L. 6000 I ss '.\ I 120-~l)ì() BIA nwnsilt• cli dihattito politico Sped. in abb. postale• Gr. 111/70% Anno II sommario settembre 1991 J EDITORIALE: Verificasul nulla (eper nulla), di P. Camiti 3 ATTUALITÀ: Mosca: stavolta la storia non è tornata indietro. Settanta ore col fiato in gola. Salviamo questo Paese. Le ricette dei duri: dal «Decreto» dei 15punti. Primi commenti e «Voci dal sen fuggite». Il comunicato di ReS. 9 Martelli, Camiti, il Papa e la Dc: Testi e rassegna stampa 27 Dopo Bari: qualcosa deve muoversi, di G. Baget Bozzo 29 E se Psi e Pds... «Unità socialista»: da Milano un nuovo soggetto politico, di P. Borghini 3] Curcio: voltare pagina? Ma prima leggerla, di G. Gennari 34 Contratti. Unpo' di ottimismo: condizionato, di R. Morese 36 Sanità italiana: «rapporto» sullo sfascio disumano, di G. Cimatti li Volontariato rispetti tutti i valori culturali, di E. 39 Canna vera «Lettera Repubblicana», di A. De Martini 40 DOSSIER: «Centesimus Annus»: una discussione 44 necessaria, Interventi di G. Di Donato, G. Rodano, G. Mattioli, M.E. Martini, F. Mortillaro, R. Cananzi, F. Ferrarotti, I. Magli, S. Ceccanti, C. Ciliberto, T. Treu, E. De Marco, G. Cazzola, G. Avonto L'EUROPA E IL MONDO: Gli interrogativi aperti 70 della crisi jugoslava, di N. Laroni Nazionalità: l'originalitàdel caso curdo, di G. Scarcia 71 Baltici e religione: dopo il sangue una libertà diffi- 73 ci/e, di G. Gennari VITA DELL'ASSOCIAZIONE: Il Incontro nazio- 78 nale dirigenti ReS (Bel/aria 27128 settembre) IMMAGINI: / giorni dei «Baschi verdi». Ottantesimo anniversario della Gioventù italiana di Azione cattolica (Roma 10-12 settembre 1948) V er1fica sul nulla (e per nulla) di Pierre Camiti Non c'è una sola ragione per subire l'inerzia del «tirare a campare» come se si trattasse di una sorta di fatalità. Eppure è questo il significato del vertice di maggioranza che si è svolto all'inizio di agosto. Un vertice sul nulla e per nulla. Come parecchi dei precedenti. Secondo alcuni, in realtà, un risultato ci sarebbe stato, ed è che la legislatura potrà arrivare
il 11• 0Alili alla sua scadenza naturale. Che poi questo possa servire, o meno, a risolvere anche uno solo dei tanti problemi in sofferenza non sembra avere un peso decisivo nella loro valutazione. Il fatto è che si è progressivamente smarrita la nozione che la «governabilità» non è un regalo che i partiti della maggioranza possono pensare di farsi tra loro, chiedendosi in cambio qualcosa. Dovrebbe essere né più né meno che l'esercizio di un dovere. Un rischio per ciascuno di essi e per tutti insieme. Dovrebbe essere, innanzi tutto, un recupero visibile di credibilità capace di rafforzare (se non addirittura di ricostruire) un legame tra cittadini ed istituzioni. Senza di che, governare, cioè chiedere che ciascuno faccia e patisca qualcosa, può risultare impossibile. Ma le cose non pare proprio che stiano così. Da quel che si è capito, la legislatura dovrebbe arrivare alla sua scadenza canonica più per rassegnazione che per vitalità. Nulla induce, infatti, a pensare che i mesi che ci separano dalle elezioni possano servire ad abbandonare le baroccaggini, che da tempo imperversano, attorno alla conquista del Santo Graal della riforma istituzionale. Ancora meno una campagna elettorale (praticamente di un anno) può servire a risanare la sempre più difficile situazione economica. Oltre tutto, l'aumento del costo del denaro, deciso a metà agosto dalla Banca Centrale tedesca e seguito dalle autorità monetarie di molti paesi europei, complica ulteriormente i problemi dell'Italia. Perché è l'esatto contrario di ciò che al nostro paese sarebbe stato utile per tonificare l'attività produttiva e per migliorare i gravissimi problemi della finanza pubblica. Dalla metà degli anni 80 l'industria italiana si era alquanto affrancata dal problema del costo del danaro avendo ormai raggiunto un buon livello di autofinanziamento e quindi minor bisogno di ricorrere all'indebitamento. Negli ultimi due anni però la situazione è radicalmente cambiata. Con i prezzi irrigiditi da un cambio sostanzialmente fisso, l'aumento dei costi (prodotto da un'inflazione doppia rispetto ai principali paesi europei) ha eroso i margini di profitto costringendo nuovamente le imprese ad indebitarsi. La soluzione del problema non può certo venire dalla trattativa sulla cosiddetta «riforma della struttura del salario» alla quale ciascuna delle tre parti ha soprattutto delle cose da chiedere. Sarà perciò da considerare già un miracolo se questo negoziato non peggiorerà le cose. In particolare per quanto riguarda la finanza pubblica. Si aggiunga che la politica economica del governo, per il 1991, è stata un fallimento. La crescita, quest'anno, sarà inferiore all' 1 per cento, mentre il governo aveva promesso il 2, 7. L'inflazione sarà più vicina al 7 che al 5 per cento. La produzione industriale, fino a luglio, era scesa di quasi il 3 per cento. È facile immaginare che a partire dal prossimo anno gli effetti di questo rallentamento si faranno sentire anche sul piano dell'occupazione. In queste condizioni non è arbitrario pensare che il documento di programmazione economica e finanziaria per il prossimo triennio, presentato dal governo nel maggio scorso, ha la stessa attendibilità della «Smorfia» per i numeri da giocare al lotto. « Tirandoa campare» il meno che può succedere è che la situazione economica diventi ingovernabile. Si deve inoltre aver chiaro che misure credibili di risanamento economicofinanziario sono fuori dalla portata di questo governo. Anzi, per dirla fino in fondo, fuori dalla portata di questa maggioranza. La severità delle decisioni che, ormai, si devono assumere ha infatti bisogno di una maggioranza molto più ampia di quella attuale. Poiché una cosa del genere è inimmaginabile in una fase preelettorale, bisogna dire che la decisione di votare il prossimo maggio (cioè alla scadenza naturale) non ha fatto guadagnare 10mesi alla legislatura, li ha fatti perdere alla politica di risanamento. Oltre tutto i problemi economici non sono come il vino, che invecchiando migliora. Bisogna inoltre tener presente che c'è una crescente frammentazione corporativa che acuisce la disgregazione, che rende precario il senso di una sorte condivisa. E c'è anche la debolezza dei partiti che per essere diventati esosi acquirenti di consenso, acquisito a qualsiasi prezzo, ottengono in cambio ingovernabilità e disamore. Per cambiare il corso delle cose servono a poco i tatticismi, o anche le inconcludenti pedagogie politiche con le quali ciascuno spiega agli altri ciò che dovrebbero fare. Serve un impegno solidale dei maggiori partiti per prendere le decisioni indispensabili al risanamento economico-finanziario del paese ed aprire poi la strada all'alternanza ed a una fisiologica dialettica democratica, maggioranza-opposizione. Sono cose che non sarà facile realizzare neanche dopo le elezioni. Quel che è certo, è che sono impossibili prima.
