..\>!I, Bl\:\CO l.XII.HOSSO •U•#hliJ La manifestazione notturna in via della Conciliazione. nendosi come antagonista rispetto ad essi». A questo punto entriamo nel vivo di un altro aspetto della questione sollevata da Martelli: se la Chiesa abbia il diritto di intervenire nel rapporto tra Stato e società civile. La risposta formulata dalla Chiesa è esposta anco(a nel capitolo V dell'Enciclica. I punti 46 e 47 sono un capolavoro di criptoscrittura da decifrare con estrema attenzione per comprenderne il senso autentico. Dopo aver affermato la superiorità morale della «verità cristiana», il Papa dichiara che «la libertà è pienamente valorizzata soltanto dall'accettazione della verità» di conseguenza non si può non dedurre che un'autentica democrazia è possibile esclusivamente in uno Stato cristiano. Emergono dalla lettura di questi paragrafi inquietanti segnali: il Papa non si rivolge esclusivamente alle coscienze dei singoli credenti per compiere la sua missione di evangelizzazione, ma si rivolge ai governi, chiede di «introdurre Dio nello Stato». Sorge, mi pare legittimo, il sospetto che il Papa intenda inverare la dottrina della Chiesa in ideologia fondante dello Stato. A conferma di un tale atteggiamento vanno ricordati i termini nei quali il pontefice ha posto, nel suo discorso di Radom, la questione dell'aborto. Egli non ha posto, infatti, la liceità dell'aborto esclusivamente nei suoi termini morali, approccio questo pienamente legittimo da parte della Chiesa. Niente affatto, il Papa ha posto la questione mettendo in discussione la legittimità dei Parlamenti eletti dal popolo di legiferare in questa materia. Questo l'aspetto gravissimo che Wojtyla propone e di fronte al quale non è possibile tacere perché investe uno dei principi fondativi della società moderna. Religione e politica devono restare due aspetti, certamente interrelati, ma nettamente distinti del sistema sociale. La Chiesa non può superare i confini di una spiritualità tesa ad ispirare sia l'agire sociale degli individui che l'agire politico dello Stato. In altri termini, la Chiesa può ispirare le opzioni di valore dei pubblici istituti, ma non può pretendere di incarnarsi nell'apparato statale. I guasti sociali causati da una tale pratica risultano evidenti dalle condizioni di arretratezza economica e culturale in cui si agita l'universo islamico. Non possiamo restare inermi davanti a questa sorta di Controriforma. Non si può - come ha avvertito Martelli - «subire senza risposta una contestazione così radicale del proprio mondo e un così aspro rovesciamento dei propri valori in disvalori». La storia non può tornare indietro. Il processo di modernizzazione, nonostante i suoi atroci costi, ha prodotto progresso materiale ed emancipazione civile. Certo, il modernismo capitalistico produce disvalori: la progressiva evaporazione dei vincoli di solidarietà sociale, anomia ed alienazione. Su questi effetti perversi, sono convinto, cattolicesimo e socialismo possono e debbono intervenire fornendo nuovi «valori comuni» per generare la delicata trama del tessuto sociale. Resto fermamente convinto che solidarismo cattolico e riformismo socialista possono insieme governare il mutamento sociale verso il progresso e l'emancipazione dell'umanità il rispetto e nella tutela dell'integrità dell'ambiente naturale. Ma resto quanto meno perplesso quando la Chiesa supera i confini della spiritualità ed investe direttamente la questione dei rapporti tra Stato e Chiesa, della laicità dello Stato e della libertà di coscienza, fino ad affermare che non vi può essere una vera democrazia senza la fede in Dio. Qui occorre precisare che lo Stato laico garantisce le libertà delle coscienze, compresa quella religiosa, ma analogamente la Chiesa non può imporre allo Stato la «sua» verità, altrimenti dalla democrazia si passa alla teocrazia. Un ultima nota: non credo che questo franco confronto sul messaggio papale possa provocare rotture tra cattolici e socialisti. Noi ci limitiamo a segnare i confini tra Stato e Chiesa, sosteniamo le ragioni del pluralismo etico e difendiamo le conquiste della civilizzazione, tra quali l'aborto ed il divorzio. Nessun cattolico di buon senso può sentirsi offeso dal nostro operato a meno che non si voglia strumentalmente far coincidere la «questione cattolica» con la «questione democristiana». Sono due cose profondamente diverse. E l'evoluzione della nostra democrazia passa attraverso la sempre più marcata distinzione tra questi due «campi».
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