vo principale lo sviluppo economico di Ptm, orientato soprattutto in due direzioni: da una parte creare posti di lavoro in attività economiche efficienti, al fine di contenere le motivazioni economiche e sociali che determinano migrazioni di massa verso i Paesi della Cee; dall'altro favorire l'adozione, soprattutto presso le imprese agricole e le piccole-medie imprese industriali, di «tecnologie appropriate» alle condizioni sociali ed ambientali prevalenti nei Ptm. Una volta delineati gli obiettivi strategici della «Banca per il Mediterraneo», restano da precisare le fonti di finanziamento ed i settori prioritari di intervento. Molto schematicamente si può ipotizzare che la Banca potrebbe attingere risorse finanziarie da tre fonti principali: a) contributi dei Paesi della Cee; b) contributi dei Paesi medio-orientali esportatori del petrolio, che peraltro già finanziano i Ptm per il tramite di Banche di sviluppo regionale; c) rimesse degli emigrati dei Ptm residenti nella Cee. ,P!t Bl.\~CO lXII.BOSSO 1111 ihld È evidente come ciascuna di queste fonti di finanziamento solleva molteplici problemi, dovendosi tra l'altro combinare fonti ad alto «contenuto dono» (contributi della Cee e di taluni Paesi medio-orientali) con fonti che dovranno essere remunerate almeno al livello dei tassi di mercato (rimesse degli emigrati nord-africani). Al di là delle tecniche di ingegneria finanziaria, dovrà risultare preminente I' esigenza di continuità nella disponibilità di finanziamenti: in altri termini si dovrà evitare che fenomeni quali l'instabilità nei Paesi dell'Europa Orientale, oppure le fluttuazioni del prezzo del petrolio, rendano discontinua, o comunque inaffidabile, l'attività della Banca. I settori prioritari di intervento della Banca dovrebbero essere quelli connessi al perseguimento della autosufficienza alimentare, all'utilizzo razionale delle fonti energetiche (sia per uso interno che per l'esportazione), alla tutela ambientale. In questo ampio ventaglio di settori la Banca per il Mediterraneo dovrebbe ulteriormente privilegiare i grandi progetti integrati «energia - agricoltura - ambiente» con una particolare attenzione da una parte alla valorizzazione delle risorse idriche, dall'altra alla possibilità di reinserimento di lavoratori dei Paesi Terzi del Mediterraneo professionalmente più qualificati. Con queste modalità istituzionali e di funzionamento, la Banca per il Mediterraneo potrebbe dare risultati positivi - economici e sociali - a breve scadenza: questo ne aumenta il grado di realizzabilità, in un momento nel quale l'opinione pubblica richiede, più che analisi sofisticate dei fenomeni sociali, interventi concreti per governarli. L'urgenza di costituire la Banca ha un fondamento, oltre che economico, anche di natura politica: se, come molti auspicano, si arriverà a convocare una «Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione nel Mediterraneo», la sperimentata operatività della Banca potrebbe costituire un notevole incentivo al successo della Conferenza ed al conseguimento dei suoi obiettivi. Ambiente:l'Europatira l'Italia frena B uona parte della normativa italiana emanata in materia ambientale è frutto della legislazione comunitaria. Né può essere messo in dubbio che nei prossimi anni le tendenze «nazionali» dovranno sempre più confrontarsi con quelle della Cee. Non è certo un caso, del resto, che il recepimento e l'armonizzazione della legislazione comunitaria con quella italiana siano ormai al centro non solo di atti normativi recentissimi ma anche di interventi, sempre più decisi, della Corte Costituzionale. di Gianfranco Amendola Il primo programma d'azione della Comunità in materia d'ambiente del 1973ed il secondo del 1977 elencavano una vasta gamma di misure, essenzialmente terapeutiche, ritenute necessarie a livello continentale. Fu solo nel 1983, con la pubblicazione del terzo programma d'azione, che si assistette ad una evoluzione del pensiero della Comunità. Le risorse ambientali sono state riconosciute come il fondamento di ulteriori conquiste socioeconomiche ma anche come i loro limiti. Ed è inoltre diventato un obiettivo fondamentale il fatto che il raggiungimento di nuovi traguardi nell'ambito dell'ideazione di altre politiche nazionali e comunitarie debba prendere in considerazione le preoccupazioni ambientali. (Quest'obbligo è ora definitivamente consacrato, grazie agli emendamenti dell'Atto unico europeo, nel trattato di Roma). Più di cento strumenti legislativi, in maggior parte direttive, sono stati adottati nei quindici anni trascorsi da quando al vertice di Parigi del 1972 i capi di Stato e di Governo della Cee mossero i primi timidi passi verso lo sviluppo di
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