it)_lJ. BIANO) lXn.nosso iii•iil•Q Mosca: stavolta la storia non è tornata indietro Quando è arrivata la notizia del «colpodi Stato» in Urss,e sono iniziate le 72 ore chehanno tenuto con ilfiato sospesoil mondo, a tutti noi sono tornate in mente altre pagine della storia: 1956, i carriarmati delPattodi Varsaviaa Budapest; 1968, stessocopionea Praga. Ma soprattutto tornava alla memoria quel giorno di agosto 1964 in cui «sparì»dallascenaNikita Krusciov. Per la verità da parecchio,eproprio a proposito di Gorbaciov,qualcunoevocavail parallelopur discutibile,conKrusciov,e tra la gentecircolavauna battuta: «Ti ricordi nell'estate '64: ci svegliammo una mattina e il segretario generale non c'era più». Stavolta, perfortuna, le cosesono andate diversamente, e per ragioni che vale la pena di sottolineare.Al primo posto la reazione popolare, cheha trovato in Boris Eltsin la sua guida, e nel Parlamento russola trinceasu cui assestarsiper difenderegli inizi dellasuademocrazia,doposettantaanni di orrori e di terrori. Poi, certo,unaforte reazione internazionale che ha aiutato il rovesciamentodella situazione. Per la verità si può prenderenota, con un po' di mestizia, chenon proprio forte è stata la reazione dei vertici istituzionali italiani. Al centrolagente,dunque. Stavolta non hafatto il «corogreco»di un dramma-tragedia,ma hapreso l'iniziativa cheha portato al fallimento del copionegolpistaedha messoal centrodelpalcoscenico la democrazia. Le cosein Urss,eforse non solo lì, non saranno più come prima. Per ora, vedendo le scenedellafolla cherovescia i monumenti degli «eroi»del comunismo sovietico, chemette una crocedi 30 metri al posto della statua delfondatore del Kgb, che calpestala bandiera rossasovietica, che imbratta di rossola statua di KarlMarx, eascoltandola vocedi Eltsin che «sospende» leattività delPartito comunista russo, chiude la «Pravda»,e chiedea Gorbaciov di realizzare sul serio, più sul serio chefinora, i cambiamenti che la gente richiede,a noi vengono in mente alcune«profezie»di Turati, alcunepaginedi Ignazio Sifone chedescrivono,come in visione, il crollodel comunismo russoe persino alcunescene di vendettapopolarecontro i simboli delladittatura.Neiprossiminumeri contiamodi riprodurle,«a memoria» di un passatoche non deve tornare. Anche da noi, e per tutti, c'è una lezione da imparare:quando lagentesi muove la storiapuò davvero cambiare. In questonumero sulfilo dell'immediatezza,vogliamo offrirecomeprima documentazionealcuni elementidi cronacachericostruisconoifatti di quelle 72 ore. Mettiamo anche, come oggettodi riflessioneper tutti, alcuni «estratti»del Messaggio al popolosovieticodel «Comitatoper lo statodi emergenza»che aveva destituitoGorbaciov:retorica,ipocrisia,moralismo e continuismo ci sembrano i caratteridi fondo del documento. Seguonoalcuni dei quindici punti della «dichiarazionedi intenti» dei golpisti, chevolevano concretizzareil Messaggiosuddetto,e infine una breveseriedi giudizi, sul «golpe»in corso, che la dicono lunga, spesso,su chi li ha pronunciati. Pubblichiamoancheil Comunicatodi ReS, afirma PierreCamiti, cheabbiamo emessoalle 12 di martedì 20 agosto,in essosono uniti, nellasperanza di riscossa,Eltsin e Gorbaciov. In quel momento, ricordiamo, tutto eraancora tn gioco. Mentreandiamo in macchina,i contraccolpidei fatti cheabbiamo ricordatonon sonoancorafiniti: Gorbaciov ha «sciolto»il Pcus.Diverse repubbliche stanno proclamando l'indipendenza. Qualcunodicechestadavvero«sciogliendosi»l'Urss stessa. Sugli eventi di Mosca,e sul «dopo»,avremo certamente occasionedi tornare,neiprossiminumeri de «Il Bianco e il Rosso».(G.G.) ·-·- J I
.{)!I. HIAM:O 0-11.nosso iii•iil•l1 Settanta ore col fiato in gola Breve cronologia del mancato «golpe» - Domenica 18 agosto: l'antefatto - h. 16,50: a Foros, in Crimea, arriva un gruppo di agenti del Kgb, e consegna una lettera a Gorbaciov. Vi sono annunciate le sue dimissioni e il passaggio del potere a Ghennadij Janaev. Gorbaciov rifiuta la firma. Resta bloccato e isolato nella sua casa di vacanza. - Notte tra domenica e lunedì. A Mosca riunione dei leaders del golpe: Boris Pugo, ministro degli Interni; Dmitrii Jazov, Ministro della Difesa; Valentin Pavlov, primo ministro; Oleg Baklanov, responsabile dell'Industria bellica nel Pcus; Vassili Starodoubtsev e Alexander Tiziakov, membri della direzione del Pcus; Vladimir Kriuchkov, capo del Kgb, che ospita la riunione nel suo ufficio, e naturalmente Ghennadij Janaev, il vice di Gorbaciov, colui che nei piani del golpe deve sostituirlo. Forse in contatto con loro, almeno a distanza, è colui che verrà considerato il vero capo del golpe, Anatolij Lukianov, presidente del Soviet supremo. La decisione, di fronte al rifiuto di Gorbaciov, è presa. - Lunedì 19 agosto: // fatto - h. 4, 18 del mattino: un comunicato della radio di Stato annuncia che «per ragioni di salute» Mikhail Gorbaciov non può più adempiere le sue funzioni, viene sostituito dal suo vice, Janaev, che capeggia un «Comitato per lo stato di emergenza», che rende pubblico un «messaggio» accompagnato da un «decreto» in più punti. È il copione che ha funzionato nel 1964quando fu destituito Nikita Krusciov. - h. 4,30. Il primo ministro russo, Ivan Silaev, chiama al telefono Boris Nikolaevic Eltsin, «corvo bianco», presidente stravotato della Repubblica Russa, 8/ 10del territorio e della popolazione dell'Urss, che è in vacanza negli Urali, e gli annuncia il colpo di stato. I golpisti