Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 20 - settembre 1991

iii•iii•Q tivi, che non si può voltare non una, ma mille pagine di un libro importantissimo che ancora non si è riusciti a leggere se non in minima parte. Che ne sappiamo, davvero, della strategia della tensione, da piazza Fontana in poi? Che ne sappiamo della tragedia Moro? Chi ha fatto in modo che durante quei giorni terribili i vertici degli organi deputati alle ricerche e alle indagini fossero tutti in mano a iscritti alla P2? Con chi sono state avviate, se lo sono state, le «trattative», poi abortite, per arrivare a liberare Moro? E cosa sappiamo della strage di Bologna, e di quella del treno Italicus? Chi, perché, cioè con quali motivazioni sociali, o addirittura per contrastare quali ingiustizie, ha ucciso l'operaio Guido Rossa, il cattolico Walter Tobagi, il laico Carlo Casalegno, e ha sparato a Indro Montanelli, a Gino Giugni, a Emilio Rossi? Chi ha ucciso Lando Conti, ex sindaco di Firenze, e perché? Chi ha, solo tre anni fa, trucidato Roberto Ruffilli, e con quali finalità politiche, se ne aveva qualcuna? Si può legittimamente, e autorevolmente, suggerire di «voltare» definitivamente una pagina così tragica che nella più benevola delle ipotesi non si è mai riusciti, e in quella più malevola, ma non del tutto infondata, non si è mai voluto leggere fino in fondo? Ha ragione Claudio Martelli, vicèpresidente del Consiglio, a dire che ormai questa vicenda Curdo è diventata una «matassa intricata». A me pare legittimo, come risulta da più parti, che egli desideri che'Curcio riottenga la libertà, ma solo se possibile, rispettando le leggi vigenti, o ricorrendo ad un provvedimento specifico, che non assuma significati tali da far diventare la liberazione stessa, come di fatto sta accadendo, impossibile. In questa vicenda Renato Curcio, a parere di chi scrive, deve difendersi da parecchi nemici, volontari o meno, e il primo mi pare lo possa trovare in se stesso. Le sue dichiarazioni e le sue lettere chiedono l'impossibile: una specie di riconoscimento propriamente politico delle Br, in senso stretto e pieno. Chi ora pare voler riconosciuto alle Br uno statuto non solo di interlocutori politici dello Stato, ma anche di agenti sociali scaturiti da fenomeni di massa che li renderebbero comprensibili, se non addirittura giustificabili, ottiene un effetto davvero sconvolgente. Così la storia delle Br, e anche del terrorismo nero, uscirebbe dalla storia della criminalità come tale e si trasferirebbe in quella dei fenomeni sociopolitici. Carlo Carretto, alla veglia notturna. Viene da pensare che allora ·il difetto fondamentale del terrorismo, di destra e di sinistra, è stato quello di non aver avuto abbastanza forza per abbattere lo Stato, per cui esso oggi è sconfitto in linea di fatto, ma legittimato aricevere l'onore delle armi e il riconoscimento di avversario dallo «Stato borghese» che non è riuscito ad abbattere, e che oggi, sentendosi <<forte e maturo», può dire quello che allora, tatticamente, non poté permettersi di dire, e cioè che i terroristi hanno incarnato un reale movimento di massa, con motivazioni sociali addirittura nobili, come quella di porre rimedio alle ingiustizie. Ebbene, una soluzione di questo tipo non pare accettabile: chi vuole davvero aiutare Renato Curcio non può spingere in questa direzione. Appare singolare che a fare questo siano, come si è letto a più riprese sulle pagine de «Il Manifesto», persone che si dichiarano amici di Curcio.

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