e soltanto partendo da quella scoperta kantiana del «soggetto», da quell'Illuminismo che il Papa invece condanna. Mi pare che il punto cruciale dell'Enciclica (un punto che fa dubitare anche di tutto quello che di accettabile e giusto vi è affermato) consista nel negare il raggiungimento consapevole e dichiarato da parte dell'uomo di valori fondati sull'Uomo e non sulla relatività a Dio. È naturale che il Capo di una religione affermi come verità indubitabile la dipendenza dell'uomo da Dio, ma è temibile che lo faccia il Capo della Chiesa cattolica, di una Chiesa, cioè, che appartiene, nel bene e nel male, alla storia d'Europa, e che ne ha condiviso, quando non causato, tragiche certezze, dalla sacralità dei Re e degli assolutismi alle stragi crociate, dalla persecuzione degli ebrei ai roghi di eretici e di streghe, dalla benedizione delle conquiste coloniali al silenzio sull'asservimento di contadini e di schiavi. Come negare che soltanto svincolandosi dalla soggezione alla religione ha potuto nascere la Scienza, quella scienza che ha permesso all'aereo del Papa di «sfidare i cieli», quella scienza che ha permesso di salvare la vita al Papa «sfidando la natura» con gli interventi «artificiali» dopo l'attentato? Alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo si è giunti soltanto quando si è elaborato un concetto metafisico, non religioso, della trascendenza dell'uomo; siamo tutti uguali, nessuno può essere ridotto a strumento (Kant) soltanto se non siamo relativi a nessuno, neanche a Dio, perché è su questa relatività che si è sempre fondato il Potere. Questa certezza è stata pagata con lacrime e sangue, con le rivoluzioni di Francia, d'America, di Russia, ossia con la rivendicazione consapevole dei propri diritti di «soggetto» da parte di uomini oppressi. Il cristianesimo, per quanti meriti abbia alla radice il messaggio evangelico, non è mai arrivato a «teorizzare» i diritti di libertà e d'uguaglianza, limitandosi ad opere di carità e di assistenza ai poveri che tali però rimanevano. Senza l'umanesimo laico, la «carità» cristiana è stata sempre, per definizione, priva di giustizia. Wojtyla esulta per la caduta dei governi dell'Est, dimenticando tuttavia che all'Est despoti cristianissimi hanno oppresso per lunghi secoli i loro popoli condannandoli alla più tragica miseria .i)ll. BI\:\( :o l.XII, BOSSO iii•~i§•hii ed ignoranza, con il contributo della Chiesa che, predicando l'umiltà e l'obbedienza, è servita a mantenerli fedeli sudditi. Senza il socialismo il Papa non potrebbe parlare con tanta disinvoltura, nè di questione operaia nè di un giusto salario. D'altra parte è anche molto ambigua la condanna che Wojtyla emette sul modello occidentale, definito come edonista e consumistico. Si ha il dubbio che risuoni in questa condanna l'antica vocazione cristiana alla sofferenza e alla rinuncia che per tanti secoli ha contraddistinto la politica della Chiesa e che ha fatto accettare come inevitabili conseguenze del peccato le epidemie, la mortalità delle donne e dei bambini, le carestie, la fame, il freddo, la povertà. Non è forse il modello occidentale che persegue attraverso l'Organizzazione mondiale della sanità l'abbattimento della mortalità per parto nei paesi del Terzo mondo, la vaccinazione di tutti i bambini, l'insegnamento dell'igiene e dei primi rudimenti del sapere alle donne, che è la vera, fondamentale condizione per la salute? La proclamazione del «diritto» alla salute fisica e psichica è parte integrante di quel modello «edonista» che il Papa condanna. L'esortazione a condividere i beni della terra con tutti i popoli è senz'altro giusta, ma non è con le buone parole e con i buoni sentimenti che si superano le immani difficoltà che si oppongono Papa Pio Xli alla manifestazione della sera. 58 a questa meta, mentre Wojtyla si scaglia contro la prima e indispensabile condizione: il controllo demografico. La correlazione fra procreazione e mortalità infantile è una legge statistica «naturale». Se si abbatte la mortalità si devono abbattere anche le nascite. La crescita esponenziale della popolazione sulla Terra deve necessariamente essere ridotta perché ci sono dei limiti alle risorse e allo sviluppo calcolati con precisione matematica dagli scienziati per il prossimo futuro. Ancora una volta il Papa cade nel tradizionale oscurantismo della Chiesa quando disprezza i dati elaborati dalla scienza, affidandosi al buon cuore e alla provvidenza, e nega il diritto a qualsiasi tipo di contraccezione salvo che non si tratti della rinuncia alla sessualità. Una posizione questa che, a prescindere da qualsiasi altra considerazione, rivela la visione strumentale e razzistica che Wojtyla ha delle donne. Nell'Enciclica, dichiaratamente dedicata alla giustizia sociale, il sesso femminile e «la donna» vengono citati di sfuggita soltanto due o tre volte. Eppure le donne sono oggi in tutto il mondo il gruppo più privo di diritti: il maggior tasso di malattie, di analfabetismo, di disoccupazione, di mansioni e salari più bassi, di apartheid dalla vita sociale, sono ovunque appannaggio del sesso femminile. Ma il Papa continua a vedere le donne soltanto in funzione della mater-
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