Il bianco & il Rosso - anno II - n. 21/22 - ott./nov. 1991

to economico e sociale richiede il contributo di diverse generazioni; lo spirito imprenditoriale, per esempio, non può nascere per decreto legge. Ancora più tortuoso e complesso è il mutamento culturale, dove, spesso, risulta difficile differenziare gli elementi di continuità con gli elementi di discontinuità e di rottura. Chi scrive, girando per Praga, ha avuto un'impressione completamente opposta a quella di Monique Bernath. Ha visto una città così bella da «riconoscere» al regime comunista il merito di aver conservato il fascino di una nobile e grande tradizione. Forse, e in questo caso per fortuna, sarà stata la mediocrità della classe dirigente comunista che (non essendo in grado di lasciare traccia di sè) ha favorito la conservazione della città. Ci ha rispar- ~.ttBIANCO \XltROS.SO Uhi11\11..t Mi miato, salvo ovviamente alcune eccezioni facilmente visibili, come la costruzione del teatro nuovo accanto allo storico teatro nazionale, quegli obbrobri urbanistici che andavano sotto il nome di «realismo socialista». Praga è una città a misura d'uomo, una città dove si può ancora passeggiare senza il timore di essere sopraffatti dalle macchine, come succede nelle nostre città d'arte. Molte zone pedonali, tanti spazi a disposizione della gente, i tram che arrivano in orario! Una città dove si sente la presenza musicale, dove i concerti nelle chiese sono sempre affollati. Il Castello, Ponte Carlo, la Piazza della Città Vecchia, il Centro Storico, la passeggiata lungo il Moldava, i diversi stili architettonici dei palazzi e delle chiese, sono solo alcuni dei più conosciuti esempi che conservano il fascino dell'antica regalità. Il pericolo è un altro: il turismo di massa e la fame di valuta estera che potrebbe portare al degrado dei beni culturali, se non si cominciano ad adottare misure preventive. Proprio in questo periodo in Germania è aperta un'interessante mostra sull'architettura e il design del cubismo cecoslovacco (primo decennio del secolo) le cui tracce sono ancora presenti nella Praga di oggi. Ci sono diversi gruppi giovanili, attivi soprattutto nel campo della grafica, della pittura, della musica e del teatro (il teatro senza parole in omaggio a Franz Kafka) che cercano un legame con quel passato che il regime comunista aveva congelato, ma non soppresso. Salvatore Vento Sul nuovo temporalismo 1reviso lì, 8 agosto 1991 Caro Camiti, avendo seguito lo scambio di opinioni, tra te e Martelli, sul «nuovo temporalismo della Chiesa del Papa», desidero esprimerti, in proposito, alcune mie valutazioni. Mi preme infatti ritornare su di una questione che alcuni, purtroppo anche nel Psi, hanno tentato di liquidare seguendo vecchi schemi, scontati integralismi, anacronistiche tradizioni. Costoro hanno reagito, alle affermazioni di Martelli a Bari, trattenendo, a malapena, una gran voglia di «scomunica». Ciò mi ha fatto ricordare «vecchi tempi» quando bastava un po' di «disinvoltura» per essere considerati «nemici di Dio, della sua Chiesa, della Fede» e quindi additati, dal clero, come soggetti «a rischio». Allora, per essere considerati buoni cristiani, bisognava iscriversi alla Dc e non solo votarla; oggi temo la riproposizione di questi vecchi amori, sia pure in forma meno banale e grossolana. Pur tuttavia una simile preoccupazione non mi fa desiderare una forte mobilitazione per contenere il ruolo della Chiesa, per limitarne l'attività sociale, per costringerLa al silenzio politico; men che meno mi pare opportuno simpatizzare con anticlericalismi ormai giustamente superati dal tempo e dalle cose. Non avverto nei discorsi di nessuno simili volontà, quindi mi preoccupo quando si invoca un pericolo inesistente per liquidare, in modo interessatamente superficiale, un problema che esiste: quello dello Stato e del suo rapporto con i cittadini. Ritengo inaccettabile che qualcuno possa costruire la propria «fortuna» (personale o politica che sia) approfittando della disattenzione con la quale lo Stato guarda ai servizi da erogare ai cittadini., alle professionalità ed alle intelligenze da premiare, alle condizioni di povertà ed emarginazione da rimuovere, alle solidarietà da promuovere. Sono particolarmente attivi quanti, avendo la convinzione che lo Stato sia destinato, fatalmente ed irrimediabilmente, a perdere ulteriore influenza nella dinamica sociale, lavorano ad un sistema di leggi non per ammodernare lo «Stato sociale», ma per favorirne la sostituzione con un volontariato definitivo e tutt'altro che valutato nelle sue capacità professionali. In buona sostanza, considerando il sistema pubblico inutilizzabile ai fini della rimozione delle disorganizzazioni pre- • 20 . . . . - . -. - senti, si opterebbe per un «privato» adeguatamente sostenuto e finanziato dallo Stato stesso. Questa teoria non mi convince; per me la presenza sociale dello Stato può e deve essere migliorata. Lo Stato non deve rinunciare ad esercitare le sue funzioni delegandole a «privati» impossibilitati a garantire un adeguato pluralismo politico e religioso. È vero, viviamo in una situazione di emergenza; in essa le disfunzioni pubbliche possono essere superate, temporaneamente, anche finanziando, sostenendo e proponendo solidarietà «straordinaria», ma non si può considerare quest'ultima il nuovo e moderno sistema al quale affidarci. Senza ignorare la quotidianità e senza difendere, a dispetto, astratte utopie, dobbiamo garantire la qualità della vita e la dignità dello Stato. Sono principi ai quali ci siamo richiamati, come socialisti, anche se il paragone può apparire od essere improprio, pure nella tragica vicenda «Moro». Vi è un ruolo indiscutibile delle Istituzioni pubbliche nella crescita culturale, sociale e politica del Paese; anche se la «politica», che la governa, convengo con te, ha bisogno di maggiore «moralità».

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==