Il bianco & il Rosso - anno II - n. 21/22 - ott./nov. 1991

~.tJ- BIANCO U..11,H~ l 111 #iiltl Realismo e creatività della fede I 1tratto distintivo dell'uomo di fede, la caratteristica principale della vita cristiana è il realismo, cioè la sua capacità di rispondere alle esigenze del reale. La fede è un'esperienza dell'uomo di questo mondo, ed ha un banco di prova: la capacità di riconoscere la realtà per quello che è, con la conseguente energia e creatività per affrontarla, stando ben ancorati ad essa. Questa esperienza serve molto per orientarsi soprattutto oggi, nel contemporaneo mondo dell'immagine, laddove l'immagine invece di rappresentare la realtà spesso la sostituisce. Fanno piacere le lodi e i consensi espressi dalla quasi totalità della stampa mondiale nei confronti dell'Enciclica Centesimus Annus, fanno piacere ma non mi abbagliano. Nessuno infatti dimentica quanto fu scritto poche settimane prima della pubblicazione dell'Enciclica sugli stessi organi di stampa e, a volte dalle stesse persone, a riguardo della posizione del Santo Padre sulla guerra del Golfo. Il coro di lodi ha poi fatto pensare ad alcuni intellettuali di area laica che fossimo tornati ad un «potere temporale» della Chiesa, tante erano le dichiarazioni di papismo provenienti anche da territori insospettabili. Il diritto della Chiesa di pronunciarsi in materia di dottrina sociale veniva da questi confuso con ingerenze del Papa in questioni politiche italiane, più apertamente lo si accusava di sostenere la Democrazia Cristiana, anzi si è giunti a definirlo «l'ultimo Papa democristiano». Che la Dc detenga una quota di potere in Italia non sarò certò io a negarlo. Che questo potere sia l'espressione o l'emanazione di una «Chiesa trionfante» mi sento di negarlo con forza proprio in virtù di quel realismo di cui sopra. di Roberto Formigoni Ogni paragrafo di un'Enciclica va letto nel quadro complessivo del documento, così come ogni pronunciamento autorevole del Papa va interpretato all'interno del suo magistero globale, il quale a sua volta si colloca in un determinato momento storico della Chiesa e della società. Il lavoro di interpretazione consiste quindi innanzitutto in un recupero di memoria. Si iniziò a parlare della Chiesa come «forza sociale», a parlarne in termini progettuali, verso la fine dell'800. Proprio in un momento in cui la Chiesa cattolica sperimentava una radicale «debolezza» (cfr. M. Borghesi «Corsi di Dottrina sociale» Milano 1989) il grido del cardinale Antonelli, segretario di Stato di Pio IX, «Noi siamo finiti! Siamo finiti» documenta in modo drammatico la consapevolezza della fine di un mondo. Con l'Enciclica Rerum Novarum Leone XIII reagiva a questa constatazione. Il suo progetto di un rinnovato rapporto tra Chiesa e società prevedeva l'esistenza di un «movimento cattolico» che concorresse alla realizzazione di un movimento sociale in Italia e nel resto del mondo, dovunque vi fossero cattolici, che ponesse ancora una volta la Chiesa alla testa delle attese delle classi lavoratrici. Non una politica elettorale, ma la presenza dei cattolici militanti fu decisiva per gli orientamenti del movimento cattolico. Mentre le élites al potere la abbandonavano, questo movimento ricostruiva il nesso tra Chiesa e popolo messo in pericolo dalla rivoluzione. Lo scioglimento dell'Opera dei Congressi, avvenuto nel 1904, sancisce la crisi del movimento cattolico. Nel 1922 nella sua prima Enciclica, Ubi Arcano, Pio XI parla di una società moderna staccata ormai dalla Chiesa e minata sin nella sua cellula fondamentale, la famiglia, «da questa occorre dunque ripar- . 29 tire riacquistando alla Chiesa le masse avviate verso la completa scristianizzazione». Non credo di fare affermazioni ingiustificate se dico che oggi questa scristianizzazione è più immediatamente avvertibile, visibile e documentabile, al di là dello spazio che alle vicende religiose viene dato sui mass media. E non parlo solo dei risultati dei referendum su divorzio e aborto. Quando Giovanni Paolo II chiama i cattolici ad un rinnovato impegno per la rievangelizzazione, in Italia, ma anche nella sua Polonia, non si comporta certo come un capo trionfante. È drammatica in lui la percezione, dopo 2000 anni di cristianesimo, del bisogno di ripartire dall'inizio, dall'annuncio di Cristo «presente qui ed ora che solo può salvare l'uomo e il mondo». L'identità di un uomo, la sua soggettività è definita dalla coscienza della sua origine e del suo destino. Il soggetto ecclesiale è definito come origine dall'incontro con Cristo, e come destino, scopo e compito dalla missione evangelizzatrice. Questo è detto nella grande premessa alla Centesimus Annus costituita dall'Enciclica Redemptoris Missio. Questo è ripetuto nell'ultima Enciclica sociale di Giovanni Paolo Il la dove afferma che «la dottrina sociale ha di per sé il valore di uno strumento di evangelizzazione: in quanto tale annuncia Dio e il mistero di salvezza di Cristo ad ogni uomo e, per la medesima ragione, rivela l'uomo a se stesso. In questa luce, e solo in questa luce, si occupa del diritto: dei diritti umani di ciascuno ed, in particolare del proletariato, della famiglia e dell'educazione, dei doveri dello Stato, dell'ordinamento della società nazionale ed internazionale, della vita economica, della cultura, della guerra e della pace, del rispetto della vita dal momento del concepimento sino alla

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