si sono «dimenticati» di lui: non ha esercito, non ha polizia, non ha esperienza di statista. Perciò non conta. - h. 6,47. Accade l'imprevisto: Boris Eltsin emette il primo «comunicato» antigolpe, e la gente, che lo apprende dalle radio private e dalla stampa, non ancora neutralizzata, scende in strada. La Cnn porta in tutto il mondo le immagini di ciò che accade a Mosca. - In mattinata. Eltsin arriva a Mosca, si barrica nella sede del parlamento della repubblica russa, e organizza la resistenza. A un certo punto scende in strada e sale su un carro armato per esortare la folla, già immensa, alla resistenza: egli proclama lo sciopero generale e chiede la liberazione di Mikhail Gorbaciov e il suo ritorno al potere. Le radio americane e inglesi ritrasmettono in russo, in tutta l'Urss, l'appello di Eltsin. Nel corso di tutta la giornata George Bush è in contatto telefonico con Boris Eltsin: rifiuta di riconoscere il fatto compiuto e lo esorta a tenere duro. È una scelta che a quel punto ancora nessun governo ha avuto il coraggio di fare. - Pomeriggio. I piani del golpe cominciano a perdere colpi. I carri armati dell'esercito, circondati dalla gente, non sfondano le barricate. Intere compagnie rifiutano di obbedire. La compattezza del Comitato dà segni di cedimento. Kriuchkov, capo del Kgb, è il primo a mollare. Pavlov, ha problemi gravi di salute. Jazov si dimette. Nelle strade di Mosca e Leningrado e sulle piazze delle città dei Baltici, e di Ucraina, e della Georgia, la gente si raduna e proclama la sua decisione di opporsi al golpe in tutti i modi. L'esercito mobilitato dai golpisti si spacca, inizia a ritirarsi, o passa dalla parte della resistenza. Disordini in tutte le grandi città. A Mosca, nella sede del Parlamento russo, arrivano anche Edward Schevardnadze e Alexsander Jakovlev, per anni numero due della perestrojka. Anche essi parlano alla gente, sulla piazza, e affiancano Eltsin. Martedì 20 agosto. Attorno al parlamento rus-
{)!I. BI:\NtO ~Il. HOS,_',() iiikii•NP l'obbedienza ai golpisti. Arrivano notizie dei disordini anti-golpe in tutto il paese, e di un morto tra la gente a Riga. I carri armati dell'esercito sovietico occupano Vilnius, ma la gente anche lì resiste, come a Riga e a Tallin, in Estonia. All'alba la municipalità di Leningrado invita la gente a resistere, mentre si avvicinano alcune divisioni agli ordini dei golpisti. - In mattinata nei negozi di Mosca compaiono generi alimentari da tempo introvabili. Sommosse in Azerbaidjan e in Kiirghisia. - Mattino: gigantesca manifestazione di folla, a Leningrado, in sostegno di Gorbaciov e Eltsin. Truppe sovietiche fedeli ai golpisti si avvicinano a Kiev. - h. 12. Arriva una notizia-bomba, poi smentita: Gorbaciov è tornato al Cremlino. Cresce l'entusiasmo della gente, che si concentra nelle piazze. I dirigenti della federazione russa chiedono a Lukianov, vero capo del golpe, lo scioglimento del Comitato è un incontro tra Eltsin e Gorbaciov, che deve essere visitato da un comitato di medici internazionali. Da Budapest arriva la solidarietà del Papa, pubblica, a Gorbaciov. La Cee chiede la liberazione di Gorbaciov. - h. 14. Giunge notizia che la Moldavia si schiera con Eltsin. Davanti al Parlamento russo ci sono quasi 300.000 moscoviti. Eltsin telefona al premier inglese Major e annuncia che i carri armati dei golpisti stanno per sferrare l'attacco decisivo. - h. 15,30. Donne e bambini vengono allora allontanati dal Parlamento russo. Dal Kazakistan arriva la solidarietà del presidente Nursultan Nazarbajen con Boris Eltsin. L'Estonia si proclama indipendente, il presidente dell'Ucraina rifiuta l'obbedienza al «Comitato» golpista. - h. 19. Eltsin registra e trasmette un appello al popolo, annunciando l'attacco decisivo dei golpisti al palazzo del Parlamento russo. - h. 20,30. Ghennadij Janaev dichiara decaduto Boris Eltsin e nulli tutti i suoi decreti. I carri armati sovietici cercano di attaccare il Parlamento russo. Il Comitato cerca, invano, di convocare il Plenum del Pcus. Notte tra il 20 e il 21 agosto. I carri golpisti attaccano e sparano, ma non sfondano, nonostante facciano morti e feriti. La gente e i soldati fedeli a Eltsin fanno muro, e i carri armati o tornano indietro o desistono, mentre i carristi fraternizzano con i fedeli di Eltsin. Il vicesegretario del Pcus, Vladimir Ivashko, A Piazza San Pietro. si dichiara non disposto a schierare il partito dalla parte del golpe. Mercoledì 21 agosto: h. 11: Boris Eltsin annuncia alla folla che i congiurati sono in fuga, e dispone che essi siano arrestati. È l'inizio della fine del «golpe», ed è l'inizio della fine del comunismo anche in Urss. Pomeriggio: si susseguono voci sugli arresti, e sul destino dei golpisti, ed è più volte annunciata la partenza, e poi l'arrivo di Gorbaciov, che poi non si verificano. Ormai la situazione è definitiva. L'Urss non sarà più la stessa e il suo vero leader è già indicato: Boris Eltsin. Giovedì 22 agosto: h. 2,15 - Mikhail Gorbaciov scende all'aeroporto di Mosca dal Tupolev che lo ha prelevato in Crimea. Stanco, vestito modestamente, provato. È libero, e salvo, ma forse il difficile, per lui, non è ancora del tutto alle spalle. APPENDICE: Sabato 24 agosto: al mattino la folla di Mosca celebra, con i funerali delle 3 vittime della notte del 21, le esequie del comunismo. In serata Gorbaciov si dimette da segretario del Pcus e «scioglie» il C.C. del Pcus stesso. Una storia è finita (G.G.)
