.Q.ll. BI\:'\CO \Xli. BOSSO 1111 #hlA Laici: non temete, e non scambiate Chiesa e Dc L ' 1· . ' evange 1zzaz1onenon e temporalismo. Per la preoccupazione di una egemonia ecclesiastica nel temporale, la Rerum Novarum di Leone XIII non fu allora accolta da liberali e socialisti anche se ha poi segnato la storia di questi cento anni. Dopo il Concilio Vaticano II e da qualche decennio tale preoccupazione sembrava scomparsa ma inopinatamente, e con un coro ora velato ora scoperto, è ricomparsa sulla scena politica del congresso socialista di Bari. Mi pare soltanto «scena politica», ché non ha ancora sufficienti motivazioni per occupare uno spazio di qualche spessore e contenuto nella scena culturale. Tale questione, però, investe la stessa concezione della missione della Chiesa e della peculiare funzione del Suo insegnamento sociale. Ritengo, perciò, opportuno ribadire in proposito alcune considerazioni che ho già espresso altrove. La missione evangelizzatrice del Pontefice e la ricchezza di umanizzazione che essa esprime trova ampio riconoscimento nel mondo contemporaneo. Essa, infatti, è volta a far ritrovare all'uomo di oggi la sua fisionomia, il suo significato, le ragioni profonde del suo essere e operare nella storia. Che tutto ciò abbia una sua peculiare incidenza anche sotto profili culturali e politici, oltre che spiccatamente religiosi, è la conseguenza naturale di un messaggio religioso, come quello cristiano, rivolto ad ogni uomo e a tutto l'uomo. Ma questo non è certamente «temporalismo» secondo l'accezione che nel linguaggio socio-politico viene attribuita a questa espressione: non è esercizio da parte della Chiesa di un potere politico temporale o della gestione diretta di realtà e iniziative concernenti la globale organizzazione e costruzione della città dell'uomo. di Raffaele Cananzi Chi operasse questa confusione non avrebbe idee chiare sulla forza della fede e della verità soprannaturale che non può non avere riflessi diretti su valori antropologici ed etici che costituiscono un patrimonio culturale di grande spessore e rilievo per qualunque cittadino cattolico; non avrebbe neppure idee chiare su quella distinzione-reciprocità che regola il rapporto fede-storia, Vangelo-cultura, religione-politica una distinzione che non è separazione ma che non è neppure confusione. In questo quadro è fuori da ogni intelligenza storica e critica affermare l'intenzione - in toto o in parte - del magistero pontificio di voler operare un inquadramento o un decisivo orientamento dei cattolici di una o più nazioni verso un partito politico. Si tratta di una visione per un verso, assai riduttiva della globale e universale finalità del magistero pontificio, e per altro verso dimostrativa della incapacità di cogliere l'assai più profondo e vasto contenuto del magistero stesso. È certamente anche riduttiva l'interpretazione di quella che viene definita «dottrina sociale della Chiesa», che come autorevolmente e di recente è stato esplicato, non rientra fra le discipline della sociologia e dell'economia ma è parte della teologia morale anche se attinge da altre discipline e raggiunge il completo cammino dell'uomo e della società, nel senso di non restare «teoria» ma di essere seria e penetrante «motivazione all'azione». Il piano della motivazione resta ancora sul terreno etico, sulla formazione delle coscienze, su un orientamento che ha bisogno di ulteriori mediazioni per trasferirsi sul terreno politico, sul programma politico, sulle scelte politiche. Ora non si capisce perché qualcuno lamenti il fatto che l'insegnamento pontificio trovi riscontro anche nella realtà italiana, nel senso che i cattolici di questo paese, con gli uomini di buona volontà, vi prestino attenzione cercando di promuovere migliori condizioni di umanizzazione, di rispetto della vita,di giustizia sociale e di solidarietà e cercando di tradurre in scelte concrete, storiche, politiche quell'autorevole Voce che secondo il Concilio merita sempre «un religioso ossequio» da parte dei cattolici. Non può sfuggire a nessuno che i cittadini di questo Paese sono cresciuti pure in discernimento politico. Anche i cattolici che sono fra questi cittadini sono cresciuti in questo discernimento. Che in Italia gli errori politici comincino a pagarsi è fatto estremamente utile per la democrazia. Ed è un ulteriore errore politico, quello di non riconoscere i propri errori sul referendum e sull'accresciuta coscienza politica dei cittadini di questo paese che cercano di votare ove c'è più chiarezza per la libertà e più volontà di rinnovamento. Senza anatemi contro un astorico temporalismo della Chiesa e senza una rozza e fuorviante interpretazione del puntuale e aggregante - non per la Dc! ma per l'umanità - magistero pontificio, sarebbe stato più semplice dare atto di una più matura coscienza democratica del popolo italiano - presa d'atto che non può sfuggire a nessun partito, e tanto meno a quello di maggioranza relativa - e di una o più errate valutazioni politiche con quella autocritica che in democrazia è segno di responsabilità e di intelligenza. Circa le linee di fondo e, cioè, i principi ispiratori dell'insegnamento sociale della Chiesa, oggi si sottolineano spesso la concezione dello Stato nel più ampio quadro del cosiddetto principio della sussidiarietà e la costruzione del bene comune della destinazione universale dei beni. «Sussidiarietà» e «solidarietà» hanno certamente costituito due cardini fonda-
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