Il Bianco & il Rosso - anno II - n. 18/19 - lug./ago. 1991

.i>!'- IU\~(:O l.Xll. llOSSO ll•ilUIINfrilt4HMI portato a dire che la questione cattolica come questione politica non esiste più. Ricordo l'ira del nostro amico Baget Bozzo, a Venezia, solo perché in quel Forum avevamo adombrato un collegamento tra riformismo e progressismo cattolico. Eppure sistematicamente, i fatti ci smentiscono. Viene il referendum sulle preferenze e il mondo cattolico (quello fatto di associazioni e aggregazioni collettive) si trova unito a sostenere le ragioni del sì. Lo stesso accade sulle riforme istituzionali, sulla guerra del Golfo. Più in profondità ancora, perché non riconoscerlo esplicitamente, un atteggiamento vagamente ma diffusamente antisocialista, attraversa il mondo cattolico e quello giovanile. Nessuno si illuda: può essere vero che si tratta di fatti e atteggiamenti che hanno radici nel prepolitico; ma non è questa cultura (pre-politica) che poi decide dei comportamenti e delle scelte più propriamente politiche? I motivi di questa frattura sono probabilmente molti: c'è il ricordo del tempo del laicismo sfrenato e mangiapreti; c'è una eccessiva spregiudicatezza, quasi una ostentazione dei riti del potere, e la gente, forse in modo inconscio, percepisce che quando si parla del potere si parla della libertà; c'è, spesso, un modo di fare politica troppo duro, quasi arrogante, poco rispettoso delle ragioni degli altri. C'è poca sensibilità e attenzione alla storia, alle idee, ai valori dei credenti, al punto da confondere dolorose necessità con l'affermazione di nuovi diritti civili, come è avvenuto ieri per l'aborto e come s'annuncia per l'eutanasia, oppure c'è la riduzione di questa sensibilità a patto istituzionale (il Concordato) o a rapporti e di potere (Comunione e liberazione). Ma allora mi domando: negli anni in cui l'integralismo cattolico produce il nuovo grande impero mondiale voluto dal Papa polacco, e - nel nostro Paese - la riaggregazione di ogni forza cattolica attorno alla Dc, noi continueremo a sostenere di essere monadi cattoliche sperse per i sentieri del sociale, della politica, delle istituzioni, senza famiglia e senza cultura, senza cioè una dimensione collettiva? E infine: noi abbiamo una visione laica della politica, certo. Sappiamo che la fede può ispirare scelte diverse, ma non tutte le scelte politiche sono accettabili per un credente. Ha detto Camiti che noi vogliamo contribuire a conciliare le ragioni dell'economia con quelle della solidarietà, e fin qui siamo nell'alveo del riformismo storico. Ma poi ha aggiunto che noi siamo persone unite dalla convinzione che la politica «deve definirsi intorno ad una interpretazione non riduttiva della condizione umana», deve cioè comprendere e assecondare un fine umano « ... che non si riduce e non si consuma tutto nella storia». Sono convinto che la politica possa e debba essere anche questo. Impastata con le ambizioni e i tradimenti degli uomini, tesa oggi a costruire la concretissima città terrena, sono convinto che la politica, forse il punto più alto del lavoro dell'uomo, nel quale cioè l'uomo manifesta più interamente la sua umanità, proiettata nel tempo, accompagnata da quell'evoluzione della materia e dello spirito raccontata da alcuni pensatori cattolici, in un punto collocato forse alla fine di ogni tempo terreno, la politica sfiori la presenza eterna, la dimensione escatologica. E d'altra parte, se non ci fosse questa convinzione, in che senso potremmo dirci ancora credenti? È questo alito, questo soffio che noi dobbiamo far sentire nella quotidianità politica e che legittima, per chi lo è, l'essere oggi credenti cattolici e socialisti, che può darci l'autorevolezza per rispondere a Gorrieri, che ci ha affettuosamente criticato per essere finiti «in partibus infidelium», che oggi l'essere presenti in un'area storicamente «non cattolica» rappresenta una scelta eticamente fondata. c) ReS e Pds, l'alternativa Sembra chiaro: la Dc s'appresta a fare un prestito al Pds perché apra un suo forno. Gli ingredienti: capitale occidentale; regole del gioco: le attuali, oliate quanto basta per ricollocare al centro del sistema di potere la Dc; una diversa spartizione del potere con l'accesso diretto del Pds. Andreotti e Gava guidano il gioco, Occhetto e compagni per ora l'assecondano. Il Psdi guarda preoccupato. Craxi annuncia nuove proposte, ma nell'insieme resta la sensazione che il Psi reagisca assai più perché teme di perdere una rendita che non per lavorare ad una diversa prospettiva politica. Noi dobbiamo sicuramente contribuire a svelare la pericolosità di questo gioco, la pretesa che lo ispira, di una eterna subalternità alla Dc della sinistra. Ma dobbiamo anche e soprattutto fare la nostra parte per riannodare il dialogo a sinistra, caparbiamente, senza seguire troppo le oscillazioni del partito. Anche qui c'è un fossato da colmare, un fossato che s'approfondisce in un clima distratto, basta pensare ai guasti prodotti a sinistra dall'utilizzo della satira quale strumento spietato di lotta politica, ben oltre ormai la critica di costume. A tal fine potremmo offrire una sponda costante di dialogo ai compagni del Pds ma anche alle altre forze necessarie per diventare una sinistra di Governo. d) ReS e il Psi ReS vuole essere una associazione di area socialista che intende mantenere una propria autonomia

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