Il bianco & il Rosso - anno II - n. 21/22 - ott./nov. 1991

La Chiesa riaffermando costantemente «la trascendente dignità della persona umana» rispetta la libertà di tutti, maricorda che tale libertà «è pienamente valorizzata soltanto dall'accettazione della verità» (C.A. 46). Per il credente la verità assoluta e definitiva è il Cristo, il quale ~lJ.BIANCO '-XltROSSO I iti@O50• esige adesione totale sia alla persona che alla dottrina. Il Magistero sociale della Chiesa è una componente essenziale di tale dottrina. Salutare con consensi un'Enciclica come la Centensimus Annus è un segno positivo, ma non esaustivo se non si accettano anche i contenuti che essa propone. L'Enciclica può essere considerata la carta programmatica per il salto al terzo millennio. È fondamentale costruire la societàdel futuro sullebasi della fraternità, della solidarietà, della giustizia e della verità. Solo così il consenso di un giorno si trasforma in consenso di vita. Tutti d'accordo. Con qualche rischio nascosto L ' Enciclica papale Centesimus Annus reca la data del 1 ° maggio, festa dei lavoratori. Una data quindi emblematica, simbolicamente rilevante. Proprio perché si tratta di un documento papale sarebbe stato ragionevole attendersi una certa rispondenza in area cattolica, e infatti non è mancata in questo campo la percezione dell'importanza di questo testo, che traccia una linea di continuità con l'insegnamento sociale di Leone XIII. Se ne sono infatti occupati i giornali e le principali riviste di ispirazione cattolica, dalla gloriosa rivista dei gesuiti, «La Civiltà Cattolica», fino al più recente mensile di problemi sociali e politici dei Dehoniani, «Studi Sociali» che all'enciclica hanno dedicato ampi spazi e un notevole sforzo di approfondimento dei singoli aspetti, di delucidazione degli spunti suscettibili di sviluppi futuri. Si tratta, dice Franco Gualtieri, introducendo il n. 6 (giugno '91) di «Studi Sociali» interamente dedicato alla Centesimus Annus di «magistero ordinario e universale» del pontefice, il quale «parla a nome e con l'autorità della Chiesa che ha una caratteristica fondamentale: quella di essere pneumatica, cioè ripiena dello Spirito e guidata dallo Spirito... Va... tenuto sempre presente che le direttive del Papa, che condannano errori o riassumono l'insegnamento della Chiesa su un determinato argomento, sono e restano obbligatorie per noi cristiani» (p. 4). È evidente quindi l'interesse, comdi Maria Immacolata Macioti prensibili le attese e i riscontri in area cattolica intorno a un testo papale di ampio respiro, che si richiama al magistero ordinario e universale della Chiesa, che tocca temi attuali e scottanti in un'epoca profondamente travagliata, che ha visto da poco il crollo delle speranze nel socialismo reale dell'Est europeo. Ma la Centesimus Annus non è stata letta e commentata solo fra credenti. Ne hanno parlato a lungo i quotidiani laici, sono intervenuti i mass media discutendone in più forme, con una larga convergenza di pareri favorevoli, di riconoscimenti. L'Enciclica è diventata, in breve tempo, un best seller; in quindici giorni ha sfiorato le 100.000 copie vendute. Mi sembra quindi che sarebbe necessario in prima istanza riflettere su questo fatto. Quale è stato il punto nevralgico che ha coagulato consensi, che ha provocato questa ampia risonanza? L'Enciclica è tata recepita solo come una condanna del capitalismo ateo, come una critica ai consumi e agli egoismi occidentali? E ancora: come mai, in area laica, poche sono state le voci che hanno sollevato dubbi, evidenziato riserve? Fra i pochi che non hanno seguito questa scia di consensi e approvazioni mi sembra vada ricordato un pezzo di Merit ne Il Sole 24 ore (5 maggio '91) dal titolo «Bollicine d'Italia, viva il Papa!». L'autore citava una frase pronunciata, sembra, da Toscanini di fronte ad uno spartito che gli era stato sottopoI 46 L - - --- - - - - -- sto: «Ci sono delle cose belle e delle cose nuove: ma le belle non sono nuove e le nuove non sono belle». Al di là comunque dei consensi - molti - e dei dissensi - pochi - mi sembra che un primo punto interessante sia il comprendere i perché della ampia attenzione al testo: si tratta del riconoscimento della rilevanza politica della Chiesa cattolica ai nostri giorni? Si tratta forse di un implicito riconoscimento del ruolo svolto dal papa nei paesi dell'Est? Eppure, il testo viene proposto come un insegnamento eminentemente religioso (è stato presentato dal pontefice, nell'udienza generale del I O maggio, con queste parole: «La Chiesa affronta le sfide del tempo, tanto diverso da quello di Leone XIII, ma lo fa nel medesimo spirito: lo fa secondo lo Spirito di Dio, cui il mio Predecessore obbedì nelle sforzo di rispondere alle speranze ed alle attese del suo tempo») in un contesto che si suppone fortemente secolarizzato e desacralizzato. In realtà, la società contemporanea, in Italia come altrove (persino negli Stati Uniti) ha mostrato interesse e attenzione versOla voce del pontefice, nei confronti della sua proposta di evangelizzazione, verso il suo sistema di pensiero inteso in senso ampio. Non bisognerà allora sospendere il giudizio circa la consistenza del processo di secolarizzazione della società contemporanea, così attenta comunque verso la proclamazione del ruolo di missione della Chiesa cattolica, verso la riaffermazione del ca-

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