i.)-IJ, BIAI\CO \Xli.ROSSO iii•lil•P Salviamo questo Paese! Il messaggiodei «golpisti» al popolo sovietico Mosca 20 agosto 1991 - «Compatrioti, cittadini dell'Urss, ci rivolgiamo a voi nell'ora grave e critica per i destini della patria e dei nostri popoli. Un pericolo mortale è venuto a incombere sulla nostra grande madrepatria. La politica delle riforme, lanciata da Mikhail Gorbaciov e tesa ad assicurare lo sviluppo del paese è entrata in un vicolo cieco. La mancanza di fede, l'apatia e la disperazione hanno preso il posto dell'entusiasmo e delle speranze iniziali. Le autorità hanno perso la fiducia della popolazione. La politica di bassa lega ha sostituito la preoccupazione per il destino della patria. Il paese è di fatto ingovernabile. Traendo vantaggio dalle libertà sono emerse forze estremistiche che hanno intrapreso la strada della liquidazione dell'Urss, della rovina dello Stato e della presa del potere ad ogni costo ... La crisi del potere ha avuto effetti catastrofici sull'economia. La guerra delle leggi e l'incoraggiamento delle tendenze centrifughe ha provocato la distruzione del meccanismo dell'economia integrata nazionale. Da qui la drastica caduta dei livelli di vita e il fiorire di un'economia sommersa e affaristica. Se non si adottano misure urgenti per stabilizzare l'economia, la fame e un'altra spirale di impoverimento sono imminenti. Solo gli irresponsabili possono contare su aiuti dall'estero. Nessuna mano tesa può risolvere i nostri problemi, la nostra salvezza è nelle nostre mani». «Il paese sta sprofondando nel pantano della violenza e dell'illegalità. La crescente destabilizzazione della situazione politica ed economica sta minando le nostre posizioni nel mondo ... L'orgoglio e l'onore del popolo sovietico devono essere restaurati in pieno. Il «Comitato» è determinato ad adottare le misure più drastiche per uscire dalla crisi al più· presto. «Siamo favorevoli a processi realmente democratici, a una politica di sostanziali riforme. Lo sviluppo del paese non deve essere costruito sul declino del tenore di vita del popolo. Una consistente ripresa dei livelli di vita di tutti diverrà la norma in una società sana. Sviluppando il carattere di possibile interconnessione dell'economia nazionale appoggeremo l'impresa privata. La nostra prima preoccupazione è risolvere i problemi dell'approvvigionamento alimentare e degli alloggi. Esortiamo tutto il popolo a ripristinare la disciplina di.lavoro e l'ordine, a produrre di più. La nostra vita e il futuro dei nostri figli, dipende da questo. Le «Ricette» dei duri: dal «Decreto» dei 15 punti Il Comitato di Stato per lo stato d'emergenza in Urss decreta: 1) che tutti i corpi dell'autorità e dell'amministrazione dell'Urss devono assicurare la loro completa sottomissione alle regole dello stato d'emergenza; ... 4) di sospendere le attività dei partiti politici, delle organizzazioni sociali e dei movimenti di massa che ostacolano la normalizzazione della situazione; ... 6) cittadini, istituzioni e organizzazioni devono consegnare immediatamente tutti i tipi di armi da fuoco, munizioni, esplosivi, equipaggiamento militare illegalmente in loro possesso; ... 7) l'ufficio del pubblico ministero, il ministero dell'Interno, il Kgb e il ministero della Difesa devono organizzare l'interazione tra gli organismi incaricati di applicare la legge allo scopo di: assicurare la protezione dell'ordine pubblico e della sicurezza (incontri pubblici, manifestazioni e scioperi non sono permessi); in caso di necessità, introdurre il coprifuoco e il pattugliamento del territorio; ... 8) stabilire il controllo sui mass-media, affidandolo a un'agenzia appositamente istituita dal Comitato; ... 11) il gabinetto dei ministri è incaricato di riferire al popolo quali sono le quantità di cibo e degli altri beni essenzialiche il paese ha a disposizione e di tenerne sotto stretto controllo la distribuzione; ... 14) il gabinetto dei ministri dovrà completare in due settimane un piano d'emergenza per far uscire dalla crisi il sistema di approvvigionamento di carburante ed energia....
i)JI. BIAl\CO '-Xli. ROS.~) Ui•iil•ii Primi commenti e «Voci dal sen fuggite» (Fonte: Panorama 1/9/91) «È un fatto interno dell'Unione Sovietica( ...). Non possiamo, per il momento, che prendere atto di questo» (Giulio Andreotti, presidentedelConsiglio). «Lacaduta di Gorbaciov è un affare interno dell'Unione Sovietica» (Mohammed Najibullah, presidentedell'Afghanistan) «I cambiamenti in Urss sono un affare interno del Paese» (Il ministero degliEsteri cinese) «Non è mio compito pronunciarmi sulle questioni interne di un Paese membro dell'Onu» Q'avier Perez de Cuellar, segretario generale dell'Onu) «Perché resto a Cortina? Sepotessi aiutare il povero Gorbaciov andrei a Roma a piedi» (Giulio Andreotti) «Siamoitaliani, ne abbiamo viste tante ...» (Francesco Cossiga) «Mi auguro che Gorbaciov si rimetta e recuperi presto la sua salute» (Navarro Valls, portavoce dellaSanta Sede) «Nessun colpo di Stato si è verificato in questi giorni in Unione Sovietica» (Di,chiarazionedelportavocedel governofinlandese) «È un tentativo di mettere fine allo sviluppo di un processo controrivoluzionario e di trovare soluzioni conformi al socialismo» (Dichiarazione del partito comunistaportoghese) «lo non vedo grandi forze in grado di contrastare, anche militarmente intendo, l'iniziativa dei promotori del golpe» (Romano Prodi, economista) «Il tempo di Gorbaciov finalmente è scaduto» ( Caspar Weinberger, ex capodel Pentagono) «La strada del comunismo resta da percorrere» (Armando Cossutta, Rifondazione comunista) «Salutiamo l'atto coraggioso che ha portato alla caduta di Mikhail Gorbaciov» (Muhammar Gheddafi, presidentelibico) «Felicitazioni per i cambiamenti in Urss, che hanno messo fine alla politica capitolarda di Gorbaciov» (Omar al-Bashir, presidentedel Sudan) «Ride bene chi ride ultimo» (SaddamHussein, presidentedell'Iraq) Il comunicato di ReS Roma, 20 agosto 1991 «Riformismo e Solidarietà» manifesta il proprio sdegno e la propria preoccupazione per il tentativo di colpo di Stato in Urss. Esprime al popolo sovietico, che ha già conosciuto tante pagine di dolore e di oppressione, la propria solidarietà ed il proprio sostegno, nella sua battaglia per impedire un regresso nella storia. Chiede ai propri iscritti e militanti di partecipare a tutte le iniziative popolari per il ripristino della legalità costituzionale in Unione Sovietica. Chiede inoltre che il Governo italiano non riconosca il tentativo di golpe militar-burocratico, esiga con forza la liberazione di Mikhail Gorbaciov, sostenga con tutte le misure utili l'iniziativa di Boris Eltsin, vero capo della resistenza ai golpisti, per il ripristino pieno della legalità. Poiché è esclusivo compito del popolo sovietico scegliere liberamente e democraticamente la forma di governo ed i suoi governanti, chiede che fino al ritorno della piena legalità non sia consentito a nessuno, privato o pubblico, di mantenere o instaurare rapporti commerciali e finanziari di alcun tipo con coloro che stanno tentando un golpe a Mosca. Pierre Camiti, per il Direttivo di ReS
