hanno aperto la via al recupero della indipendenza, ancora dialetticamente in corso di realizzazione, anche per la non completa stabilizzazione della stessa realtà del potere sovietico. Dal punto di vista religioso, negli anni successivi all'occupazione sovietica, in Lettonia accaddero le stesse cose che abbiamo già visto per la Lituania, con persecuzioni durissime, emarginazioni, deportazioni, condanne a morte. E tuttavia non si sono avute, negli anni, molte notizie di questi eventi, perché non si è avuto un movimento di cristiani di grandi dimensioni, che abbia reso nota la realtà di ciò che avveniva nel Paese. È del tutto mancata, almeno a notizia internazionale, una realtà di scritti clandestini come le «Cronache» lituane, che invece hanno avuto altrove un ruolo decisivo. Va considerato anche il fatto che, essendo la maggioranza di confessione protestante, e non avendo i protestanti nulla di simile ad un centro unificatore come Roma, spesso le comunità evangeliche sono state costrette a chiudersi nell'isolamento, senza referenti internazionali che potessero qualcosa in loro difesa. Le vicende della comunità cattolica lettone, del resto, confermano questa lettura. Oggi i cattolici lettoni sono circa mezzo milione, su 2.700.000 abitanti, con una grande maggioranza luterana, e la chiesa cattolica è quella che ha resistito meglio alle pressioni del potere sovietico. Ci sono anche circa un milione di cittadini russi, importati negli anni della russificazione forzata, nei decenni '40-60. Al presente nella chiesa cattolica ci sono circa 180 parrocchie, divise tra l'originaria Lettonia (52), la Letgallia (93), e la Senigallia (35). I preti sono 150, in gran parte tuttavia molto anziani, e le diocesi due. Dopo la morte del cardinale 1ulian Vaivods, leggendario arcivescovo di Riga, scomparso l'anno scorso a 95 anni, che con i suoi oltre 40 anni di lager sovietico è stato come il simbolo della resistenza all'ateizzazione e all'assorbimento della Lettonia nell'Urss, l'amministratore apostolico di Riga, città di un milione di abitanti, è stato monsignor Janus Cakuls, e con lui hanno operato due vescovi ausiliari. L' 8 maggio scorso la S. Sede ha nominato nuovo arcivescovo e metropolita di Riga monsignor Janis Pujats, monsignor Cakuls è stato confermato ausiliare, e monsignor Janis ..l>ll. Hl\:\( :o lXII.HOSSO •iilROdlilit•MfrU Bulis è stato nominato vescovo di Liepaja. È, in pratica, il ritorno alla normalità, che si è lentamente avviato, che resta naturalmente molto legate alla soluzione dei problemi interni all'Urss intera e alle dinamiche delle nazionalità. La realtà estone La popolazione estone, dal punto di vista religioso, è anche essa in grande maggioranza luterana, ma c'è anche una grande minoranza ortodossa russa, importata anche ai tempi della russificazione forzata imposta da Mosca dopo la fine del II conflitto mondiale. In quel periodo anche l'Estonia conobbe il tremendo trauma delle deportazioni: ben 150.000 cittadini furono «trasferiti» in Siberia e Asia Centrale, come «nemici del popolo», e pochissimi hanno avuto la fortuna di sopravvivere e ritornare. Le comunità religiose subirono la consueta repressione, ed entrarono nella resistenza clandestina della vita sotterranea, illegale, ma ricca di speranza, fino agli inizi dell'era Gorbaciov. Si può ricordare che in Estonia la censura sulla stampa religiosa è stata più severa che in ogni altra regione dell'Urss. Dal 1945 al 1982 non è apparsa alcuna pubblicazione religiosa: un deserto totale. E contemporaneamente i cittadini furono sommersi di pubblicazioni atee di propaganda. Tra gli anni '54 e '57, tuttavia, ci fu una forte rinascita religiosa, legata anche al fatto che dopo la morte di Stalin si ebbero i ritorni, per quanto pochi, dalle deportazioni in Siberia. Fu una stagione fugace, e la vita religiosa organizzata parve davvero spegnersi. L'unica comunità religiosa che manifestò una pubblica resistenza organizzata fu la piccolissima comunità cattolica. Una resistenza dovuta anche e soprattutto al collegamento ed al sostegno esterno della chiesa di Roma. Al momento dell'annessione all'Urss c'erano, in Estonia, circa 50.000 cattolici, distribuiti in 6 parrocchie. Oggi, dopo le deportazioni e l'emigrazione all'estero, soprattutto negli Usa, essi sono poche migliaia, con due sole parrocchie. A Tallin c'è anche un Amministratore apostolico cattolico, nominato dalla Santa Sede, e pare ci sia anche un altro prete, giovane, ordinato nel 1985. Risulta ci sia anche un altro sacerdote cattolico, ex-pastore protestante, e sposato, ma non ha mai ottenuto, negli anni passati, il permesso statale per 76 esercitare la sua missione pastorale. Conclusione Difficile trovare una conclusione univoca, per un discorso così articolato e diversificato al suo interno. Mi permetterei tuttavia di consigliare al lettore italiano, abituato non solo alla secolarizzazione, alla distinzione tra religioso e politico, ma anche a fare i conti con la religiosità cattolica trasformata dal Concilio Vaticano II e dalla esperienza delle libertà in tutti i sensi, di non azzardare troppo facilmente i giudizi sulla religiosità che le popolazioni baltiche mostrano nelle occasioni pubbliche di cui ci giunge notizia, e spesso anche immagine. Troppo facile sentenziare sulle «superstizioni» religiose che sposano i nazionalismi. Dopo 70 anni in cui l'unica superstizione imposta era l'ateismo di stato, e il credo marxista-leninista, con o senza trattino, cui tutto si doveva obbligatoriamente inchinare, è infinitamente più ragionevole fidarsi delle tradizioni religiose, pur rischiando di confondere l'antico con il vecchio, l'autentico con l'irrazionale, il sentito e profondo con l'emotivo e sentimentale. Nella gigantesca trasformazione che è ancora in corso in Urss, e che promette sconvolgimenti ancora più grandi di quelli già avvenuti, la prudenza nei giudizi non sarà mai troppa. In ogni caso la base di ogni giudizio resta la conoscenza della realtà. A questo volevano servire queste righe. Oggi, dopo il golpe mancato, l'indipendenza delle Repubbliche baltiche è dichiarata e riconosciuta. Si apre una fase nuova della storia. La speranza, grande, è che non somigli, magari rovesciandola, alla vecchia. Bibliografia minima A. CAPRIOLI, L. VACCARO (a cura), Storia religiosa dei popoli baltici, Casa di Matriona, Milano, 1987. S. MERCANZIN, Cristiani sotto Gorbaciov, Centro Russia ecumenica, Roma, 1989. S. SALVI, La disunione sovietica. Guida alle nazioni della non-Russia, Ponte alle Grazie, Firenze, 1990. G. BENSI, Nazionalità in Urss, Le radici del conflitto, Xenia, Milano, 1991. L. SANDRI, Dio in Piazza Rossa. Il ruolo dei cristiani nell'Urss della Perestrojka, Claudiana, Torino, 1991.
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