Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 20 - settembre 1991

ciclica prende atto: il documento mostra di avere ben presenti le istanze di un umanesimo sociale che non lascia campo libero alla logica disumana del mercato e del capitalismo liberale che non è valso certo a «socializzare» l'economia. Mi pare anche un riconoscimento esplicito della legittimià della conflittualità sociale non violenta dell'ala riformistica del movimento operaio corrispondente alla socialdemocrazia europea, e dei cosiddetti socialismi umanitari. In un certo senso rivoluzionaria, quindi, la riscoperta del nuovo socialismo nei valori dell'umanesimo cristiano e complessa l'analisi che non poteva non avere ben presente la parte svolta, pur tra contraddizioni, dalla socialdemocrazia europea dove i partiti socialisti hanno da tempo preso le distanze dal socialismo a sfondo marxista. Nel processo di «umanizzazione» del capitalismo, in questa non facile riconciliazione di Chiesa e capitale, come di capitale e valori umani e di solidarietà, appare inevitabile, sullo sfondo, il riferimento al movimento socialista, in questo secolo forza storica che, tra alterne vicende, ha in genere realmente difeso i diritti dei lavoratori e le ragioni della democrazia sostanziale. Dopo l'Enciclica, quindi, la migliore cultura cattolica intenderà confrontarsi e comporsi con la grande tradizione della cultura laica riformista. Ne discendono, altresì, la constatazione sul Welfare State che ha anche prodotto deresponsabilizzazione e burocratizzazio- ~!I- Bl.\:\CO l.X.11.nosso 1111 # id ne, in danno del servizio da rendere ai cittadini, e la proposta di uno Stato garante che deve essere accompagnato da un ruolo attivo, in grado di rispondere a necessità e bisogni e a porre rimedio a povertà e squilibri. Accadrà mai? Meriti e difetti dell'Enciclica. Degli ampi meriti ritengo di avere fatto riferimento in premessa. Concordo con Luciano Gallino quando, nella sua valutazione complessiva, osserva anzitutto che essa non rappresenta un attacco alla modernità e proprio perciò fa temere quanti dovranno assumere, con senso di responsabilità, la gestione dei molteplici momenti dell'odierna socialità, per cambiare in positivo taluni aspetti. L'Enciclica assume infatti consistenza particolare poiché prende atto che la gente vuole cercare il senso della vita e del dolore attraverso una religione che finalmente non resti solo astratta, ma che si confronti con i valori della giustizia sociale e della democrazia e con la realtà storica concreta. Al di là dei silenzi su qualche aspetto importante come quello dell'esplosione demografica, parlerei, più che di difetti e di lacune, d'incongruenze: è inevitabile confrontare il documento con certo prevalente «rendimento» della Chiesa odierna che dovrebbe assumere proposte non riduttivamente politiche e non ideologiche e che spesso mostra palesi contraddizioni; che appare protesaverso il futuro, impegnata a prepararne e orientarne la venuta e, che, invece, si lega spesso alla gestione perfino politica della quotidianità. Una Chiesa che rischia di tralasciare talvolta la sua voce profetica per sentirsi soprattutto Istituzione, potere, e che in tal modo non sempre ritrova le condizioni migliori per essere credibile in pur tante iniziative meritevoli e tese a esaltare la cultura del1'accoglienza, della solidarietà e della pace. In fondo, come ci consente di osservare Galbraith, dopo il muro di Berlino, dopo quanto lo ha preceduto e quello che tale storico evento significa, con l'Enciclica va detto che non ha vinto il capitalismo e basta (e uomini come il presidente della Confindustria mostrano di preoccuparsene non poco). La Chiesa Cattolica in realtà si ritaglia una «terza via» tra socialismo e capitalismo, non facile da seguire fino in fondo. Il Papa, ha precisato l'appena citato patriarca americano dell'economia «liberal», riscopre un ruolo per il mercato e un ruolo per lo Stato e ci pone in guardia contro le idolatrie di chi eleva sull'altare il potere taumaturgico del mercato e di chi esalta il centralismo statale. Vedremo ora nel concreto delle testimonianze come l'appello a rimuovere i rischi dell'odierna alienazione verrà riscontrato, con l'individuazione, nel concreto, di nuove norme di valori regolatori, di sicure garanzie per il controllo sociale: tutti punti essenziali di riferimento per gli impegni politici e sindacali che ci attendono e per l'azione dei prossimi anni, se mai ne saremo capaci. Attenti alle illusioni La Chiesa è ancora <<chiusa>> N on è certo dovuta soltanto ad un'esigenza di continuità storica l'ampia rilettura del significato e degli scopi della Rerum Novarum con cui si apre la Centesimus Annus. Tra le due encicliche vi è senza dubbio una continuità «politica» prima ancora che teorica ed ideale. Tante infatti di Giuliano Cazzola sono le analogie di «contesto politico» che accomunano due tra le più importanti encicliche sociali della Chiesa cattolica. E, se ci pensiamo bene, anche lo scenario che fa da sfondo alla Centesimus Annus presenta molti tratti che ricordano quello della Rerum Novarum. Nel 1891 la Chiesa cattolica scelse il ; 65 campo delle politiche sociali quale terreno privilegiato e prioritario d'azione politica e di magistero civile, dopo che era caduto, pochi anni prima, il divieto ai cattolici di occuparsi delle questioni dello Stato italiano. Si trattava delle problematiche allora emergenti (la Centesimus Annus lo ricorda e lo descrive

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