Il bianco & il Rosso - anno II - n. 21/22 - ott./nov. 1991

rattere cristocentrico della sua teorizzazione ed antropocentrico della sua prassi, verso la ribadita volontà di ri-evangelizzazione del mondo? In questo senso, non posso non concordare con quanto scriveva Cristiano Franceschi sul Paese Sera del 23 maggio '91 intorno a «Questo nuovo bisogno di sacro», testimoniato anche dall'accoglienza fatta a questa Enciclica. Lascio ad altri l'analisi e il commento delle proposizioni più immediatamente economiche dell'Enciclica, anche se mi sembra probabile che sia stata la propensione ad una sorta di «libertà regolata» a costituire la base su cui si è fondato in buona parte il suo successo nel pubblico americano ed in genere nei paesi a capitalismo avanzato anche se mi sembra difficile che l'economia della rinuncia possa, di per sè, garantire una maggiore uguaglianza. Vorrei invece discutere altri aspetti, forse meno immediatamente evidenti ma non per questo di minore rilevanza. Mi sembra che l'Enciclica non dia sufficiente spazio e rilievo alla presenza e al ruolo delle altre religioni: questo, sia con riguardo alle grandi religioni monoteistiche, sia con riguardo a più circoscritte forme religiose. Eppure, l'Islamismo è diventato ormai la seconda religione in Europa (cfr. di Felice Dassetto e Albert Bastenier, Europa: nuova frontiera del1'lslam, Edizioni Lavoro, Roma, 1988) e in Italia come altrove esiste ormai una compresenza di forme religiose di diversa origine e provenienza. Sono ad esemi.)_tJ, BIANCO UJtROSSO ■ 1111-.-tJ i I I• pio ormai diffuse in Europa diverse sette buddhiste, arrivate a noi per le due diverse vie del passaggio dall'India alla Cina e al Giappone, oppure dall'India attraverso lo Sri Lanka, la Birmania e l'Indocina (cfr. Yasuji Kirimura, La filosofia buddista. Principi fondamentali, Edizioni Il Nuovo Rinascimento, Firenze, 1988), sono diffusi numerosi «nuovi movimenti religiosi». Di questi, la chiesa cattolica si è ricordata anche recentemente, riconoscendo che la loro presenza risponde a istanze di spiritualità, di significato, di ricerca: salvo poi però a parlarne in toni allarmistici, e a relegarli nella irrilevanza quando si parla del mondo contemporaneo nella Centesimus Annus. Mi viene in mente un libretto di Luigi Sandri, Dio inpiazza rossa (Claudiana, Torino, 1991), in cui si rivà al fallimento delle trattative tra Patriarcato di Mosca e Vaticano, alle scomuniche reciproche fra chiesa di Mosca e chiesa «Russa in esilio». L'Enciclica, da questo punto di vista, non serve a dissipare le preoccupazioni di chi si domanda se prevarrà nelle chiese uno spirito di apertura o non piuttosto tentazioni di potere. Un'altra notazione, legata in parte a quanto detto sin qui, va fatta, e riguarda l'impostazione eurocentrica del documento pontificio. Si tratta di un motivo che è stato, in qualche misura, sottolineato in alcuni commenti, e che in effetti è di particolare interesse dato il periodo storico che stiamo vivendo, dato il rilancio dell'idea di Europa ma TUDEVIDIRE: lo PERIMPEDIREAl COMUNISTI L'INGRESSONELLE AMMINISTRAZIONI CIV CHE -17 - - --- - - ~ - -- anche il dibattito intorno ai significati e ai contenuti dell'idea di Europa. L'Europa infatti ha visto nel tempo modificati drasticamente i propri confini, ha vissuto, come ha egregiamente ricordato Krysztof Pomian, storico di origine polacca (L 'Europe et ses nations, Gallimard, Paris, 1990)momenti e tendenze sia centrifughe che centripete, giungendo di volta in volta ad equilibri sempre delicati e instabili. Alcune grandi sintesi, certo, si sono verificate: una di queste è stata guidata in un passato non troppo lontano dall'impero austroungarico. Ma pur essendo perfettamente consapevoli del fascino che emana da certe rievocazioni - basti pensare al nome di Joseph Roth - sarebbe quanto meno utopistico credere nella futura Europa come in un tutto unico da un punto di vista culturale, politico e religioso. In realtà non credo che si possa affrontare la complessa tematica della società contemporanea, del crescente divario fra il Nord e il Sud del mondo, se'nza ridiscutere certe tradizioni culturali, certi equilibri sin qui dati per scontati. Non mi sembra sia possibile parlare di povertà del terzo mondo e difenderne contemporaneamente gli alti tassi di natalità, incoraggiare alla procreazione le nazioni europee. La nostalgia di un'Europa cristiana, in cui la buona volontà e l'economia della rinuncia portino a rapporti più equilibrati, a partire da una guida illuminata, non mi sembra tener conto dei profondi rivolgimenti, storicamente ed economicamente indotti, che hanno investito anche l'Europa, méta ormai Liiampi flussi migratori dal!' Asia, dal1 'Africa, dall'America Latina. Sono migrazioni che investono intere nazioni, che indicano tendenze future, che vedono protagonisti uomini e donne giovani, che rappresentano le più vive risorse dei paesi di origine, che portano con sè tradizioni culturali, valori religiosi diversi dai nostri. Massimo Cacciari (L'Unità 4 maggio '91) parlava delle sue attese deluse rispetto a questa Enciclica, spiegava di essersi aspettato «una Enciclica più alta sotto il profilo teologico-filosofico». Forse, se non altro, ci si sarebbe potuti ragionevolmente attendere una visione più universale, in cui fossero co-prota-goniste le altre chiese, in cui avessero pari dignità di considerazione le popolazioni del Sud del mondo, le istanze di futuri equilibri che andranno ben al di là dell'Europa.

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