Il bianco & il Rosso - anno II - n. 21/22 - ott./nov. 1991

vaccino, un bambino su tre di quelli che esistono al mondo soffre di malnutrizione, e milioni di bambini muoiono di fame. La scienza apre nuovi orizzonti, molti alibi più o meno storici stanno cadendo molte energie che si dichiaravano impegnate nella «difesa dal comunismò» dovrebbero oggi essere disponibili e a chi dichiara che il sole del1'avvenire non si può più sperare sorga ad est, la Chiesa ha diritto di chiedere quale sia il futuro ... ad ovest. Al di là dell'economia di mercato e di schieramenti politici la Chiesa non .Pll, nl.-\NCO l.Xll.llOSSO ■nn:eoat1 può non chiedere ai partiti e alla classe politica delle risposte ai grandi temi della vita e della morte oggi sempre più attuali: possiamo decidere se e come nascere, come modificare l'eredità ecome incidere sulla ingegneria genetica; c'è chi propone oltre l'aborto, gli esperimenti sugli embrioni; esistono le banche del seme, le possibilità di fecondazione omologa ed ancheeterologa, si discute se come si possa usare il corpo umano, che è stato introdotto, nel bene e nel male, nel mercato e dei rapporti fra accanimento terapeutico ed eutanasia. La scienza pone dei problemi che nella società vanno risolti con precise risposte etiche che investono alla radice il rapporto fra l'uomo, la natura e la morale. E allora più che ridurre la «Centesimus Annus» ad una rimeditazione aggiornata della Rerum Novarum è necessario porsi il problema di come sia possibile oggi un nuovo rapporto fra Chiesa e impegno politico in una realtà storica nella quale le fondamenta etiche degli Stati e delle convivenze umane sono, come non mai, in discussione. Un insegnamento «alto» con qualche rischio L a Centesimus Annus, per molti di coloro che hanno inteso l'impegno politico e sociale come un modo per «avere più giustizia sociale» non può che essere salutata con favore. Molte delle affermazioni in essa contenute come «fondamenti o principi» sono del tutto condivisibili. Mi riferisco alla più volte ripetuta «centralità dell'uomo» e alla «dignità del lavoro»; al concetto di Stato «non neutrale» rispetto alla «giustizia sociale»; alla sostanziale modifica del significato di «proprietà privata» che, da «diritto naturale», è diventata «valore non assoluto». Vi è poi il forte richiamo ai valori di libertà e di democrazia come regole comuni di convivenza tra tutti i cittadini credenti e non credenti. Vale la pena di ricordare qui uno degli insegnamenti di Paolo VI che, in occasione dell'ottantesimo anniversario della Rerum Novarum, ricordava che «l'insegnamento sociale della Chiesa non è una ideologia e che spetta ai cristiani il compito di applicarli sotto la loro responsabilità». È anche utile seguire l'invito del Papa a «guardare intorno» alle «cose nuove». Questo guardare alle cose nuove ha di Luigi Vertemati già comportato una significativa modifica del linguaggio anche nei documenti più solenni della chiesa. Leone XIII parlava di «questione sociale», Giovanni XIII di «socialità», Paolo VI di «insegnamento sociale», Giovanni Paolo II di «Dottrina sociale». Non si tratta di questioni marginali, è la testimonianza di un diverso approccio ad un tema centrale della società industriale e della mondializzazione dell'economia che impongono, o inducono, la Chiesa cattolica a dare più spazio alle «questioni del lavoro». Personalmente considero anche importante l'uso di parole mutuate da altre «dottrine» o da altre esperienze politiche. Nell'Enciclica si parla di: «Questione operaia, di impegno e lotta, di lotta contro un sistema, di mercato regolato». Più oltre l'Enciclica dice: «Tuttavia il profitto non è l'unico indice delle condizioni dell'azienda. È possibile che i conti economici siano in ordine ed insieme che gli uomini, che costituiscono il patrimonio più prezioso dell'azienda, siano umiliati ed offesi nella loro dignità», e aggiunge: «Scopo dell'impresa, infatti, non è semplicemente di produrre profitto, bensì l'esistenza stessa dell'impresa come comunità di uomini». Anche i compiti dello Stato e dell'intera società vengono indicati come orientati a «provvedere alla difesa e tutela dei beni collettivi». Tali beni, secondo il Papa, vanno tutelati prima del diritto di proprietà privata che resta subordinato alla «destinazione comune dei beni creati». Va anche sottolineato il particolare significato che assume l'affermazione per la quale «La Chiesa non ha modelli da proporre». «I modelli reali e veramente efficaci possono nascere nel quadro delle diverse situazioni storiche ... A tale impegno la Chiesa offre, come indispensabile orientamento ideale la propria dottrina sociale». Da questa Enciclica si conferma un orientamento, emerso sempre più forte negli ultimi decenni, di una Chiesa che vuole contare nella organizzazione della società indicando principi ed orientamenti ai quali si devono attenere i ere-

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