I. ILLUMINAZIONE DOMESTICA. Ogni anno in Italia 500 miliardi di lire vengono sprecati per colpa di un cattivo uso dei sistemi per illuminare le nostre case. L'abitudine di installare lampade e faretti che sparano luce inutile rischia di appesantire i nostri occhi e di alleggerire il nostro portafoglio. Se quest'anno non vogliamo pagare più di quanto è necessario, possiamo cominciare a utilizzare l'energia elettrica in modo razionale. Ad esempio, evitando i lampadari a molte luci: una lampada da 100 watt fornisce lo stesso flusso luminoso di sei lampade da 25 watt e consuma il 33% in meno. Per avere la stessa luce su un tavolo è preferibile una lampada da 60 watt rivolta verso il basso che una da 100 rivolta verso l'alto. Se usiamo lampade fluorescenti compatte avremo una gradita sorpresa. Non solo durano fino r-----------------, Sonointeressatooriceveregro• a 8 volte di più rispetto alle tradizionali lampade a incandescenza, ma consumano anche UNCONSUMO t~il~menteulterioriInformazionisulConsumoIntelligente INTELLIGENTE :~:J:rri':~1~~~,:~~ i~ :,~: 1'80%in meno di energia a parità di flussoluminoso. Se guardiamo un po' più in là scopriremo NOM!______ _ _____ ir. __ --l -------1 I UNANUOVA lii~ .of□ nAm: f O N T E Rltogliar,,compilare• Inviarein I bustochiuso : I DI ENERGIA ·coNSUM0 1 =~lll&ENTE· : VIA6.1. MAITINI,l I L.:___________ 0019110MA 011 .J che un consumo intelligente evita gli sprechi, non costa soldi né rinunce ed è la fonte di energia più economica e pulita che si conosca. L'ENEL sta investendo molte risorse in centrali più efficienti e pulite e nella ricerca di fonti rinnovabili. E da sempre offre informazioni e consulenze sul "consumo intelligente" dell'energia, attraverso gli oltre 600 uffici aperti al pubblico in tutto il territorio nazionale. In fondo ognuno di noi può fare molto, basta solo un po' di buona volontà. Se uniamo le nostre energie non ci costerà nessuna fatica. ENEI.
~.li, BIAl\'(:0 '-Xn. nosso Ui•iil•P Martelli, Carniti, il Papa e la Dc S e Claudio Martelli avesse potuto prevedere quali reazioni avrebbero fatto seguito a quel periodo, una decina di righe di giornale, sul «neo-temporalismo» ecclesiastico e vaticano, si sarebbe autocensurato, o avrebbe parlato lo stesso, e detto le stesse cose? Con i «se» non si fa storia, e neppure, più modestamente, cronaca. I fatti ci dicono che Martelli quelle parole le ha pronunciate, e si sono aperte le cateratte delle reazioni, dei commenti, dei consensi - pochi per la verità -, dei dissensi, - una legione - delle prese di distanza, dei mezzi consensi, e dei mezzi dissensi. Un diluvio, come si è detto. Di qui è nata questa parte de «II Bianco & il Rosso», che si apre con il testo dell'intervento di Martelli, in Congresso, nella parte «incriminata» e discussa, prosegue con le argomentazioni brevissime che, sempre in Congresso, gli ha opposto Camiti, e con i testi delle dichiarazioni e del carteggio che è seguito fra i due. L'ultima parte di questa documentazione riporta, in sintesi, dichiarazioni, brani di testi scritti e di interviste di un gran numero di politici, intellettuali, giornalisti ... Siamo convinti che questo tema, dei rapporti Chiesa-politica, Chiesa-partiti, temporalismo e laicismo, unità e pluralismo politico dei cattolici, rapporto tra cattolici e partiti, compresa la Dc, cui in qualche modo si riferisce anche il «Dossier» di questo numero, è un tema di grande importanza, per l'Italia contemporanea. Morto il comunismo, affermatasi una interpretazione aperta dal cristianesimo in relazione alla modernità e all'azione politica concreta, rivelatasi sempre più indifferibile la realizzazione, anche da noi, di una autentica «alternanza» di governo, l'unità politico-partitica dei cattolici italiani, in teoria superata da circa venti anni, diventa un ostacolo alla riforma della politica. Noi di ReS siamo nati anche con questa precisa coscienza, che non pretende di imporsi, ma rivendica il diritto-dovere di proporsi. E per proporsi fa parlare, ora, i testi di una vicenda eloquente. I commenti nostri, eventualmente, ai prossimi numeri, ma tenendo presente che ReS, in sostanza, si riconosce pienamente negli interventi di Camiti. (G.G.) «Il nuovo temporalismo» Dall'intervento di Claudio Martelli Bari, Congresso straordinario del Psi, 29/6/91 I ntendiamoci, penso che l'ideale democratico della Dc e il suo primato politico abbiano fatto epoca in questo Paese e che, grazie soprattutto alla presenza della Chiesa, essa conservi un'innegabile vitalità. L'ideale della Dc ha fatto epoca, ma la Dc di oggi in particolare la Dc di Gava, di Forlani, di Andreotti, di De Mita è lungi dall'essere satolla, anzi, nessuna ammonizione l'ha percossa e convinta più del biblico «guai ai satolli». E difatti progettano un'epoca nuova, un nuovo cinquantennio. Prudentemente calcolano al peggio per loro il meglio che noi potremmo fare e che forse non riusciremo a fare. E non fac-
i,lll. BIANO) '-Xll,llOSSO lii•liN•P ciamo finta di non vedere: la riscossa cattolica guida la riscossa democristiana non c'è solo il calcolo politico legittimo di chi anticipa un pericolo. C'è soprattutto l'evidenza di un nuovo temporalismo nell'opera di conquista o di riconquista, dopo la Polonia e dopo l'Est, dell'Italia. C'è la Chiesa e c'è il Papa. Ma non è questo il punto. Il problema non è la Dc e la minoranza cattolica organizzata, il problema siamo noi. Mi chiedo e mi interrogo: ma noi laici a sinistra abbiamo non solo il diritto di esistere, culturalmente e politicamente, di pensare un'Italia diversa, di esprimere valori diversi o anche gli stessi, ma in un altro modo, abbiamo anche la volontà e la capacità, il fiato e la spinta per puntare ad un ricambio di ceti, di idee, di uomini, di classi dirigenti, di generazioni? La democrazia non è solo questo, ma senza questo è meno bella, è meno giusta, è meno democratica. <<Non cerchiamo alibi impropri» Dall'intervento di Pierre Carniti Bari, Congresso straordinario del Psi, 30/6/91 P er la costruzione di una alleanza riformista essenziale resta la capacità di ascolto e di interlocuzione dei socialisti verso una parte del mondo cattolico al cui interno si esprimono importanti potenzialità riformatrici, non di rado, utilizzate invece politicamente in chiave conservatrice. Debbo dire subito che i riferimenti fatti questa mattina da Claudio Martelli, in un intervento per altro di rilevante qualità politica, costituiscono la parte meno convincente e per me meno condivisibile delle cose che ha detto. Io non vedo, infatti, pericoli di neotemporalismo. Anche perché l'orizzonte del Papa è il mondo e non il «pollaio» della politica italiana. Il problema vero non è il temporalismo, ma semmai i limiti della politica riformista verso i credenti. È l'idea sbagliata di potersi sostituire alla Dc, facendo per il futuro quello che lei ha fatto per il passato. Invece, il punto nodale da tener presente è che i problemi del rapporto con il mondo cattolico non si risolvono nelle relazioni «diplomatiche» con la gerarchia ecclesiastica. E nemmeno possono fondarsi sul1'illusione di rivolgersi, con aspettative elettorali, ai movimenti ed alle associazioni cattoliche che sono, giustamente, gelose della propria autonomia e della loro specifica finalità. : IO Delegazione della Croazia "italiana" Avere attenzione per il mondo cattolico significa, allora, assicurare più moralità alla vita politica. Significa, inoltre, aver chiaro il ruolo insostituibile della politica, ma anche il suo limite. L'uomo non si esaurisce tutto nella storia. C'è una dimensione trascendente rispetto alla quale la politica non ha e non può avere risposta. Che va perciò rispettata ...
