.{>!I. Bl.\:\CO l.X11. nosso •fr•#hlli <<CentesimuAs nnus>>: una discussione necessaria «Il Bianco e il Rosso» ha aperto un dibattito tra politici, uomini di cultura, sindacalisti, cattolici e no, sul rapporto tra Chiesa cattolica e mondo moderno, sull'onda del «successo» della recente Enciclica «Centesimus Annus», e delle discussioni di inizio estate che hanno seguito l'intervento di Claudio Martelli al recente Congresso del Psi, a Bari, cui in questo stesso numero abbiamo dedicato (vedi sopra) un settore ampio della nostra «Attualità». In questo numero pubblichiamo una prima serie delle «risposte» che abbiamo ricevuto. Anche il Dossier del prossimo numero sarà dedicato allo stesso argomento, e in esso pubblicheremo altre risposte. Tra gli altri interverranno Roberto Formigoni, Adriano Ossicini, Gabriele Gherardi, Giancarlo Lombardi, Franco Monaco, Alfredo Luciani, Danilo Veneruso, Luigi Vertemati, Anna Carli, Raffaele Morese, Maurizio Polverari, Pietro Merli Brandini, Maria Immacolata Macioti, Luigi Bobba, Gianni Italia, Carlo Stelluti, Luigi Cocilovo, Raffaele Bonanni e altri, che ringraziamo. I nostri lettori noteranno che questo Dossier esce, ed è la prima volta per la nostra rivista, senza una «Bibliografia». Rimandiamo infatti, per essa, a quella che abbiamo pubblicato a conclusione del Dossier del nostro n. 10/ 11, novembredicembre 1990 (G.G.). A cento anni dalla «Rerum Novarum» è arrivata la «Centesimus Annus». Stessa cattedra, quella di Roma, ma i destinatari, mondo e Chiesa, sono profondamente cambiati. Proprio tenendo presenti i cambiamenti del mondo e della stessa Chiesa, con gli sconvolgimenti della storia d'Italia che conosciamo, con le due guerre mondiali, con la nascita e la fine dell'Impero comunista, con la questione Nord-Sud che si aggrava sempre più, con l'esplosione del problema ecologico su scala mondiale e, con tutti i problemi che caratterizzano la nostra epoca, occorre riflettere sull'accoglienza, non solo da parte cattolica, della «Centesimus Annus», e chiedersi a cosa sia dovuto il coro di consensi che l'ha accompagnata. - Siamo, come qualcuno ha sostenuto, in un'epoca di papismo che annulla le conquiste laiche degli ultimi due secoli? O si deve dire che esse hanno oggi contagiato anche la dottrina papale? Si può temere una egemonia cattolica sulla nostra società, o addirittura una egemonia papale sugli anni duemila che si stanno avvicinando? Se sì, quali possono essere le risposte, o eventualmente come può collegarsi, tutto ciò, con la modernità, posto che di questa si possa dare un'idea che non si riduca ad un sentimento piuttosto vago? - -- - - - - Il concetto di Stato che è presente nella dottrina sociale di Giovanni Paolo II è un concetto accettabile da tutti, anche da chi non condivide i principi religiosi, o anche solo i principi cattolici che sono del Papa? - Come giudicate la centralità del lavoro che emerge dal testo e dal contesto dell'Enciclica? Sotto la penna di papa Wojtyla torna spesso il tema dell'alienazione dell'uomo lavoratore? È un'ultimo tributo del vincitore al marxismo sconfitto? - Il protagonismo dei corpi intermedi della società, che Giovanni Paolo II pare teorizzare più volte, in dualismo o in dialettica con lo Stato, è conciliabile con l'organizzazione moderna dello Stato stesso e dell'economia contemporanea? - L'idea del sindacato che emerge, dalla lettera papale, è conciliabile con la situazione attuale dei sindacati, non solo in Italia? È giusto dire che il modello «Solidarnosc» segna profondamente tutto il pensiero sociale di Giovanni Paolo II, e quindi toglie attuabilità e praticabilità della sua concezione di sindacato in una società non segnata dal marxismo al potere? - Si può parlare di una accettazione piena, da parte della dottrina della «Centesimus Annus», di un «sociali44 smo» umanistico e di una economia in cui il mercato sia regolato appunto da criteri di socialità e di bene comune al punto da poter parlare di un vero e proprio socialismo cristianizzato, come più di uri commentatore ha fatto? - Il socialismo riformista ha punti di collegamento nuovi, al di là delle semplici coincidenze dei termini, con l'insegnamento sociale della «Centesimus Annus»? - Come salvaguardare, oggi, la doverosa «laicità» dei partiti e la presenza in essi di cattolici che tali sono e tali vogliono restare? Sarebbe possibile conciliare, non solo in astratto, ma di fronte alle questioni concrete che la nostra società offre, l'appartenenza alla Chiesa cattolica e la presenza nelle file di un partito non dichiaratamente cattolico? Cosa debbono fare, oggi, i partiti socialisti e riformisti italiani, per diventare credibili e affidabili anche agli occhi dei cattolici italiani? Come avete interpretato gli interventi di alcuni leader socialisti al recente Congresso di Bari, critici di un certo protagonismo papale e del ricompattamento del mondo cattolico attorno alla Dc? Forse nel Psi alcuni pensavano di aver regolato tutti i conti con la questione cattolica per il semplice fatto del contributo, certo determinante, dato dal presidente. Craxi alla
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