Il bianco & il Rosso - anno II - n. 21/22 - ott./nov. 1991

~JLBIANCO il.-lLROS.SO Miiiiiiiil Cgil: un grande cambiamento per un futuro più pieno di Fausto Vigevani ' E difficile trovare nel linguaggio consueto e spesso necessariamente ripetitivo degli addetti ai lavori i termini capaci di rappresentare sinteticamente e efficacemente, il senso, il significato, le novità del XII Congresso della Cgil. Tu.le difficoltà nasce dal fatto che in Cgil è cambiato, sta cambiando tutto, proprio tutto. Cambia la cultura politica e sindacale sottesa alle scelte politiche, e cambiano la politica economica, la politica sociale, la politica rivendicativa e contrattuale. Cambiano i criteri di analisi e di interpretazione dei fenomeni economici, sociali, culturali di questo ultimo scorcio di secolo. Scompaiono gli ultimi involucri vuoti di impianti concettuali che pretendevano di piegare la realtà, i fatti, i processi sociali e culturali reali alle proprie astratte certezze. Finis_conole vecchie correnti, come «natura» e modo di essere della Cgil di tutto il dopo-guerra. Si può dire perciò che per la Cgil non è certamente un «cambiare pagina» ma «cambiare libro». Naturalmente come in ogni processo di cambiamento reale, tutto ciò non sta avvenendo senza contrasti, senza resistenze, senza riserve. Proprio perché il processo è reale, proprio perché il cambiamento è profondo e integrale, singoli e gruppi che rischiano di essere travolti o di scomparire politicamente, reagiscono, si difendono, si organizzano. Ma in questo processo molto duro e difficile, si fa strada anche un'operazione-verità che mette in evidenza il carattere neo-conservatore e, per essereespliciti, di destra, di queste posizioni anche quando o soprattutto perché, con un vecchio trucco, si coprono con affermazioni antagonistiche e sedicenti di sinistra. Alla base di questo radicale cambiamento della Cgil stanno una riflessione lunga e perfino dolorosa maturata nel corso degli ultimi dieci anni, e gli incontestabili meriti della leadership di Bruno Trentin che ha impresso una fortissima accelerazione a tale processo immettendo nel dibattito della Cgil dosi massicce di rottura con la cultura tradizionale della Confederazione e della sinistra. La necessità di fare fino in fondo i conti con l'internazionalizzazione della politica, dell'economia, della scienza, dell'ambiente, di fare cioè i conti con la rivoluzione democratica all'Est, con la rivoluzionetecnologica che cambia l'economia, le imprese, il lavoro, i lavori, i contenuti e le forme delle prestazioni lavorative, con la rivoluzione femminile, con le indispensabili riforme dei sistemidi protezione sociale costruite nel XX0 secolo; queste sono le basi che hanno reso necessario il cambiamento. Dentro un quadro di diritti fondamentali e di vincoli espliciti di solidarietà, le grandi differenze che caratterizzano sempre più le donne e gli uomini che lavorano vengono assunte come un valore, come una ricchezza, non più quindi trascurate o negate o peggio ancora respinte. Diritti di uguaglianza, di pari opportunità legati ad un vincolo di solidarietà, diventano le basi di una concezione che rovescia il rapporto tra democrazia e sviluppo, e fa della democrazia in termini radicali la condizione e il presupposto dello sviluppo, della società umana in ogni parte del mondo, nel rapporto tra Nord e Sud del pianeta, nei processi di umanizzazione del lavoro, di democratizzazione delle imprese, dell'economia, della società, come parte coessenziale della democrazia politica. Le politiche rivendicative e contrattuali, le politiche sociali, per questa via sono investite dalla necessità di revisioni profonde, addirittura anche più nette di quelle che i documenti congressuali già ora contengono. L'autonomia si afferma con questi processi, e con il superamento delle correnti tradizionali. Per questa via rinasce e si rinnova la possibilità dell'unità sindacale. Oltre un milione e duecentomila iscritti hanno discusso queste questioni, oltre 1'80% ne condivide le scelte. Solo un quadro politico esterno, impermeabile ai cambiamenti può frenare o rendere più difficile questa grande innovazione. Ma il treno è partito, non penso che lo si possa fermare.

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