B i.)JJ, RIA~ :O l.XH.HOSSO iil•iil•ii <<Tenefrermo il confine fra politicae religione» di Claudio Martelli Roma, 2 luglio 1991 Caro Pierre, vorrei rispondere alle osservazioni che hai rivolto alle mie affermazioni congressuali sul nuovo temporalismo della Chiesa e del Papa. Rispondo a te per la misura. che hai mostrato nella critica. Non replico viceversa a chi da un lato toglie di mezzo l'oggetto della disputa - il nuovo temporalismo della Chiesa e del Papa -, dall'altro lancia insulti scomposti tipo «basso, povero, meschino, infame, rozzo, incivile, laicista mangia preti, ignorante, provinciale, ecc. ecc.». Evidentemente in Italia nel 1991 non si può criticare l'eccessivo interventismo politico del Papa e della Chiesa senza divenire automaticamente dei reprobi. Con ciò coloro che mi dovevano smentire cominciano con il dare più argomenti alle mie tesi. So bene che l'ispirazione del Papa e il suo sguardo non è ristretto ai confini italiani ma è planetario. Ma non posso non osservare anche i suoi atti qui in Italia e quali effetti politici, civili, sociali, culturali ne scaturiscono e come si comportano coloro che se ne dichiarano ispirati. Non è certo l'immortale cristianesimo il bersaglio della mia critica. Non la Chiesa, la sua presenza, il suo impegno straordinario sul fronte del dolore, delle povertà, della solidarietà. E nemmeno la Chiesa interlocutore etico sul piano delle scelte tragiche, delle scelte di confine tra la vita e la morte. Il mio bersaglio è solo il temporalismo e l'intolleranza che trasuda da alcune repliche ne è la riprova più evidente. Apprezzo la Centesimus Annus. Mi ero tuttavia permesso di osservare che più che per le novità di teoria sociale sembra raccomandarsi come messaggio politico. Vedo invece che il vice segretario della Dc replicandomi, brandisce la Centesimus Annus come arma politica e come proprietà della Dc. L'On.le Mattarella sembra seguire lo ·stesso metodo degli integralisti islamici. Anche loro brandiscono un libro sacro e si presentano agli elettori ingiungendo «Credi e vota». Nei più evoluti stati arabi l'uso della religione per fini politici è vietato. Ci costringeranno a pensarci anche in Italia? Una premessa: credo di essere stato tra i primi e più convinti a riconoscere all'inizio degli anni '80 di fronte all'esperienza di Solidarnosc il merito storico di Wojtyla di aver aperto un varco decisivo nel muro delle società dell'Est, sfidando dal basso e dalla parte dei lavoratori, il regime comunista. Tra i primi e più convinti nell'osservare con simpatia partecipe un pontefice pastoralmente impegnato nella predicazione dei diritti umani, dei diritti dei popoli a partire dalle libertà religiose, civili e sindacali. Tra i primi e più convinti a tentare da posizioni di integrale liberalismo un dialogo anche con le posizioni cattoliche culturalmente più lontane o integraliste ed anche sui temi in cui più arduo è il dialogo, cercando di circoscrivere la polemica sull'insegnamento della religione nelle scuole pubbliche, di non inasprire quella sulle scuole private, di illuminare di valori la riaffiorante disputa sull'aborto, riducendola all'ipotesi estrema di un conflitto tra il diritto «divino» alla vita e il diritto umano e soggettivo delle donne ad accogliere una nuova vita. Ancor più recentemente ho potuto sperimentare la forte solidarietà della Chiesa per il varo e per l'applicazione della legge sull'immigrazione. Tutto questo mi è costato non poche reprimende dal campo laico e in qualche caso dalle stesse file del mio partito. Politicamente - e penso me ne potrai dare atto anche personalmente - ho cercato e valorizzato non solo tutti gli elementi di convergenza tra riformismo socialista e riformismo cattolico, ma praticato la più ampia apertura del Psi agli uomini, alle idee del riformismo cat-
i.).tJ, BIANO) lX Il, llOS.',O iii•lil•P tolico, alle loro esperienze, ai loro valori, cercando ogni ponte ed o'gni varco di comunicazione tra l'umanesimo cristiano, l'umanesimo liberale, l'umanesimo socialista. Dunque non può essere messa in dubbio né una disposizione personale al dialogo, né una ricerca difficile delle congiunzioni culturali, né una sincera apertura politica. Ma qualcosa è pur successo in questi ultimi anni e in questi mesi che rende non solo legittimi ma, a parer mio doverosi, una messa a punto e un allarme. Che cosa? Mi limito, per ora, ad alcuni esempi. Possiamo cominciare dall'esempio più vicino. Contestandomi su La Stampa, il Presidente delle Acli, fornisce una riprova della mia denuncia quando dice: «Martelli ha misurato i voti del referendum sulle preferenze, ha visto che il Psi è rimasto isolato e sconfitto e che il mondo cattolico è stato il principale artefice di questa sconfitta e dunque ha lanciato l'allarme». Bianchi dunque non solo conferma quel che già si sapeva - l'attivismo della Chiesa per il sì al referendum - ma giunge a rivendicare brutalmente e direttamente al mondo cattolico la sconfitta del Psi. Poco più in là sempre Bianchi rivendica contro il disastro delle scuole di partito il sorgere «nelle diocesi italiane di più di 160scuole di formazione politica». Non so se tra queste vada annoverato il laboratorio politico dei gesuiti di Palermo, né se questo tipo di interventi della Chiesa sul terreno della pedagogia politica seguirà il medesimo itinerario. Ma l'evoluzione di quel laboratorio compresa la rottura tra i padri Sorge e Pintacuda è esemplare. Sorto per rinnovare dal di dentro e con nuove leve la Dc siciliana, il laboratorio ha prodotto una giunta multicolore, quindi un grande successo elettorale delle due Dc tenute forzosamente insieme, quindi una rottura tra Orlando e la Dc e anche tra Sorge e Pintacuda e nuovi successi elettorali sia per la Rete sia per la Dc siciliana. Così, tra l'altro, la Dc ha svuotato la destra e gli alleati e la Rete ha svuotato elettoralmente il Pci siciliano e impedito che i voti in uscita dal Pci andassero dove volevano o, come nel resto del sud Italia, al Psi. Ancora: mai, a parte il primo dopoguerra, si erano visti come in tutte le più recenti vigilie elettorali, tanti pronunciamenti dei Vescovi in I 12 - - - - - - - - - - -- favore dell'unità politica dei cattolici e del partito che difenderebbe più coerentemente valori e messaggi della Chiesa. Nè mai si era vista - come