-"-tl• BIANCO lXltROSSO l•tiAAOMtl Una autentica originalitàmetodologica T ' attenzione prestata all'Encicli- L ca Centesimus Annus è stata certamente intensissima e diffusa in pressoché tutti gli ambienti religiosi, ma anche politici, sociali e culturali del mondo intero. Il primo risultato di ciò è stato l'aprirsi di un ricco dibattito sui principali contenuti di questo nuovo documento del Magistero sociale della Chiesa; tuttavia, se si scorre l'indice di quanto è stato detto e scritto, non si può non constatare il fatto che quasi nessuno si sia preoccupato di tentare un'analisi, magari solo iniziale, del metodo con cui questo documento è intessuto. Non si tratta di una lacuna di poco conto, perché se è vero che questa Enciclica contiene alcune importantissime novità d'analisi e quindi di contenuto, è altrettanto vero che in essa è dato ritrovare perlomeno anche un'evidentissima novità di accento metodologico. Anzi, a volereessereprecisi, questa Enciclica pone una cura particolare nell'illustrare il proprio metodo, quasi a volere sottolineare il fatto che le sue affermazioni di contenuto obbediscono e sono state rese possibili dal particolare metodo messo in opera. Se a questa prima osservazione si aggiunge poi quella che molti dei pur importanti contenuti dell'Enciclica sono presentati da Giovanni Paolo II come un'analisi di alcuni fatti della storia recente che «tuttavia, non intende dare giudizidefinitivi, in quanto di per sè non rientra nell'ambito specifico del Magistero» (n. 3), allora il rilievo e l'importanza dell'impianto metodologico si propone in tutto il suo giusto risalto. Infatti, premesso che il contenuto dell'analisi storica va pensato come ultimamente aperto a sempre ulteriori precisazioni, in quanto gli oggetti di cui si occupa sono per loro natura dinamici e sottoposti a una continua modificazione e rettifica, ne viene che tale contenudi Marco Cangiotti to dipende sostanzialmente dal suo momento formale, ossia dal metodo attraverso il quale è stato raggiunto e elaborato. La conclusione che così s'impone è che se si voglia davvero individuare e comprendere il cuore della Centesimus Annus, occorra spostare preliminarmente l'attenzione dai suoi contenuti al suo metodo, perché esso ne rappresenta la vera struttura portante. Lo scriba evangelico La guida migliore per addentrarsi nel cuore strutturale della Centesimus Annus è rappresentata dalla sua Introduzione. Al n. 3, infatti, Giovanni Paolo II afferma di essersi ispirato alla immagine evangelica dello Scriba che, divenuto discepolo del Regno dei cieli, e simile a un padrone di casa che «sa trarre cose nuove e cose antiche» (Mt. 13, 52) dal suo tesoro. Per capire in cosa consista l'indicazione metodologica contenuta in questa immagine evangelica dobbiamo rifarci alla ermeneutica con cui il Papa esplicitamente l'accompagna, e a ben vedere essa si articola in almeno tre punti. Prima di tutto, Giovanni Paolo II afferma che non solo Lui si è riferito, nell'esercizio del proprio ministero magisteriale, a questa figura, ma tutti i Pontefici nel corso della storia. Ciò sta inequivocabilmente ad indicare che il contenuto metodologico in essa adombrato viene considerato dal Papa come qualcosa di peculiare allo stesso cristianesimo e, dunque, come qualcosa che, a differenza dei contenuti dell'analisi, è in qualche modo essenziale e perenne. In secondo luogo, il Papa chiarisce che questo metodo inerisce alla strutturazione di quel fenomeno decisivo per la vita della Chiesa che è la Tradizione: il metodo in questione rappresenta il procedere stesso della Tradizione della Chiesa. Infine, Egli precisa i tratti concreti di questo metodo: si tratta del continuo incontro fra il «tesoro» delle «cose antiche, ricevute e trasmesse da sempre», e le «cose nuove, in mezzo alle quali trascorre la vita della Chiesa nel mondo» (n. 3). Cose antiche e cose nuove; le prime sono il patrimonio fatto dalle verità rivelate e dalla sapienza ereditata nel corso dei secoli, patrimonio che oltre alla sua immutabile forma originale ha anche dovuto e saputo solidificarsi in cultura e esplicitarsi in dottrina. A loro volta, le cose nuove non possono che essere identificate con la viva e pulsante vicenda storica dell'umanità e di ogni singolo uomo, con l' hic et nunc del presente. Giudizio e azione Seguendo le indicazioni che ci vengono dalla stessa Enciclica, abbiamo guadagnato un primo importante traguardo: il discorso del Magistero sulla realtà politica e sociale non si basa sulla semplice analisi strutturale di questa realtà, ma sull'incontro che si verifica fra essa e quell'insieme di articoli di fede, note di dottrina e contenuti culturali che la Chiesa riconosce come costitutivi della propria identità. Tuttavia, se ci chiediamo come concretamente si articoli, come avvenga di fatto l'incontro in questione, siamo costretti ad entrare in un'ulteriore complessità e, soprattutto, a renderci conto che questo incontro non ha affatto la natura di un avvenimento statico e solo teorico, bensì quella di una realtà dinamica e vivente, fatta di giudizio ma anche di azione, o meglio, di giudizio che si fa azione e di azione che diventa giudizio. Il giudizio. Osserva Giovanni Paolo II che le cose antiche, il tesoro a cui lo scriba attinge, consentono «di leggerele cose nuove» (n. 3), ossia di frequentare la realtà presente con una particolare intelligenza di essa, afferrandone tutto il
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