Montanaro (Slovacchia) cruciale e ineludibile per l'Italia come è la politica dei redditi. Però le differenze fra gli assetti europei e quello giapponese non appaiono e non diventeranno marginali nel breve periodo. Basterà ricordare, per l'Europa, una più spiccata tradizione rivendicativa e la pluralità di livelli contrattuali, dato comune a quasi tutti i paesi europei. Quanto abbiamo detto fino a questo punto non deve far pensare che le relazioni industriali in Europa siano ormai entrate in una fase di solidità e di equilibrio. Trasformazioni, sfide, competizioni (economiche, politiche e sociali) mantengono tali relazioni sotto una forte tensione. All'interno di questo scenario generale, sussistono poi differenze notevoli tra paese e paese. Nel corso dell'ultimo decennio, è avvenuto, sinteticamente, che i sistemi di relazioni industriali tradizionalmente più solidi si sono mantenuti tali, come nel caso della Germania. I sistemi meno consolidati, invece, hanno subìto cambiamenti più profondi e spesso a sfavore del potere e della rappresentanza sindacale (Spagna, ad esempio). Gli equilibri futuri dipenderanno in •U•#hlA buona misura da fattori strutturali (come sempre) e, in misura non minore, dalla volontà/ capacità degli attori di affrontare i problemi di fondo nell'impiego e nella valutazione del lavoro. Fra tali problemi, vanno richiamati soprattutto questi tre: -nei settori esposti alla concorrenza internazionale, si tratta di trovare (e continuamente adattare) soluzioni ed istituti negoziali che conciglino le oggettive esigenze di flessibilità e le proposte manageriali di coinvolgimento dei lavoratori con il metodo sindacale della tutela collettiva, che tenga conto della articolazione della forza lavoro senza rinunciare a soglie ragionevoli di uguaglianza; - nei settori del terziario (avanzato o dei servizi tradizionali), si tratta di estendere tale tutela, di costruire o rafforzare rappresentanze idonee alla composizione degli occupati, per evitare la «marginalità sindacale e salariale» delle quote non professionalmente qualificate e, insieme, per interpretare gli aspetti collettivi delle quote qualificate e favorite sul mercato del lavoro; sapendo che, nei casi di inconciliabilità fra la tutela delle due quote, al sindacato spetta il compito di rappresentare i primi più che i secondi; - per tutto il mondo del lavoro, si tratta (quali che siano le modalità operative) di praticare una politica dei redditi, sia per rispettare i vincoli delle compatibilità, sia per ricercare soluzioni di equità nella valutazione del lavoro, in primo luogo per non penalizzare i lavoratori dei settori esposti alla concorrenza rispetto a quelli con occupazione e reddito garantiti. Sugli equilibri futuri avranno certamente un peso gli orientamenti di politica sociale che saranno assunti in sede di Mercato Unico Europeo. Una normativa molto generica dovrebbe avere una incidenza diretta modesta sui sistemi nazionali di relazioni industriali e, nel medio periodo, accentuare i problemi per i sistemi con elevati costi del lavoro senza una adeguata solidità competitiva e finanziaria. Potrebbe essere questa la situazione dell'Italia e, anche, della Svezia. In questo caso il grado di convergenza di tali sistemi appare destinato a non migliorare. Una normativa più precisa e vincolante, viceversa, potrebbe portare ad un maggior grado di convergenza, favorendo i paesi con più debole forza sindacale e condizionando i paesi con più spiccata dinamiche rivendicative. In un caso o nell'altro, si può prospettare un dato di fatto abbastanza comune e cioè il rilievo del livello aziendale delle negoziazioni sindacali e/o della volontà imprenditoriale di gestire la direzione delle relazioni industriali. La centralità di questo livello risulta ambivalente per il futuro dell'iniziativa e del potere sindacale. Con sistemi contrattuali articolati e con sindacati capaci di coordinamento e di scelte strategiche solidaristiche, il livello aziendale continuerà a rappresentare il momento indispensabile di una tutela incisiva e adeguata ai concreti problemi della prestazione di lavoro. Con sistemi contrattuali e sindacali senza le caratteristiche appena dette, la centralità delle relazioni industriali nell'unità produttiva può segnare il declino della tutela generalizzata, l'occasione per accentuare la frammentazione rivendicativa e della rappresentanza, la sostanziale rinuncia a negoziare le esigenze e le proposte imprenditoriali in tema di partecipazione.
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