~11. Bl.-\:\CO lXII.HOSSO ii 1d 11 i1Mitllt4[1MI si di governo senza mettere nel conto la fine anticipata della legislatura. Quando la posta in gioco è diventata esplicitamente questa si è ritratto intimorito ed ha consentito a sostituire Andreotti con Andreotti. Lasciando che, per il resto, tutto continuasse come prima. Ma il Pds sta facendo errori anche peggiori. Cerca una identità di sinistra democratica e oscilla tra movimentismo, radicalismo ed opportunismo. Vuole darsi una identità di sinistra democratica e pretende di farlo senza avere rapporti con (piaccia o non piaccia) il più importante partito della sinistra democratica in Italia. Per sbloccare la democrazia italiana sono necessarie, non ci stancheremo mai di dirlo, le riforme istituzionali, ma non è meno necessario un incontro (e dunque anche uno scontro ed un accordo) tra Pds e Psi. Non è certo facile, ma se non ci dovesse essere moriremo tutti democristiani. 4. Per scongiurare questo pericolo bisogna, appunto, partire da quelle riforme istituzionali, che non si limitano a consentire, ma che inducano l'alternanza tra schieramenti e candidati contrapposti. È un esito che solo l'elezione diretta del sindaco, del presidente della Regione, del presidente della Repubblica può determinare. Il resto è solo frastuono sussultorio. Un modo come un altro per lasciare le cose come stanno. La nostra opzione per l'elezione diretta di chi deve avere la responsabilità di governare i comuni, le regioni, il paese è determinata, come abbiamo spesso sottolineato, dalla non contraddetta evidenza che essa costituisce l'unica soluzione in grado di obbligare all'alternanza. Di rimediare cioè all'atrofia del ricambio di cui soffre il sistema politico italiano e di riportare inoltre i partiti al loro ruolo costituzionale riducendone la presa sulle istituzioni. Poichè quella che si definisce impropriamente «questione morale» è tutta intera la «questione politica» se non si attraverserà la strettoia della elezione diretta del sindaco, del presidente della Regione e del presidente della Repubblica è difficile immaginare che i gesti della politica possano tornare ad avere senso e persuasività per gran parte della gente. Si deve infatti riconoscere lo scacco complessivo, non dei partiti e tantomeno della : - 70 politica, ma di «questi» partiti, del loro modo di essere, della qualità della loro politica. Il problema può anche non esistere per chi si proponga soltanto di conservare l'ordine di cose esistenti: quello che Mounier avrebbe chiamato il «disordine costituito», ma non può essere questa l'attitudine dei riformisti. Di chi cioè pensa che la- funzione della politica debba essere quella di conciliare le ragioni dell'economia che sono quelle dell'efficienza, con quelle della società che sono le ragioni della solidarietà e della giustizia. 5. ReS è nata per contribuire a questa battaglia e per costruire una sinistra di governo che possa, in tempi politici, non storici, candidarsi alla direzione del Paese. Non decidiamo certo da soli il carattere di una situazione e di una lotta. Chiusa la prima fase, quella che ci ha impegnato soprattutto nella definizione della nostra identità, si apre ora la fase nuova di un impegno diretto in tutte le sedi di dibattito e di decisione politica. Anche perché se pure in mezzo a mille difficoltà (a incominciare da un condizionante limite di mezzi, di risorse) costituiamo ormai un riferimento significativo, tanto di analisi e di ricerca collettiva della sinistra riformista, quanto di iniziativa sociale e politica. Siamo formiche sociali che vogliono contrastare disimpegni moralistici, diffusi atteggiamenti di estraneità alla politica rischiosi per il futuro della democrazia. Siamo persone unite dalla convinzione che la politica non può ridursi alla contesa per il potere, ma che deve innanzi tutto definirsi intorno ad una interpretazione non riduttiva della condizione umana, il che comprende ed asseconda un «fine umano» che non si riduce e non si consuma tutto nella storia. Molti di noi si sono avvicinati alla politica ed all'impegno sociale da giovani, mossi dall'ansia di riuscire a spiegare ed a realizzare ciò in cui credevamo. Ci siamo imbattuti spesso, specie negli anni più recenti, in un ceto politico piuttosto incline a credere solo in ciò che riesce a spiegare. Rimango convinto che la ragione che ci ha spinto a ritrovarci insieme in Riformismo e Solidarietà resti la comune volontà di continuare a impegnarci e batterci per le cose in cui crediamo.
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