Il bianco & il Rosso - anno II - n. 21/22 - ott./nov. 1991

,P-ll, BIANCO l.XILROSW Mil••il•II gradualità e facendo salvi i diritti acquisiti. Si aggiunga a ciò una ulteriore ipotesi prevista nel progetto: la uniformazione completa delle normative pensionistiche «per tutti i lavoratori dipendenti del settore privato e pubblico nuovi assunti, ossia privi di qualsiasi precedente anzianità assicurativa». Ed è contemporaneamente ·previsto il riordinamento e la uniformazione del sistema contributivo, per conseguirne la ristrutturazione in tre aree: pensionistica, sanitaria e della solidarietà. In particolare, in materia pensionistica si tratterebbe di stabilire una sola aliquota di equilibrio, automaticamente adeguabile, a carico del costo del lavoro, lasciando a carico della fiscalità generale la quota correlabile alla quantità di prestazioni aventi carattere assistenziale. Il progetto prevede anche altre innovazioni, quali: il riscatto di periodi di non occupazione, i contributi figurativi per malattia e infortunio, l'anticipazione dell'età di pensionamento per le attività usuranti, l'aumento del 50per cento del trattamento minimo per coloro che possono far valere 40 anni di contribuzione, l'applicazione della scalamobile al 100per cento dell'aliquota, senza più la distinzione per fasce, un nuovo e più realistico sistema di aggancio delle pensioni alla dinamica dei salari, la flessibilità del pensionamento coniugata con il lavoro a part-time. Un tale progetto, come già detto, non può e non deve esserecontestato, perché alcune norme o istituti non trovano l'assenso di «qualcuno». Già da tempo ho espresso il mio dissenso in materia di innalzamento dell'età di pensionamento a 65 anni, di abbassamento al 50 per cento dell'aliquota di riversibilitàper le pensioni Inps e di cumulo funzione-retribuzione per il riferimento al reddito di coppia. Peraltro parte della cultura sindacale, cui io faccio riferimento, la libertà di scelta dell'età di pensionamento da parte degli assicurati, lasciando a costoro l'opzione per stabilirla a partire dai 60 anni e fino a 65 anni e possibilmente oltre. Dal canto mio, non posso non aggiungereuna seria considerazionerelativamente all'elevamento dell'età di pensionamento, col far osservare come i futuri eventuali risparmi prevedibili farebbero carico soltanto a una parte, ben individuabile di lavoratori, e cioè a quelli, e sono tanti ancora in Italia, che difficilmente raggiungerebbero i 35 anni di contribuzione per il diritto alle pensioni di anzianità prima o al compimento dell'attuftle età di pensionamento - - - - -- - - - - - - 13 (60 anni per gli uomini, 55 anni per le donne). Trattasi, in buona sostanza, dei lavoratori delle zone economicamente deboli (il Mezzogiorno in particolare); mentre i lavoratori di zone economicamente più fiorenti, conseguendo i 35 anni di contribuzione certamente prima dei 60 anni, diverrebbero praticamente titolari di quei diritti di opzione, di scegliersi cioè l'età di pensionamento senza attendere necessariamente il compimento dei 65 anni di età. Questo problema dell'innalzamento dell'età di pensionamento comporterebbe, ovviamente, degli squilibri nella classe lavoratrice e tra i pensionati. Tuttavia tale problema potrebbe trovare soluzione adeguata se si pervenisse a disegnare una prestazione atta a garantire quel minimo vitale ai veri bisognosi di solidarietà, singoli e nuclei familiari, così come è nella filosofia dell' «assegno sociale». Le considerazioni anzidette, in materia di età di pensionamento, però, non possono e non devono ritardare l'avvio di una riforma che, col tempo, verrebbe certamente migliorata sul piano di una più marcata generalizzazionee sul piano solidaristico, perché solidaristico è il suo finanziamento. E ciò non potrebbe essere diversamente per le considerazioni svolte più innanzi.

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