Ma anche questo serve poco, se poi il partito socialista continua a ridurre il proprio interesse verso il mondo cattolico a rapporti istituzionali con le gerarchie, ovvero a rapporti con i singoli cattolici, tralasciando invece la ricerca di forme di interazione e collegamento con le espressioni organizzate del mondo cattolico. Collegamenti efficaci in tal •h•#iild senso non si improvvisano, presuppongono attenzione ai valori ed alle esperienze di questi gruppi cattolici: il che finora non è stato. Presuppongono che lo stesso partito socialista si organizzi diversamente; intensifichi il proprio dibattito interno e con la società, attivi e favorisca al suo interno il formarsi di forme associative vitali; il che finora non si è verificato quasi mai, nel caso italiano. Solo acquisendo esperienze di questo tipo sarà possibile instaurare rapporti non strumentali e fecondi con quella parte del mondo cattolico e con quelle forze organizzate cattoliche disponibili a collegamenti diversi da quelli tradizionali con la Dc. Ragionando sui consensi, e sulle critiche B alza evidente l'ampia portata dei consensi che hanno accompagnato l'Enciclica nel nostro Paese: si tratta tuttavia di consensi diversi, non unitari, cioè non sempre riferibili alle stesse ragioni di fondo; perfino di consensi non credibili di commentatori che magari qualche tempo fa hanno severamente criticato il Pontefice per il suo forte richiamo alla pace durante la Guerra del Golfo. Provo qui anzitutto a registrare le motivazioni, a mio avviso, serie degli apprezamenti per il documento che mostra di voler rinunciare a ogni carattere celebrativo e presenta urgenti temi di riflessione: la diffusa dichiarazione di morte del marxismo-leninismo, non sostituibile da ipotesi di capitalismo selvaggio; le trasformazioni del capitalismo, bisognevole, con mercato, imprese e profitti, di un rigoroso esame e di severe correzioni; il concetto di cooperazione, in opposizione agli egoismi tuttora diffusi, e il ruolo di solidarietà e di sviluppo degli organismi sociali. Pur non proponendo un giudizio articolato contro «l'homo oeconomicus», contro l'uomo, cioè, che si è determinato solo per la sua dimensine economica, l'Enciclica invoca, come indifferibile, un'economia finalmente al servizio dell'uomo, che neghi nuove schiavitù, rimonti i radicali divari tra Nord e Sud e finisca col ridistribuire i beni, in danno di individualismi ed egoismi, nel superamento anche della ma di Ettore De Marco nipolazione selvaggia dell'ambiente. Come ha osservato De Rita, con l'Enciclica l'economia si vede riconosciuto un ruolo di sussidiarietà, con la riconferma dei diritti dell'uomo e delle associazioni, contro l'utilitarismo, contro le nuove povertà e in vista, si badi, di una più adeguata tutela statuale dei beni collettivi. Consensi motivati dunque alla proposta mirata e progettuale di risolvere argomenti di grande interesse e di vasta portata innovatrice: come ci ricordava Weber, in questo aspetto non molto dissimile da Marx, occorre evitare che il capitalismo si trasformi in una macchina che soddisfa i bisogni umani fondamentali. Finalmente le vecchie concezioni del mercato e delle sue leggi, così come propinate anche di recente in autorevoli sedi, non sono più un dogma, vanno piegate all'uomo e richiedono decise iniziative: per una nuova dimensione dell'umanità dovrà essere evitata la vittoria totale e fine a se stessa del capitalismo, come dovranno esser sconfitte la mentalità privata che non provenga dal lavoro e che non si ponga al servizio del capitalismo finisce con l'essere, insomma, quello di strumento di organizzazione della produzione dove però l'uomo, ogni uomo, si affranchi dalla miseria e non divenga in qualche modo vittima del sistema: e sempre che il capitalismo possa essere dominato e «addomesticato» con un controllo della socialità e con una reale «socializzazione» del potere, cosa di cui sembra dubitare Ferrarotti per le forti resistenze che finiscono con l'opporvisi. Abbiamo poi registrato i consensi a uso di bottega, come i consensi emotivi e quelli accompagnati, come abbiamo già annotato, da quasi contestuali, non credibili testimonianze; perfino i dissensi clamorosi, e direi per tanti aspetti coerenti con le premesse da cui partono, come quello del presidente della Confindustria: si tratta di critici sempre più preoccupati per il rischio che corre il capitalismo senza regole, pronti a rilasciare dichiarazioni sul fatto che l'Enciclica, a loro dire, offende i meriti comunque acquisiti dal capitalismo e le strette relazioni esistenti tra libero mercato e democrazia. Senza tralasciare le motivazioni apportate da quanti, imitando certi odiosi professori che non esaminano il compito scritto per la sua tenuta, ma lo giudicano per come lo svolgerebbero loro, finiscono col riferire le valutazioni più diverse e contraddittorie: esse vanno dalla scarsità di valore profetico del1'Enciclica alla contraria pretesa, chissà perché innaturale per un Pontefice, di chiedere che la questione sociale si risolva alla fine nel Vangelo, peraltro se non testo sacro per tutti, almeno documento storico non poco meritevole di sollecitare verso un mondo più giusto e più umano. Un rispetto considerevole di meditazione è poi quello delle «diverse varianti del socialismo» di cui l'En-
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