Il bianco & il Rosso - anno II - n. 21/22 - ott./nov. 1991

..l).tL BIA!\CO l.Xll,R~ 1111 &\iiltl Oltre • 1 consensi di facciata • un nuovo impegno L a stampa occidentale ha salutatato con ampi consensi la Centesimus Annus. I giudizi hanno sottolineato che nell'enciclica il papa ha accettato il sistema capitalistico. Nei precedenti documenti - secondo alcuni critici - veniva trattato in parallelo con il comunismo e il socialismo reale. Ciò poteva apparire solo ad una lettura superficiale. Di qui le riserve e le preoccupazioni da parte di ambienti capitalistici. In verità chi leggeva i documenti del magistero con occhio critico non faceva difficoltà a rilevare il giudizio distinto che il magistero pronunciava per l'uno e per l'altro. Non perché i sommi pontefici trattavano metodologicamente insieme i due sistemi li accomunavano sullostesso piano e li identificavano. La condanna del capitalismo è radicale nella misura in cui questo ha dato luogo a realizzazioni storiche esasperate, lesive della dignità dell'uomo e della giustizia. Analogamente la condanna del comunismo «ateo» è radicale per il suo contenuto, e anche per i suoi metodi disumani. Non v'è dubbio che al crollo del comunismo come sistema politico ed economico ha dato un grande contributo laChiesacattolica. Ma la Chiesa non intende con ciò avallare tutti gli elementi del neocapitalismo. L'enciclica Centesimus Annus riprende le motivazioni che hanno indotto Pio XI con la Quadragesimo anno, Giovanni XXIII con la Mater et Magistra, Paolo VI con la Populorum progressio, il Concilio Vaticano II con la Gaudium et spes e GiovanniPaolo II con la Laborem exercens e la Sollicitudo rei socialis a formulare giudizi severi sul capitalismo. Glielementi deteriori sono denunciati da questi pontefici con implacabile fermezza.Il capitalismo è un sistema complessoche non può essere ridotto a una merafunzione economica: contiene una di Alfredo Luciani filosofia, una visione dell'uomo e della storia. Gli elementi deteriori riguardano soprattutto il criterio economico basato sul massimo profitto senza tener conto della solidarietà e della giustizia sociale. Questo coinvolge anche il primato dall'uomo che la dottrina sociale della Chiesa sostiene non tanto nei confronti del lavoro, quanto nei confronti del capitale. Anche senza volerlo si può essere imbevuti di spirito capitalistico. Il punto cruciale però è la visione dell'uomo che non è solo soggetto di produzione e di consumo. Ogni essere umano è persona con la sua dignità e i suoi diritti chiamato a realizzarsi in comunità con gli altri esseri umani. Tale realizzazione si esplica nella storia, in questo mondo, ed avrà il suo compimento oltre la storia. La dimensione spirituale, trascendente, è il vero divario che esiste tra la concezione dell'uomo cristiano e la visione dell'uomo capitalistica. Il consenso espresso alla Centesimus Annus da parte del mondo capitalista si è esaurito nello spazio di un giorno e la lettura non va oltre il puro aspetto economico relativo al crollo del sistema comunista. Infatti, i temi dell'Enciclica, i dibattiti, i convegni per approfondirla non hanno avuto più nella stampa italiana risonanza. Sembra che sull'Enciclica sia stato fatto calare il sipario del silenzio. Ad arte? Per non inquietare le coscienze? Per non avallare le pressanti esigenze di coloro che sono senza voce e senza beni? La Chiesa è rimasta sola in un mondo dominato da una duplice contraddizione. Quella costituita dai popoli ricchi che diventano sempre più ricchi, e l'altra formata da popoli, e sono i più, che diventano sempre più poveri. È la denuncia di Paolo VI che è sempre attuale e che costituisce la vera sfida al capitalismo. D'ora in poi il capitalismo non avrà più l'antitesi nell'economia collettivizzata essendo rimasto l'unico protagonista a gestire l'economia del futuro. Ciò è avvalorato dal fatto che il Magistero sociale della Chiesa non propone un sistema alternativo al capitalismo, né un sistema rettificato che possa succedere a quello comunista. Il Magistero ripete continuamente che la Chiesa non ha una ricetta per risolvere i problemi economici e politici. Rivendica però che è suo diritto e dovere enunciare principi, in coerenza con il Vangelo, che siano poi di guida e di orientamento ai cristiani e anche ai non credenti per costruire una società più giusta e più libera. Questa è la «terza via» che non pochi attribuiscono alla Chiesa. In verità la Chiesa formula delle proposte collegate ai principi del Vangelo e affida ai credenti di tradurle in pratica nel loro contesto storico. L'Enciclica indica i nuovi spazi e le nuove frontiere dove occorre trasferire la presenza cristiana per conferire allo sviluppo attuale un equilibrio sociale, politico, economico non solo tra nazioni dello stesso continente, ma di dimensioni planetarie. La giustizia deve essere integrata dalla solidarietà e dalla partecipazione di tutti i popoli alle risorse e ai beni della terra. Così suppone una maggiore comprensione tra i popoli e un dialogo permanente tra gli Stati e gli organismi internazionali. È sul terreno dei bisogni dell'uomo e dei diritti dei popoli che si qualifica un sistema economico. I consensi parziali ed effimeri eludono questi problemi, la cui soluzione offre l'indice di civiltà. L'umanità progredisce non nella maggiore produzione dei beni e nell'accrescimento dei consumi, ma nella misura in cui rispetta l'uomo, la sua dignità, i suoi diritti garantendone lo sviluppo integrale.

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