di fronte all'intervento Onu, a una guerra giusta come giusta è stata la guerra nel Golfo - una così aperta contestazione da parte del Pontefice strumentalmente sposata da alcuni e responsabilmente non condivisa dalla Dc. Mai si era visto un Papa intraprendere missioni pastorali in giro per l'Italia, regione per regione, a ciascuna dando una pagella morale in base a rilievi sui costumi, sulle preferenze, sui comportamenti dei cittadini italiani classificandoli secondo categorie da vecchio manuale per confessori. E bisogna risalire molto indietro per cogliere in un Papa cattolico una così aperta ostilità verso il mondo e la cultura occidentali e i suoi valori ridotti a egoismo e individualismo, mercato e consumismo. Il che, forse, contribuisce a spiegare perché, proprio nell'occidente cristiano e tra l'umanità europea ed americana, Wojtyla riscuota i minori consensi. Chi come la grande maggioranza del mondo occidentale e dell'Italia ha da tempo temperato e declinato insieme valori liberaA piazza S. Maria Maggiore.
.Plt mAM:t) lXll,HOSSO iii•iil•ii li e valori cristiani è probabilmente meno disposto a farsi convincere e convertire da un cattolicesimo così militante nei fatti e così manicheo nei principi. Subire senza risposta una contestazione così radicale del proprio mondo e un così aspro rovesciamento dei propri valori in puri disvalori per qualche calcolo elettorale oltre tutto illusorio sarebbe prova, questa sì, o di meschino opportunismo o di una pietrificata indifferenza. Come mi parrebbe prova di insipienza politica subire senza neppure lanciare un allarme tante e così evidenti prove di un nuovo temporalismo, che per la prima volta nella storia somma le forze della straordinaria presenza della Chiesa in Italia e di un certo clero politicante con quelle di un Papa combattente, di un Papa guidato da un spirito di frontiera che non di rado lo porta a leggere l'Italia e il mondo con occhiali polacchi. Caro Pierre, tener fermo il confine tra politica e religione non è mancare di rispetto né alla Chiesa né al Papa né tanto meno alla coscienza religiosa. Per non dire che insieme al rispetto dovuto agli altri c'è il rispetto dovuto a sè stessi, alla propria cultura, a quell'umanità europea cui sentiamo di appartenere proprio perché si è emancipata da rigide tutele, anche spirituali, a cominciare dalla pretesa di dedurre la società, i costumi, il diritto, le scelte politiche e civili dai dogmi e dalla verità rivelate, insomma dalla pretesa di confondere Stato e Chiesa, religione e politica. Con affetto Claudio Non confondiamo Chiesa e Dc Dichiarazione di Pierre Camiti (4/7 /91) H o espresso al Congresso di Bari del Psi un punto di vista diverso da quello di Martelli circa il ruolo della Chiesa e del Papa nella vicenda politica italiana. Ritengo infatti che l'umanesimo cristiano abbia irrobustito l'ispirazione socialista e democratica in Italia, così come è avvenuto, ancora più significativamente, in altri paesi europei. Considero inoltre di grande rilievo il valore degli orizzonti sociali, umani, oltre che spirituali indicati nella recente enciclica di Giovanni Paolo Il. Lo stesso riconoscimento presente nell'enciclica del ruolo storico che ha avuto il riformismo socialista nella promozione umana e sociale è un elemento importante e costituisce, credo senza alcuna forzatura, una conferma della autonomia e della libertà politica dei cattolici e della pluralità delle loro opzioni politiche. Martelli nella lettera che mi ha scritto confonde, a mio giudizio, una riscossa religiosa (che se c'è ha altre motivazioni) con gli esiti elettorali della Dc ed intravede in una serie di episodi e di fatti, che personalmente interpreto in modo diverso da lui, i segni di una possibile insorgenza temporalistica ed integralistica. Su questi aspetti, come sul tema più generale del rapporto fede politica avrò modo di ritornare, anche nella prosecuzione della discussione con Martelli, non appena il polverone di questi giorni si sarà placato. Resta il fatto che una divergenza di opinioni e di valutazioni su questioni così rilevanti non deve stupire. Dovrebbe stupire semmai, l'unanimismo o l'indifferenza. Ciò che sorprende invece in questa polemica, nella quale il calcolo elettorale sembra prevalere sulla pur proclamata difesa del magistero della Chiesa, è che ci siano persone (appartenenti ad un partito politico o anche a movimenti socio-religiosi) che non hanno esitato ad intervenire in nome del «mondo cattolico». Una funzione di rappresentanza che nessuno ha mai loro attribuito. Anche per la buona ragione che il «mondo cattolico» non è certo riducibile alla stregua di un'organizzazione professionale o di un Lions Club. .. ■ IJ
~li- HIAM:O lXn.nos..~ iii•iil•Q I credenti non sono un partito di Pierre Camiti L e contrastate valutazioni espresse dal1'onorevole Martelli sulle posizioni della Chiesa e del Papa hanno avuto, tra l'altro, il merito di sollevare la questione irrisolta del rapporto tra fede e politica, cioè del ruolo dei credenti nella storia. Tema appassionante non solo per i credenti, ma anche per chi, pur estraneo alla fede, non può disconoscere, il ruolo importante della presenza dei credenti nella vita pubblica. La discussione, meglio sarebbe dire la confusione, che è seguita alle dichiarazioni di Martelli dimostra, per altro, che gran parte della cosiddetta cultura politica italiana ha, in proposito, idee tutt'altro che chiare. Ciò che stupisce infatti è che molti siano tornati a parlare (con una confusione non solo terminologica) di «rapporti» tra socialisti e cattolici. Come se i cattolici fossero un partito tra gli altri. L' aggettivo cattolico esprime, invece, una categoria religiosa impropriamente applicata alla politica. Di quanto fanno in politica i cattolici sono responsabili loro stessi non avendo alcuna funzione di rappresentanza della Chiesa. Si può quindi parlare di rapporti tra i diversi partiti e la Chiesa, o tra credenti e non credenti nei diversi partiti, mentre parlare di rapporti tra cattolici e socialisti o anche tra cattolici e democristiani è una cosa, oltre che praticamente priva di senso, teologicamente inconcepibile. Negli ultimi 30 anni, del resto, lo stesso magistero della Chiesa ha messo ripetutamente in evidenza come la dottrina sociale cristiana non offra