Un'altra critica è frequente, e mi sembra più grave: è quella che rileva la sfasatura, anzi la contraddizione, fra l'orientamento sociale moderno e progressista contenuto nell'Enciclica e le direttive di morale familiare ispirate al noto rigorismo, in particolare in materia di controllo delle nascite. Anche a me sembra difficile conciliare questi orientamenti, e sottovalutare le conseguenze del secondo nelle condizioni sociali ed economiche di intere popolazioni sottosviluppate. Ed infine sorprende che in tutta l'Enciclica che coglie così attentatamente le novità del mondo del lavoro, non ci sia una parola sulla massiccia entrata delle donne in questo mondo, che costituisce la novità più importante degli ultimi 50 anni. Questa disattenzione è alquanto significativa e non è priva di nessi con la contraddizione segnalata prima. 2. I contenuti della Centesimus Annus sono coerenti con questa premessa: non a caso riprendono con puntualità molti temi del pensiero sociale laico e, più specificamente, di quello sociale liberale, nelle sue espressioni più avanzate. Lo stesso linguaggio è moderno e «laico», la distanza è evidente dall'impostazione della Rerum Novarum, alquanto «forzata» anche rispetto al dibattito ed alla cultura del tempo, preoccupata evidentemente di rientrare in un campo, «quello sociale», .da cui la chiesa era stata storicamente spiazzata. Oggi il messaggio della chiesa può perdere le forzature dottrinali e parlare un linguaggio moderno, perché la presenza cattolica in campo sociale è affermata e riconosciuta, non solo in Italia. Non mi sembra fondata l'accusa di influenze «orientali» nel pensiero del papa polacco. Il respiro internazionale dell'Enciclica è doveroso ed equilibrato. Neppure si può dire che sia deformata la concezione di sindacato. Assegnare al sindacato l'obiettivo della liberazione e promozione integrale della persona può apparire enfatico: soprattutto a chi ha sott'occhi il moltiplicarsi di tendenze microsettoriali e corporative nel sindacalismo delle ricche società «terziarie». Ma non può liquidarsi come una semplice nostalgia del modello Solidarnosc. Del resto, passato il 1989, anche questo sindacato si trova davanti ai problemi della «ricostruzione» e della partecipazione allo sviluppo, ben noti ai sindacati confedei.>ll, BI\:\( :o l.XII. BOSSO •h•#hld rali dell'occidente, quelli che ancoravogliono riaffermare una loro vocazione universalistica. L'obiettivo della partecipazione nell'impresa, vista non solo come società di capitali, ma anche di persone, è più che mai di attualità per i sindacati delle nostre società. È indicato dall'Enciclica, in modo un po' generico, ma significativamente come il primo elemento dei suoi orientamenti sociali (al n. 43); come un fattore decisivo per correggere le tendenze del puro mercato ed orientare 1 'impresa verso il bene comune. Alcuni accenni dell'Enciclica confermano una visione dei problemi sociali nient'affatto «provinciale» ed aperta alle suggestioni più interessanti del riformismo moderno; il valore centrale del lavoro, e delle capacità di iniziativa e di imprenditorialità; il rilievo decisivo delle risorse umane, delle capacità di conoscenza fondate sul sapere scientifico; la urgenza quindi di garantire a tutti adeguati «accessi» a tali conoscenze, e sul piano internazionale un «equo accesso agli scambi fondati non nel principio unilaterale dello sfruttamento delle risorse naturali, ma sulla valorizzazione delle risorse umane» (n. 33). 3. Il rapporto fra Stato e corpi intermedi della società delineato nell'Enciclica risente certo de1la elaborazione tradizionale della chiesa cattolica, la quale si è nei fatti prestata ad interpretazioni riduttive o strumentali. Ma di per sé le indicazioni dell'Enciclica non mi sembrano né inaccettabili per chi appartenga ad altre tradizioni culturali, né inconciliabili con l'organizzazione moderna dell'economia e della società. Al contrario anche qui ci sono spunti attualissimi, a condizione ovviamente che vengano «elaborati dalle forze sociali e politiche cui spetta farlo». I compiti dell'intervento statale sono indicati secondo priorità selezionate in modo attento ad evitare sia gli eccessi dell'assistenzialismo sia i rischi dello stato minimo: dalla sicurezza, ai servizi pubblici efficienti, alla armonizzazione e guida dello sviluppo, dal sostegno alla creazione di lavoro, alla protezione dei beni collettivi (n. 40 e 48). La soggettività della società richiamata nell'Enciclica è un fenomeno oggi più che mai prorompente, stimolato dalla crescita delle opportunità tecnologiche e conoscitive e dalla diversificazione dei bisogni, delle forme organizzative e produttive. È da questa soggettività che occorre partire, evidentemente in modo non acritico, per ricercare obiettivi unitari accettabili alla collettività nazionale, per orientare le scelte economiche ed anche politiche. La sfida riguarda tutti i soggetti istituzionali, lo Stato e le autorità pubbliche in genere, i partiti, e gli stessi sindacati confederali, investiti prima di altri dalle tensioni centrifughe. 4. Certo il protagonismo dei corpi intermedi, in specie dell'associazionismo sociale e politici dei cattolici, crea problemi particolari nel contesto italiano. L'associazionismo sociale e politico dei cattolici costituisce un «serbatoio» di energie utilizzabile per diverse operazioni politiche. Come è noto in Italia è stato storicamente utilizzato soprattutto dalla Dc: oggi forse più che in passato, nonostante il progredire della riflessione sul pluralismo politico dei cattolici. Il fatto è che il pluralismo politico dei cattolici non ha bisogno tanto di riaffermazioni teoriche circa la sua legittimità: ha bisogno di condizioni storiche favorevoli e di pratiche concrete. Tra le condizioni storiche c'è in primo luogo l'iniziativa dei partiti laici, socialisti eriformisti, che invece è stata al riguardo carente. È stata carente per il fatto stesso che questi partiti hanno poco capito e poco praticato il valore politico dell'associazionismo. Con la conseguenza di lasciare largo spazio, se non monopolio, alla Dc. Non a caso questi partiti, in primo luogo il partito socialista, hanno fatto poco per sviluppare una propria presenza associativa e per collegarsi a quelle esistenti. Hanno fatto meno in Italia che in altri paesi, mentre invece ce ne era più bisogno, proprio per la prorompente presenza di un associazionismo cattolico potenzialmente ricco ed orientabile in direzioni diverse. Con la conseguenza di lasciarlo storicamente «a disposizione» della Dc. Serve a poco lamentarsene, o anche dubitare, dell'utilizzabilità «diversa» di questo associazionismo. La prova contraria non può esser presunta; va data nei fatti. Né serve accusare i «messaggi» papali o ecclesiastici che, come questa Enciclica, sono «teoricamente fondati e politicamente neutri». Certo è legittimo criticare i comportamenti «invasivi» di certi «operatori» ecclesiastici, che era la critica di alcuni interventi al congresso socialista.
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