morte». Tale missione evangelizzatrice, ha scritto il Papa ai Movimenti cattolici riuniti in convegno a Bratislava, «significa soprattutto comunicare all'altro le ragioni dell'esperienza della propria conversione». La via di questa testimonianza, la «via della Chiesa» come si diceva nella Redemptor Hominis, ha al centro un fattore: l'uomo. Non è il mercato, neppure la solidarietà, non il progresso o lo sviluppo, non la cultura o la politica, ma l'uomo che vive e che lavora il soggetto protagonista della storia. Non un uomo idealizzato e avulso dai condizionamenti che la storia pone (mercato, politica, cultura ecc.), ma talmente cosciente e inserito in essi da progettare di poterli modificare. Riconoscere al1'uomo questa dignità e questa priorità comporta varie conseguenze. Ne sottolineo solo due. La prima è la libertà di aggregazione. Uomini coscienti della propria dignità di persone, cioè della propria natura religiosa ultimamente indipendente da qualsiasi potere, non possono non mettersi insieme, non possono non sentire i comuni bisogni e aggregarsi per rispondervi. Non per tornaconto, ma sostanzialmente. Nascono così i movimenti, un grande segno di vivacità sociale. In secondo luogo questi movimenti non restano nell'astratto, ma tendono a mostrare la loro verità attraverso l'affronto dei bisogni in cui si incarnano i desideri dell'uomo, immaginando e .P.tL BIANCO lXILR~ iit•Aiilil creando strutture operative capillari e tempestive che chiamano opere. Le opere costituiscono il vero apporto a una novità del tessuto e del volto sociale. L'opera è anche un agire economico (nel mercato, ma non per il mercato) che nasce dalla sensibilità per il bisogno proprio e altrui e da un'esperienza di unità, di società quale sono i movimenti. L'opera non rifugge, anzi cerca come segno della sua efficacia, il misurarsi coi risultati, con il profitto, ma non ne fa il proprio esclusivo obiettivo. L'opera è definita dall'atteggiamento dei soggetti che la conducono: capaci di assumere con altri il rischio di rispondere a nuovi bisogni, di costruire pazientemente rapporti, di non cedere alla facile tentazione del dominio violento o della consegna del proprio bisogno al meccanismo della politica e della economia in cambio di sicurezza. È questo movimento di costruttori di opere che comincia a riconoscere oggi in Italia, a loro si rivolge il Santo Padre nel finale dell'Enciclica dicendo: «Oggi più che mai la Chiesa è cosciente che il suo messaggio sociale troverà credibilità nella testimonianza delle opere, prima che nella sua coerenza e logica interna». E allora i politici? I politici cattolici, o meglio i cattolici in politica? Il 2 giugno 1980, parlando all'Unesco Giovanni Paolo II ha detto: «La cultura si situa sempre in relazione essenziale e necessaria a ciò che è l'uomo». La politica in quanto forma più completa di cultura, non può che trattenere come preoccupazione fondamentale l'uomo: l'uomo integrale, l'uomo soggetto di creatività sociale nel senso più vasto del termine. In quanto cattolico il politico ha da impegnarsi nella difesa e nella promozione di quest'uomo concreto e di questi suoi diritti. È quanto emerge con chiarezza dalla lettura dei vari testi del Magistero Sociale. La dottrina sociale cristiana è riflessione su una esperienza, non ideologia se si riscontra che alcune realtà sociali aggregano fra i giovani gli studenti, gli operai e nei quartieri popolari delle grandi città più di quanto non facciano certi progetti politici, non bisogna dare la colpa alle ingerenze politiche del magistero, ma confrontarsi con la presenza di un popolo reale che nel magistero del Papa riconosce la guida per la vita personale e sociale, e nell'incontro con i movimenti la sua praticabilità. Non è certo questa la maggioranza del paese e non è la cultura oggi dominante in occidente. Ma è sicuramente una presenza radicata nell'occidente perché ne è una delle radici culturali e storiche. Credo si possa comprendere che essa non accetti di accondiscendere nè di collaborare alla propria eliminazione, avvenga questa attraverso l'avversione violenta o la lode che tenta di assimilare relegando in una sorta di riserva indiana. Morte le ideologie la Chiesa dialoga con tutti U n giudizio sulla «Centesimus Annus» non è facile e comunque non è possibile in tempi brevi e in termini brevi. Certo delle riflessioni si possono fare e la prima a mio avviso, la più importante è quella di evitare giudi Adriano Ossicini dizi di carattere riduttivo o interpretazioni funzionali a specifiche tesi politiche o storiche. Anche se non c'è dubbio che questa Enciclica è venuta in un momento di particolare «drammatizzazione» nell'attuale realtà sociale, dopo gli straordinari eventi del 1989 e il crollo dei Paesi del socialismo reale, io penso che essa debba essere innanzitutto inquadrata in un fenomeno di straordinaria importanza, molto più largo, del quale gli ultimi av-
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