,P.lL BIANCO lXILROSSO ll•i ■ kHAlili dei fraintendimenti che hanno alimentato allarmi ingiustificati. Tuttavia credo che la perplessità e lo sconcerto che si sono manifestati, anche nel mondo cattolico, siano non solo il prodotto di un malinteso, ma anche di una ambiguità. Cosa ha detto, in sostanza, il .cardinal Ruini? Nella prima parte del suo intervento, quella più propriamente pastorale, ha sottolineato che gli italiani mantengono un diffuso sentimento di religiosità (che sarebbe, tra l'altro, confermato dall'ampiezza delle adesioni all'insegnamento religioso nelle scuole ed anche al sostegno economico alla Chiesa) ma sono però poco praticanti. Si tratta quindi di una «religione distante dal concetto di verità». Un problema serio al quale, però, non sono stati prospettati rimedi. Nella seconda parte (quella che può essere definita più politica) dopo aver analizzato le conseguenze mondiali ed europee del crollo del comunismo nei paesi dell'Est, si passa improvvisamente al tema dell'unità politica dei cattolici per contestare la tesi di coloro che avevano sostenuto che essa era stata definitivamente messa in crisi dalla fine del comunismo. La confutazione di questa tesi è fondata sostanzialmente su tre argomenti. Primo: «la difesa della democrazia e della libertà politica è certamente un obiettivo dei cattolici, ma non è affatto il solo». Secondo: la fine dell'unità politica dei cattolici comporterebbe la «privatizzazione della fede» e la sua «irrilevanza per la vita sociale». Terzo: anche dopo la fine del comunismo permangono «tendenze culturali e politiche che appellandosi ad un falso concetto di libertà, tendono ad emarginare dalla realtà sociale e dalle istituzioni ogni riferimento all'etica cristiana ed alle genuine tradizioni del nostro popolo». Le affermazioni del cardinale hanno suscitato numerose reazioni. Poco convincente, almeno per chi scrive, la contestazione di una indebita ingerenza del cardinale nella vita politica. L'argomentazione è debole. In democrazia tutti parlano di tutto e non si capisce perché questo diritto dovrebbe essere negato ai vescovi. Scarsamente fondata anche la preoccupazione che le considerazioni dei vescovi possano costituire una coartazione della libertà di voto dei cattolici. Che l'unità politica dei cattolici non sia un dogma e neanche un principio dottrinario è sempre stato chiaro per chiunque, credente o no, disponesse di una pur elementare cultura teologica. Del resto il richiamo all'unità politica non è mai stato presentato (e nemmeno lo ha fatto ora il cardinal Ruini) come un problema di dottrina, ma semmai come una questione legata a determinate situazioni storiche. Sotto questo profilo si può prendere atto senza difficoltà dell'affermazione del presidente della Cei che l'appello all'unità politica non aveva come unico movente l'anticomunismo, anche se così è sempre stato interpretato da tutti. Non si capisce, però, perché la fine dell'unità politica dovrebbe comportare necessariamente la «privatizzazione della fede». Perché mai, infatti, la fede _dovrebbe essere visibile soltanto se porta ad una presenza politica in un solo partito? Perché mai senza il partito cristiano non dovrebbe essere possibile una testimonianza di fede cristiana? Se i timori del cardinal Ruini fossero fondati si dovrebbe concludere che in quei paesi a maggioranza cattolica dove non esiste e dove nessuno pensa di costituire un partito cristiano, la testimonianza della fede sia preclusa. L'esperienza di quei paesi conferma, al contrario, che i cattolici possono sostenere, in partiti e gruppi diversi, i propri valori e le proprie convinzioni etiche. Naturalmente questo dipende dalla loro capacità o dalla loro volontà. Ma tornando all'Italia, se è vera la perdita di valori della· quale tutti, credenti e non credenti, soffriamo; se è vero che esistono sintomi allarmanti di degi:ado sociale e morale, è difficile pensare che non esistano responsabilità della Dc, ininterro,ttamente al governo da quasi cinquantanni. L'assenza nel discorso del cardinale Ruini di ogni cenno critico in tal senso (che invece non era mancato al suo predecessore e ad altri autorevolissimi vescovi) ha indotto, non pochi a vedervi una inaccettabile Jdentificazione tra Chiesa e Democrazia Cristiana, che probabilmente mette in imbarazzo anche parecchi democristiani, ma che sicuramente è inaccettabile per i cattolici. Si deve infine aggiungere che l'intervento del cardinale sarebbe risultato più credibile se qualche cenno critico fosse stato rivolto alla Chiesa stessa (tanto al clero che ai laici) il cui impegno di testimonianza ha certamente bisogno di essere riconsiderato se dà risultati così scarsi in termini di solidarietà, di impegno comunitario, di valori. C'è in ogni caso un rischio per la stessa Chiesa, che credo non debba essere oscurato. Quanti, compresi molti giovani, avvertono il bisogno di accogliere l'annuncio evangelico (e magari anche di ascoltarlo a fondo), ma se ne restano sulla soglia, o se ne· allontanano proprio per quella commistione tra Chiesa e Dc, che lungi
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