iiikiii•P pali destinatari. Il sì socialista vanifica questo argomento, che forse aveva troppo in mente il precedente di Giorgio Amendola nel 1963, la cui proposta di partito unico incontrò innanzitutto i no dei socialisti. Altri appaiono poco informati sulla realtà milanese e francamente incoerenti, come quello del responsabile nazionale per gli enti locali Luciano Guerzoni, il quale sembra dimenticare che il Pds avanza una proposta di riforma elettorale tesa ad estendere il sistema maggioritario a tutti i comuni, con il che, non solo i gruppi dovranno essere unici, ma dovranno esserlo persino le liste elettorali. Coerenza vorrebbe che egli applaudisse la mia proposta. Il no politicamente più serio, tuttavia, viene da coloro i quali leggono, o pretendono di leggere questa proposta come l'anticamera del «governissimo», prima a Milano poi a Roma. Nulla potrebbe essere, però, più lontano dal vero. Io ritengo che il Pds abbia infatti di fronte a sé tre strade possibili: l'unità dei riformisti, la concorrenza alternativa al Psi nel rapporto con la Dc (la politica del «secondo forno»), le mille schegge dell'opposizione. Mi batto per la prima di queste scelte che considero tra l'altro la sola veramente possibile e l'unica capace di coagulare positivamente tutto il variegato mondo della sinistra, invertendo l'attuale tendenza alla disgregazione. La seconda scelta, oltre che rovinosa, pare a me del tutto irrealistica. In ogni modo la proposta che avanzo è quella di dar vita ad un nuovo soggetto politico riformista. Quale politica di alleanze dovrà compiere, poi, è un discorso importante ma che si può fare solo dopo che ad esso si è dato concretamente vita, con scelte inequivocabili e coraggiose che, lo ripeto ancora una volta, non capisco quando si debbano fare, se non ora, ed a partire da dove se non da Milano. Curcio: voltare pagina? Ma prima leggerla di Giovanni Gennari Mentre scrivo queste righe, pochi giorni dopo Ferragosto, la vicenda della eventuale liberazione di Renato Curcio, si sta avvitando su se stessa come un aereo impazzito, così che pare difficile intravvedere un punto di arrivo qualsiasi, in una gigantesca inconcludenza che rischia di diventare un simbolo di tante cose italiane, se non di tutte, oggi. Forse vale la pena di riflettere a voce alta sul1' argomento, con la convinzione di poter fare cosa utile, e procedendo per punti successivi. 1. Perdono non è condono Questa può apparire una precisazione superflua, ma basta ascoltare e leggere, in questi giorni, per capire che non è così, perché molti confondono le due prospettive. E invece esse sono del tutto diverse. Il perdono è un atto morale, che si colloca direttamente sul piano delle relazioni interiori, ed esclude l'odio e la vendetta della vittima nei confronti del responsabile di un torto, di una violenza, di una violazione del diritto personale o collettivo proprio. Il condono, invece, è un atto giuridico, si colloca sul piano delle relazioni sociali organizzate, della società cioè, o della collettività, rappresentate dal potere giudiziario, e mette fine alla esecuzione di una sentenza, condonando, appunto, tutta o in parte la pena comminata per un reato commesso. Il perdono è dunque altro che condono. La distinzione acquista un grande rilievo soprattutto se si tiene conto del fatto che per i cristiani il perdono è un atto sem-
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