.{>.!I. BIY\( :O l.XII.HOSSO i IHlBi)dI i ii o,~ 11U Baltici e religione:dopo il sangueuna libertàdifficile Q uesto è un tema che si dovrebbe affrontare con estrema cautela, soprattutto per tre ragioni. - La prima. Nei Baltici, e in particolare modo in Lituania, la regione più grande e più densamente popolata, la religione è stata, ed è, per la stragrande maggioranza della popolazione, l'unica realtà che identifica la nazione stessa. Si può, e forse si deve, ritenere che questa sia una situazione imperfetta, in cui cioè non avvengono le dovute distinzioni tra Dio e Cesare, tra religione e laicità, tra coscienza civile e coscienza ecclesiastica, ma non si può mai dimenticare questo fatto, che vale fino ad oggi e spiega tante cose. - La seconda ragione della cautela è, salvo pochissime eccezioni, un grave senso di colpa della stampa italiana in genere, per il fatto che nei circa 50 anni (1940- 1991) in cui la dominazione sovietica ha seminato dolore e lutti, persecuzioni e morte tra i credenti baltici, spesso solo perché credenti e baltici, i giornali italiani sono stati del tutto distratti, se non addirittura complici. Sono state rarissime, infatti, le pubblicazioni di articoli in cui fosse descritta con un po' di realismo la condizione delle coscienze religiose oppresse nei paesi baltici, e in genere nell'impero sovietico. Anche quando la stampa «indipendente» italiana parlava della realtà sovietica, infatti, e ne criticava i ritardi e i tradimenti, solo brevissimi accenni, e trascurati, venivano concessi alla emarginazione , alla persecuzione, alle deportazioni e alle condanna che avvenivano per ragioni religiose, da Lenin a Stalin, da Krusciov a Breznev, da Andropov a Cernenko, fino ai primi anni di Mikhail Gorbaciov. Questo per i «distratti». Quanto ai «complici» la lista sarebbe lunga. Stando strettamente al tema debbo ricorda di Giovanni Gennari re che ancora nel 1987, su «L'Unità», fu pubblicata una serie di corrispondenze sulla Lituania religiosa che erano esemplari perfetti di reticenza e di mistificazione di fatti e di storie personali e collettive. Acqua passata, certo, ma da non dimenticare per non mancare di realismo informativo, e di coscienza della gravità dei problemi e del peso di una storia che influenza il presente e condiziona il futuro della repubbliche Baltiche e dei loro rapporti con la grande «vicina» di oggi, l'Urss di Mikhail Gorbaciov. - La terza ragione deriva dal fatto che certi nostri giudizi sui pericoli del nazionalismo, applicati alla realtà dei Paesi baltici, se non fanno i conti con la storia concreta di quei popoli, risultano astratti e beffardamente moralistici, e dimostrano solo la nostra scarsa conoscenza dei fatti. E' opportuno ricordare, da ultimo, che proprio in questi mesi è sul tappeto, ancora una volta, e con risvolti che possono diventare drammatici, la questione della indipendenza lituana, dichiarata unilateralmente dal Parlamento l' 11 marzo 1990. La Lituania è stata, e non per caso, la prima delle repubbliche sovietiche a dichiararsi indipendente a tutti gli effetti. Tra referendum e trattativa il discorso è davvero scottante, e aperto, con connessioni evidenti con la lotta che si svolge anche ai vertici della stessa repubblica russa. Boris Eltsin, presidente del Soviet Supremo russo, ha dichiarato legittima la rivendicazione lituana, ed ha stretto un patto economico con la Lituania di Landsbergis. E così la Lituania ha con il cuore del sistema sovietico un doppio rapporto: duro e di confronto con la Mosca sovietica di Gorbaciov, più amichevole e di dialogo con la Mosca russa di Eltsin. I rapporti tra Mosca e Vilnius, - è staL • .. • _ _ _ .. _ 73 to scritto - , mettono in evidenza, per la prima volta dal 1917, che non c'è equivalenza tra la realtà russa e la realtà sovietica. Questo è, in se stesso, un fatto sconvolgente. Lituania: una storia difficile Al momento della prima annessione all'Urss, nel 1940, la Lituania aveva 2.900.000 abitanti, al 90% cattolici. C'erano 7 Diocesi, con 12 vescovi, 1500 preti diocesani, 150 preti di Ordini religiosi, 4 Seminari con più di 600 studenti, 700 suore e circa 1100 tra parrocchie e chiese. Per un confronto immediato basterà ricordare che all'inizio dell'era Gorbaciov, nel 1985, mentre gli abitanti della Lituania erano diventati 3.700.000, dei quali 3 milioni cattolici, i vescovi vivi erano solo 4, tutti anziani, 3 dei quali «impediti», cioè praticamente prigionieri, e uno solo in esercizio. I preti erano 670, le chiese 630, i Seminari uno solo, a Kaunas, con il numero chiuso di 25 studenti, la cui ammissione veniva decisa dalla polizia segreta. Di suore e religiosi non c 'era traccia ufficiale: una vera e propria desertificazione. Torniamo al 1940. Dieci giorni dopo l'annessione, che avvenne con il consenso della Germania di Hitler, nel giugno del '40, i nuovi occupanti emanarono le prime disposizioni antireligiose, denunciarono il Concordato vigente con il Vaticano e confiscarono tutti i beni della chiesa. Furono chiusi tutti i seminari, gli istituti, gli ospedali, le scuole e furono aboliti tutti gli ordini religiosi. Venne soppressa la stampa cattolica, allora molto fiorente, nazionalizzata ogni tipografia, furono distrutte tutte le biblioteche ecclesiastiche, con ingenti patrimoni di documenti e libri. Non ci furono, subito, misure personali contro vescovi e preti, e si cercò di ottenere, ma senza successo, la loro adesione ad una
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