Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 18/19 - lug./ago. 1991

~.ll,BIANCO lXll,llOSSO iii•liiiit formiste, ma non è di una classicissima «svolta a sinistra», con relativo bla bla programmatico, che si sente il bisogno. Non ci si deve mai, per principio, abituare troppo all'uso inerte delle formule: anche «unità socialista», oltre che un motto simbolico del centenario '82-'92, è una formula dunque qualcosa di discutibile ed emendabile all'infinito. Ma nemmeno la litania dell'alternativa, o il gargarismo dell'unità della sinistra, risolve i problemi di una democrazia repubblicana bloccata da quasi mezzo secolo sulla centralità politica della Dc. Occhetto e il gruppo dirigente del Pds devono capire che il ricambio alla guida dello Stato deve essere il prodotto di una strategia comune ma differenziata, dentro la quale c'è posto per le autonomie di ciascuno ma in un ambito condiviso che è quello del socialismo europeo e occidentale, sulla traccia di quel liberalismo di sinistra di cui è stato espressione strategica, nel cuore del passato decennio, il governo Craxi. Al di là delle schermaglie polemiche, quando Massimo D' Alema riconosce sul giornale del suo partito che la politica di Berlinguer, la sua cieca e integralistica difesa del vecchio patto democratico, ha condotto le forze raccolte nell'ex Pci a una disfatta di portata storica, il più è fatto. Ma è capace il Pds di rendersi autonomo nei fatti dall'idea di un'alternativa azionista, cioè dall'ipoteca conservatrice e trasversale che veste i panni di uno scaltro moralismo allo scopo di sottomettere la sinistra italiana, vecchio sogno, all'egemonia dei mugwumps, i grandi capitribù che hanno sequestrato l'opinione pubblica affettando superiorità alla politica dei partiti? Se vogliamo centrare meglio l'interrogativo, poniamocelo così: è capace il Psi di attrarre quel che resta della vecchia tradizione comunista non già nella sua orbita elettorale e di potere, ma nella sua costellazione politica, nel suo progetto, nel suo ambito di cultura e di strategia istituzionale? Questo è il punto dolente della politica socialista: il nuovo corso originato dal Midas, in tutte le sue diverse fasi, ha conquistato posizioni, ha demolito punti di resistenza e chiusure storiche, ma non ha esercitato una sufficiente forza di attrazione, non ha raggiunto il livello di influenza e di persuasività intellettuale e politica che è decisivo in tutte le grandi opere di rinnovamento. La buona salute della Dc, che resta pur sempre un arcipelago paludoso, in attesa di composizione, dipende da questo in larga misura. Decorazioni contadine (Transilvania) Il partito-sistema, il partito-Stato, non cesserà le sue funzioni di collante del potere e del governo finchè a sinistra non nascerà un soggetto politico capace di ricomprendere e trasformare quelle funzioni. Gli italiani accettano l'Italia così come in questo mezzo secolo è stata fatta, e votano per la Dc, la dominante di questo sistema, in un giro stabile di consenso espresso in regime di legge elettorale proporzionale. Una parte potenzialmente maggioritaria di italiani vorrebbero però quest'Italia migliore, liberandola dall'ipoteca criminale nel Mezzogiorno, da iniquità sociali ancora grandissime, da una cattiva situazione dei grandi servizi, dall'informazione alla giustizia, dalle comunicazioni al fisco. Dimostrare a questa maggioranza potenziale che il cambiamento è realistico, utile e necessario è il compito dei socialisti. Un compito realizzabile, solo che ci si liberi dal complesso dell'assedio e si stabilisca una volta per tutte che non ci sono soltanto, in politica, posizioni da conquistare. Ci sono anche idee da proporre, alleanze naturali da coltivare, una serena forza d'attrazione da esercitare.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==