i mezzi e i fini che così ripetutamente si compie nelle società fondate sul consumo: «è alienato l'uomo che rifiuta di trascendere se stesso e di vivere l'esperienza del dono di sé» (cap. 41). Il pluralismo e la valorizzazione (tradizionale) dei corpi intermedi ha di fronte un individuo «spesso soffocato tra i due poli dello stato e del mercato» (cap. 49). La Chiesa, si dice nell'Enciclica, «non ha modelli da proporre» (cap. 43). Ed è vero, nel documento pontificio non si commette questo errore. La Chiesa piuttosto intende offrire un «indispensabile orientamento ideale» (ib.). Forse a qualcuno non piacerà l'odore di integrismo che nasce da quell'aggettivo: «indispensabile». E tuttavia molti avranno tratto un sospiro di sollievo scoprendo quanta autorevolezza veniva data dal1 'enciclica a tutti quegli argomenti delle scienze sociali e della filosofia politica di questi ultimi decenni che hanno respinto la visione di una convivenza sociale fondata a partire da una prevalente logica di mercato. Sotto questi aspetti, se Dio vuole, non ci sono stati effetti perversi della drammatica caduta dei comunismi! Un'anima per la società Un'etica per il lavoro D a parte di alcuni è stato posto il problema se l'Enciclica di Giovanni Paolo II «Centesimus Annus» debba considerarsi un documento religioso oppure un documento politico. C'è chi ha affermato che l'insegnamento teologico sembra subirvi un processo in cui la fede si diluisce in etica e impegno umanistico e chi, invece, sottolinea che la dottrina sociale della Chiesa, anche in questa Enciclica, rivendica come unico suo valore di rappresentare uno strumento di evangelizzazione. Nel tentativo di stabilire che cosa l'Enciclica è, pur con la sincera intendi Raffaele Morese zione di sottrarla alle limitazioni e alle semplificazi ni di errate letture, sia gli uni che gli altri corrono, però, il rischio di ridurne, nei fatti, la portata. Quando infatti la si consideri esclusivamente come documento religioso, ne risulta attenuata la forza dell'analisi antropologica e politica che essa sviluppa sui mali della società e sul suo cambiamento, e inevitabilmente sbiadiscono le indicazioni di politica economica e sociale in essa contenute. E, all'opposto, quando si sottolineano soltanto questi ultimi aspetti, rischia di uscirne indebolita l'autorità e l'urgenza etiche. Si tratta, in realtà, di un testo complesso che interpella gli individui e il mondo moderno sui grandi temi della vita individuale e associata, dove la dimensione religiosa non può essere separata, pur trascendendola, dalla dimensione umana. L'etica non è in cielo - è narrato nella conclusione di un apologo talmudico - ma il cielo - dice il Vangelo - «non è né qua, né là»: è dove si trovano gli uomini. Discendono da questa premessa due considerazioni. Il fatto che, per conoscere l'uomo, «l'uomo vero, l'uomo integrale», come diceva Paolo VI, sia ne-
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