garanzie e salvacondotti ad una data struttura politico-sociale e, tanto meno, a questo o quel partito. L'insegnamento sociale cristiano non interviene per proporre un modello prefabbricato, ma fa appello all'immaginazione sociale, a uno sforzo di creazione ed innovazione ardita che sia sempre più in grado di migliorare la condizione umana. La conseguenza è stata (e non poteva non essere) la legittima varietà di opzioni in campo politico. Abbandonato l'errore storico di ridursi a partito tra i partiti, con la tentazione di restaurare un nuovo temporalismo (vale a dire una ingerenza papale nel potere politico) la comunità cristiana è stata positivamente indotta a ritrovare la capacità originaria di fare appello alle coscienze per individuare soluzioni più giuste. Perché più umane. Oltre tutto avere chiaro. il rapporto tra fede e politica per il credente non può significare edificazione di una società cristiana che si imponga a tutti, in forza della legge, a partire dalle premesse della fede. Sono del resto queste medesime premesse (più dello stesso pluralismo in cui viviamo) che non lo consentono. Sono quindi anacronistici ed inaccettabili tutti gli integrismi. Di qualsiasi colore. Così come, al contrario, sono inaccettabili gli atteggiamenti riduttivi che tengono a confinare la fede nel recinto del culto domenicale, dopolavoristico, o nell'angustia della coscienza individuale. Se da un lato, quindi, la fede lascia libertà ai credenti di fare le loro scelte politiche, perché riconosce il valore provvisorio dei progetti storici dell'uomo, dall'altro esige il diritto di poter contestare tali progetti, tanto nel loro limite, che nelle loro indebite assolutizzazioni. A sua volta la politica che ha per scopo il miglioramento della condizione umana non può ignorare il proprio limite. Che c'è cioè anche un «fine umano» il quale non si esaurisce e non si consuma tutto nella storia. A trent'anni dal Concilio si dovrebbe poter ben dire che non esiste un problema di rapporti tra cattolici e socialisti, ma che resta invece aperto, il problema del rapporto tra fede e politica. Che riguarda i rapporti tra credenti e non credenti nel partito socialista. Come in tutti gli altri partiti. (li Giorno, 8 luglio 1991)
iii•lil•II La fede non è un «ghetto» di Pierre Camiti Roma, 30 luglio 1991 Caro Claudio, il dibattito sul rapporto tra Chiesa e politica in Italia, che è seguito alle tue affermazioni congressuali ed alla lettera che mi hai inviato subito dopo, mi spinge a qualche ulteriore precisazione. Innanzi tutto credo si debba prendere atto con compiacimento che l'iniziale propensione di alcuni, a sostituire l'oggetto della discussione con l'invettiva e l'insulto, ha lasciato complessivamente il campo al ragionamento ed alla riflessione. Secondo me, tuttavia, la deplorevole intolleranza che c'è stata in alcune repliche, più che come la conferma di un insorgente temporalismo, va semmai interpretata come limite culturale, oltre che di buona educazione. Limite che investe quindi i requisiti personali, piuttosto che l'appartenenza a questo o a quel campo. Capisco perciò la tua contrarietà alle non certo meditate dichiarazioni di Sergio Mattarella o di Giovanni Bianchi ma credo, converrai con me, che c'è di che restare esterrefatti quando si ascolta l'accusa di «seminatore di zizzania che vuole il maggior numero di donne morte» lanciata da Elena Marinucci contro Papa Giovanni Paolo Il. Le stesse reprimende che ti sono state rivolte dal cosiddetto campo laico per essere stato tu tra i primi a sviluppare una attenzione ed un rispetto, anche con le posizioni cattoliche culturalmente più lontane dalle tue, o per esserti impegnato a circoscrivere la polemica sull'insegnamento della religione, sulla scuola privata e sull'aborto, confermano che l'anticlericalismo e l'incredulità hanno i loro bigotti. Proprio come l'ortodossia, caro Claudio. Ma venendo al pericolo di un nuovo temporalismo (vale a dire una ingerenza papale nel potere politico) che tu pensi di intravedere, consentimi qualche ulteriore considerazione rispetto a quelle che ho già avuto modo di esporti. Da almeno un ventennio ed in modo sempre più esplicito la dottrina sociale della Chiesa rifug- ■ 15 ge da modelli ideologici prefabbricati e rinuncia a voler proporre «una parola unica» ed una soluzione di valore universale, per i progetti storici dell'uomo. Non è questa, scriveva Paolo VI «la nostra ambizione e neppure la nostra missione». L'intervento dei credenti nel socialenon può quindi essere dedotto dalla fede. Esso dovrà piuttosto muoversi dall'analisi obiettiva della situazione ricorrendo alle parole immutabili del Vangelo come a principi di chiarificazione. Attingendo criteri di riflessione, di giudizio e di azione dall'insegnamento della Chiesa. Tale insegnamento nel suo dinamismo «accompagna gli uomini nella loro ricerca». Di nuovo è il Vangelo - come fonte di rinnovamento ed accolto nella sua integrità - che spinge a maturare una riflessione «condotta a contatto con le soluzioni mutevoli di questo mondo». Sul piano pratico le cose non cambiano. Dal 1978 la Chiesa ha un Papa polacco e quindi, non foss'altro che per questa ragione, più «interessato» alle vicende mondiali che al cortile della politica italiana. Nell'orizzonte di questo pontificato l'Italia si è rimpicciolita. Ci si può naturalmente chiedere se i successielettorali della Democrazia Cristiana, soprattutto nelle aree meridionali vengano ancora ottenuti grazie alla Chiesa. Probabilmente non ovunque, ma credo che la Dc i voti li ottenga, se non a dispetto, perlomeno senza il sostegno della Chiesa. Le cronache ci dicono, del resto, che c'è una parte del clero meridionale che si batte coraggiosamente, non solo contro la criminalità organizzata, ma anche contro le clientele. Voglio osservare, inoltre, che se anche la Chiesa attraversa una fase di importante dinamismo sociale esso non si traduce, ammesso che lo ricerchi, in capacità di orientamento elettorale. Del resto, credo si possa dire che nel Nord una quota importante di voto, anche cattolico, sia andata alle Leghe «malgrado» la Chiesa. D'altro canto gli orientamenti pastorali della gerarchia ecclesiastica si rivolgono ad una società sempre più secolarizzata e ad un clero sempre
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